rotate-mobile
Politica

I "consiglieri kamikaze" spiegano la cacciata di Marino. E su Facebook piovono minacce

Tempesta e Tiburzi denunciano messaggi minatori e insulti via mail o su Facebook. La lettura sulla situazione, condivisa anche dall'ex capogruppo, è però chiara: "Era la scelta giusta da fare". Orfini: "Serve la verità"

Non c'è nessun Giuda. O meglio, per rimanere nella storia romana, nessun Bruto. Dopo le dimissioni di massa, i consiglieri del Pd a passare per traditori che hanno accoltellato l'esperienza del governo Marino non ci stanno. E sono diversi che, mezzo stampa ma soprattutto sui social, hanno sentito la necessità di spiegare quello che il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha definito un “nobile gesto”. Un gesto preso 'in corsa' nel bel mezzo di una situazione politica instabile che sembrava precipitare di ora in ora, con il sindaco Ignazio Marino che dopo quasi venti giorni di tempo aveva deciso di ritirare le dimissioni per chiedere alla sua maggioranza la verifica in Aula. Un gesto forse poco compreso tanto che gli stessi esponenti democratici, sulle loro pagine Facebook, sono stati bersagliati da commenti critici, insulti e, a volte, vere e proprie minacce. 

 Come è accaduto a Giulia Tempesta. “Metterci la faccia in prima persona non mi ha mai spaventato, anzi. Soprattutto in questo momento, in cui da giorni stiamo ricevendo mail di minacce e insulti da chi non è colto dal benché minimo dubbio e pensa di avere tutte le certezze in tasca, da chi preferisce darmi del “Giuda” e augurarmi la “sterilità per il bene dell’umanità che certi geni non vanno trasmessi” ha scritto in un lungo post. “Ora più che mai penso sia stata la cosa migliore che ho fatto in questi due anni”.

Tempesta si prende il tempo per spiegare i motivi di questa affermazione. Non è andato tutto storto, a partire dallla “legalità contabile”.  Ma, precisa la consigliera, “dialogo e ascolto, organizzazione e partecipazione, l'impegno per un progetto comune, tutto questo ci è mancato o vissuto a fasi alterne o peggio ancora a convenienza. Troppo spesso noi consiglieri comunali abbiamo parlato senza essere ascoltati”. E ancora. “Troppe volte ci siamo trovati nella condizione di dover studiare e analizzare atti in breve tempo, di dover votare di corsa perché era alle porte la scadenza delle scadenze o perché qualcuno si era scordato di portare prima l’atto”. 

La consigliera punta il dito contro Marino: “Si è detto che si poteva, anzi doveva, trovare un confronto tra Marino e le forze di maggioranza e anche andare in Aula Giulio Cesare”. Non è stato possibile però, “perché il confronto richiesto da Marino con le forze della sua maggioranza in tante interviste poi non si è mai seriamente cercato e concretizzato”. La risposta è nelle ultime, affannose ore, di amministrazione Marino: “La richiesta arrivata in extremis è stata anche ben accolta dal gruppo del Pd, che non si sarebbe sottratto a quel dibattito. Salvo poi, due ore dopo quella richiesta, arrivare al ritiro delle sue dimissioni che ha cambiato ulteriormente il quadro che avevamo davanti, riazzerando il count down di questi giorni e facendo ricominciare un teatrino stucchevole che davvero poco mi appassiona”. Così le dimissioni: “La firma più dolorosa della mia vita, ma necessaria. Ora si può solo ripartire e guardare avanti”. 

A volerci mettere la faccia è invece Daniela Tiburzi che con un video postato su Facebook ha spiegato i motivi delle sue dimissioni. Anche lei ha denunciato commenti “volgari e beceri” da cancellare e bannare. Le responsabilità, però, per Tiburzi sono tutte del sindaco Marino: “I bisogni di Roma, le nostre idee, le nostre proposte, noi stessi consiglieri di maggioranza non siamo mai esistiti per il sindaco Marino. Chi ha tradito allora?” esordisce nel video. “Abbiamo provato per due anni e mezzo a far funzionare l'amministrazione capitolina, a far capire al sindaco cosa stesse accadendo alla nostra città: uno scollamento totale tra l'amministrazione, la nostra gente e il nostro territorio. Non è servito a nulla. Non veniva quasi mai in Assemblea Capitolina” commenta.

“Con il nostro ex sindaco abbiamo fatto forse cinque riunioni di gruppo dove ci si confrontava e veniva spiegato cosa non stava funzionando”. Per Tiburzi però queste indicazioni non sono mai state ascoltate da “un uomo solo al comando con pochi eletti al suo fianco”. Anche la richiesta di convocazione in Aula è arrivata tardi: “Aveva venti giorni di tempo”. Infine “ha ritirato le dimissioni e noi per soddisfare la sua voglia di confronto […] avremmo perso altri dieci giorni di tempo con il Giubileo alle porte. Questo non lo potevamo permettere”. 

Una lettura condivisa anche dall'ex capogruppo del Pd capitolino, Fabrizio Panecaldo, il primo a mettere la firma per le dimissioni che ha etichettato come “bugia” la difesa del primo cittadino sul rifiuto della sua maggioranza di confrontarsi in Aula: “Volevamo il dibattito affinché ascoltasse le ragioni della sua maggioranza e solo dopo avrebbe dovuto decidere se ritirare o meno le dimissioni. Marino, invece, ha voluto nonostante l’imminenza del Giubileo tentare di protrarre questo stillicidio per un altro mese. Voleva fare il martire noi responsabilmente siamo stati costretti con le nostre dimissioni a dire basta. Da domani pensiamo solo alla città” ha dichiarato in un'intervista al Messaggero. Poi ha spiegato in un secondo passaggio: “In questi 20 giorni non ha mai ritenuto di dover confrontarsi con il suo Coordinatore della maggioranza e capogruppo del Pd. Come eletto dal popolo romano mi dispiace”.

Non solo i consiglieri. Ad uscire allo scoperto con un lungo post su Facebook è anche il commissario del Pd romano Matteo Orfini. È lui il politico che più ci ha messo di più la faccia nell'affaire Roma, è lui che, dopo aver 'difeso' Marino è il principale accusato di averlo 'assassinato'. Anche Orfini però non ci sta: “Sarà un lungo post, ma è bene ripristinare qualche elemento di verità”. Poi continua: “Aiutare Marino è stato il mio principale obiettivo. Gli ho fatto da scudo umano; ho convinto persone di spessore a venire a dargli una mano, ne ho giustificato inadeguatezze ed errori. Molti di quelli che oggi mi accusano di averlo scaricato, fino a qualche settimana fa mi accusavano di difendere l’indifendibile. Sono convinto di aver fatto bene allora e di aver fatto bene ora. Perché prima di interrompere l’esperienza di una amministrazione scelta dai cittadini, un partito le deve provare tutte. E io le ho provate tutte. Ma c’è un punto oltre il quale non si deve mai andare: se continuare significa danneggiare la città occorre fermarsi. Ed è quello che abbiamo fatto”.

Orfini è un fiume in piena. “Marino ha fatto cose buone e importanti che gli vanno riconosciute. Ma il racconto autoassolutorio che nel momento dell’addio ha offerto rabbiosamente alla città è semplicemente ridicolo. Perché la vera discontinuità c’è stata dopo mafia capitale, quando in giunta è arrivato Sabella e quando il Pd è stato commissariato”. Orfini è sicuro che la decisione delle dimissioni di massa sia stata la scelta giusta: “Il Pd ha fatto una scelta difficile, ma coraggiosa. Dolorosa, ma indispensabile. Dicevano che saremmo andati avanti in eterno per paura del voto. Non è andata così. Perché un partito che si chiama democratico non ha e mai avrà paura del giudizio degli elettori”. 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

I "consiglieri kamikaze" spiegano la cacciata di Marino. E su Facebook piovono minacce

RomaToday è in caricamento