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La Regione Lazio commissiona uno studio sulla discarica di Albano

L'obiettivo è mappare lo stato di inquinamento diffuso dell'area

Tre mesi di tempo per mappare “lo stato di inquinamento diffuso” della discarica di Roncigliano, nel comune di Albano Laziale. I dati, una volta raccolti, saranno esaminati dalla direzione ciclo rifiuti del Lazio che potrà decidere se utilizzarli oppure no. È quanto stabilisce la determinazione del 10 ottobre 2022, n. G14058, con la quale si approva lo schema di contratto tra la Regione Lazio e il dipartimento di ingegneria civile, edile e ambientale dell’università La Sapienza per il “servizio di assistenza e supporto alla individuazione delle azioni da intraprendere per la mappatura dello stato di inquinamento diffuso nell’area della discarica di Albano”.

Gli ingegneri incaricati dovranno studiare, utilizzando anche moderne tecnologie, quanto sia inquinata l’area della discarica. Il servizio prevede inoltre uno studio preliminare riguardante la rappresentazione di dati in GIS (quindi tramite mappe, immagini, dati e tabelle) dei siti potenzialmente inquinati, in un’area compresa in un raggio di circa 10 km rispetto alla discarica di Albano.

La storia

Da anni, ormai, i sindaci della zona protestano contro l’utilizzo della discarica di Albano. Secondo amministratori e cittadini, la discarica sarebbe la causa dell’inquinamento di una falda acquifera dalla quale si riforniscono diversi comuni. La discarica, della società Ecoambiente, facente capo a Manlio Cerroni, era stata sequestrata l’11 marzo 2022, riaperta poi a fine maggio dopo l’intervento della procura.

La Ecoambiente, come si legge in una relazione dell’Arpa Lazio di marzo 2022, il 13 settembre 2021 asseriva che le “attività industriali situate a breve distanza e a monte idrogeologico della discarica” sarebbero “responsabili delle caratteristiche chimiche della falda all’ingresso della discarica”. Nello studio idrogeologico condotto nel 2020 emergeva “che la qualità delle acque all’ingresso, cioè provenienti dal monte idrogeologico, sono in condizioni ordinarie peggiori di quelle in uscita dalla discarica dimostrando inequivocabilmente che la contaminazione provenga dalle aree industriali poste a NNW e NNE dell’area di discarica”. Insomma, per la Ecoambiente sono le vicine attività industriali ad inquinare la falda, non la discarica.

A luglio, intanto, era arrivata l’ordinanza del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, con la quale si prorogava l’utilizzo del sito fino al 15 novembre. Una decisione contro la quale avevano fatto ricorso i comuni di Albano Laziale ed Ardea. Il Tar, però, aveva respinto il ricorso, perchè “continua ad essere indimostrato che il conferimento in discarica disposto dagli atti impugnati sia causa di un eventuale aggravamento del danno ambientale, o di pregiudizio per la salute delle persone”. Insomma, nonostante anni di studi e monitoraggi, non si riesce ancora a capire chi sia ad inquinare la falda. Intanto, però, i dati parlano chiaro. Secondo i monitoraggi di Arpa Lazio, i pozzi dell’area esaminati nelle varie ispezioni presentano notevoli criticità, con superamenti, anche corposi, dei limiti degli inquinanti.

Il tavolo tecnico

Il 25 marzo 2022 si è tenuto un incontro tecnico, indetto dalla Regione Lazio, finalizzato “alla strutturazione delle azioni propedeutiche alla definizione ambientale dello stato dei luoghi a tutela dell’ambiente e della salute pubblica” ed in particolare “la verifica di una sussistenza di applicabilità di una condizione di inquinamento diffuso nell’area della discarica di Albano”. Al tavolo erano presenti la Città Metropolitana di Roma Capitale, ARPA Lazio, CNR-IRSA, e il professor Giuseppe Sappa del dipartimento di ingegneria civile, edile e ambientale dell’università “La Sapienza” di Roma. Pochi giorni dopo, il 31 marzo, il professore ha presentato una proposta metodologica di iter da seguire per avviare tutte le operazioni richieste. La direzione ciclo dei rifiuti ha quindi deciso di “ricorrere alla competenza” del dipartimento universitario per svolgere l’incarico.

Lo schema di contratto

Nello schema di contratto tra la Regione Lazio ed il dipartimento della Sapienza, si definiscono tutta una serie di punti. Dal compenso, pari a 30 mila euro, al programma del servizio che si dovrà svolgere. L’articolo più importante dello schema è il numero 8. In questo paragrafo si scrive che “tutta la documentazione e i dati relativi al servizio di cui all’oggetto resteranno di proprietà piena ed assoluta della Direzione regionale Ciclo rifiuti la quale potrà, a suo insindacabile giudizio, stabilire le modalità ed i tempi di utilizzo”. Inoltre, “potrà anche introdurvi, nel modo e con i mezzi che riterrà più opportuni, tutte quelle varianti ed aggiunte che, a suo insindacabile giudizio, saranno riconosciute necessarie, senza che da parte del dipartimento (dell’università La Sapienza, ndr) possa essere sollevata eccezione di sorte”. In sintesi, non è detto che quei dati verranno poi presi veramente in considerazione, con la direzione regionale ciclo rifiuti che si riserva la possibilità di modificarli.

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