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Disabili, è allarme assistenza: "Il Comune chiede alle famiglie di pagare in anticipo" 

Presentare le buste paga degli operatori sociali e poi ricevere il rimborso dall'ente locale. A lanciare l'allarme è l'associazione Avvocato del Cittadino Il rischio? "Tagliare fuori chi ha reddito troppo basso"

Un'altra tegola sul sistema di assistenza ai disabili. Dopo il caos dei centri diurni delle Asl che escludono i casi gravi, cambiano le procedure di erogazione dei contributi, stavolta di competenza comunale, con le famiglie a basso reddito che rischiano di farne le spese più di altri. A lanciare l'allarme è l'associazione Avvocato del Cittadino: "Ai genitori viene chiesto di anticipare i pagamenti agli operatori sociali, fornendo poi a fine mese la busta paga e chiedendo agli uffici capitolini il rimborso. E' ovvio che chi non ha risorse sufficienti, o addirittura è a reddito zero, resta senza servizio". Tagliati fuori, specie se utilizzano l'assistenza indiretta. Cerchiamo di chiarire.

Il Comune, tramite i municipi, fornisce due tipologie di assistenza domiciliare a famiglie che hanno a carico figli disabili (regolamentate dalla delibera 335/2012): diretta e indiretta. Nel primo caso paga enti appaltatori esterni, per lo più cooperative sociali, nel secondo i soldi vanno direttamente ai genitori che scelgono in autonomia chi aiuterà il figlio nello svolgimento delle normali attività quotidiane, lavarsi, mangiare, uscire di casa. Cosa cambia dallo scorso luglio?

Una nuova delibera (191/2015) che modifica la precedente, richiede di anticipare il pagamento della retribuzione agli assistenti domiciliari. Sulla carta varrebbe esclusivamente per quando riguarda l'assistenza diretta: l'ente appaltatore anticipa il contributo agli operatori. E in questo caso il cambio procedurale non va a gravare sulle famiglie. Quel che allarma associazioni e genitori, e che si è già verificato in decine di casi, è l'allargamento delle nuove regole anche all'indiretta. Tradotto: richiedere di anticipare il denaro per pagare l'operatore anche alle famiglie che lo scelgono in autonomia, ricevendo solo in un secondo momento il contributo come rimborso. La conseguenza è intuibile. 

"Significa escludere dal servizio SAVI (Servizio di Aiuto per la Vita Indipendente) tutte le persone che non hanno alcun reddito o hanno un reddito appena sufficiente per il proprio sostentamento" spiega la presidente di Avvocato del Cittadino, Emanuela Astolfi. "E’ ovvio che una famiglia o una persona con disabilità, spesso indigente, non dispone della possibilità economica di retribuire in autonomia un assistente. Se così fosse non chiederebbe aiuto al servizio pubblico che infatti richiede la presentazione dell'Isee per il servizio - fanno sapere le famiglie – ora ci chiedono di presentare le buste paga degli operatori ogni mese pena la sospensione o un ritardo ulteriore dei pagamenti". Di casi ne sono stati registrati già diversi. La busta paga dell'operatore è stata chiesta a Chiara B., madre di un disabile grave in regime di ospedalizzazione domiciliare, residente nel IV municipio. Lei stessa ha riunito altri genitori nella stessa condizione, una trentina, per fare muro. E l'azione collettiva è pronta a partire. 

"Avvocato del Cittadino sta raccogliendo le adesioni e organizzando per chiedere l’accertamento dell’attività discriminatoria posta in essere dal Comune di Roma anche alla luce di quanto previsto agli artt. 2 e 5 della convenzione Onu sui diritti umani delle persone con disabilità, per ciò che riguarda il ragionevole accomodamento, ossia quegli adattamenti necessari ed appropriati al fine di garantire alle persone con disabilità il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali sulla base dell’ eguaglianza con gli altri". 

Chi fosse interessato all'adesione può contattare l'associazione tramite il sito www.avvocatodelcittadino.com o alla email info@avvocatodelcittadino.com.

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