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Coronavirus, il fisico Sestili: "Numeri in calo ma ancora troppi contagiati. Riaprire ora è impensabile"

Intervista a Giorgio Sestili tra i curatori della pagina Facebook 'Coronavirus - Dati e analisi scientifiche'

Le notizie sono positive. I numeri in calo. Ma al momento “è prestissimo per pensare a qualunque riapertura”. Per analizzare la situazione relativa alla diffusione dell’epidemia di Coronavirus nel Lazio e nella Capitale, Romatoday ha intervistato Giorgio Sestili, fisico e divulgatore scientifico, tra i curatori della pagina Facebook ‘Coronavirus – Dati e analisi scientifiche’, un progetto di informazione messa in campo da giovani dottorandi e ricercatori con una passione per la comunicazione scientifica. La pagina, ogni giorno, pubblica analisi e approfondimenti utili a comprendere l’evoluzione dell’epidemia. L’intervista è stata effettuata nel pomeriggio del 7 aprile, prima che la Protezione civile diffondesse i dati della giornata. Gli ultimi numeri disponibili al momento della stesura di questo articolo, quindi, sono quelli del 6 aprile.

La Regione Lazio da ormai qualche giorno sta parlando di trend in frenata. Analizzando i numeri che situazione abbiamo davanti?

Il Lazio, come tutte le regioni del Sud Italia, è stato investito da questa epidemia con un certo ritardo rispetto al Nord. La mappa dell’espansione del virus mostra come l’epidemia dalla Lombardia si sia spostata alle regioni limitrofe e poi a macchia d’olio verso il Centro-Sud. Per quanto riguarda il Lazio la prima cosa interessante da notare è la crescita esponenziale delle prime settimane. Quando è iniziato il lockdown nazionale, il 9 marzo, il Lazio aveva solo 102 casi mentre una settimana dopo, il 16 marzo, ne aveva 523. Una settimana dopo ancora addirittura 1728. Queste due settimane sono state il momento di maggior crescita. Non è un caso perché gli effetti del lockdown ci mettono un po’ a manifestarsi. Il virus, infatti, ha tempi di incubazione che arrivano fino a 14 giorni e questo significa che persone che hanno sintomi oggi sono state contagiate fino a due settimane fa. Due settimane dopo, infatti, hanno iniziato a rallentare.

Ora a che punto siamo?

Il dato che mostra meglio la situazione è quello degli ultimi due giorni. Il 5 e il 6 aprile sono stati segnati rispettivamente 123 e 151 nuovi casi. I numeri non erano mai stati così bassi negli ultimi 18 giorni. Inoltre, a dimostrazione che il calo è evidente, notiamo che dal 30 marzo il numero dei nuovi casi è in costante diminuzione. Un altro indicatore è rappresentato dal numero delle persone in terapia intensiva e di quelle ospedalizzate. Entrambi questi dati sono in forte diminuzione e da ormai dieci giorni sono in costante discesa. È un segnale positivo perché questo significa che diminuisce la pressione sugli ospedali e i contagiati possono essere curati meglio. Quest’ultimo aspetto, comunque, è in linea con il trend nazionale.  

Si cresce molto meno, ma si cresce. Cosa ci dicono i numeri per il Lazio?

Altro indicatore è la variazione percentuale delle ultime 24 ore rispetto al giorno precedente. Sia rispetto al numero dei nuovi casi sia rispetto a quello dei decessi, nell’ultima settimana il dato si è dimezzato. Per quanto riguarda i nuovi casi, una settimana fa l’incremento era di oltre il 6 per cento giornaliero ora siamo a circa il 3 per cento. La stessa cosa è accaduta per il numero dei morti: in una settimana siamo passati da un incremento del 10 per cento a uno del 5. Questo vuol dire che la variazione percentuale sta diminuendo per tutti i fattori che monitoriamo.

A Roma si concentra il maggior numero di abitanti. Che peso ha avuto la Capitale nel quadro regionale?

Preciso che i dati della Protezione civile che abbiamo a disposizione riguardano la provincia e non il comune. La provincia di Roma, con circa 2800 casi, è quella che ha registrato il numero più alto di contagiati ma questo è normale perché è anche la più popolata. Le altre province sono tutte al di sotto dei 400 casi. In realtà anche i dati della provincia di Roma sono buoni perché negli ultimi giorni sono in costante diminuzione. Il 23 marzo, con 156 casi, è stato raggiunto il picco il che significa che questa cifra non è più stata toccata. Non solo, i numeri sono in costante diminuzione: la settimana successiva i nuovi casi erano 129 e ieri solo 55. Anche la variazione percentuale di Roma, con solo il 2 per cento di nuovi casi giornalieri, è bassa e al di sotto della media nazionale e del dato regionale.

Qual è la situazione nelle altre province?

Spicca il caso di Rieti che presenta pochi casi ma è la provincia con il maggior tasso di crescita in Italia, 41 per cento. È passata da 189 casi a 286. A Rieti c’è un nuovo focolaio che va tenuto d’occhio. Per capire meglio (tra il 5 e il 6 aprile, ndr) i casi a Roma sono aumentati di 25 unità mentre a Rieti 77. Frosinone invece è cresciuta solo dell’1,36 per cento, Viterbo zero e Latina 3,87 per cento.

A parte Rieti, i numeri sono tutti positivi. È il momento di pensare a un allentamento delle misure di contenimento?

Il fatto che le notizie siano positive non significa che siamo fuori pericolo. Solo a Roma ci sono ancora circa 3mila persone positive al virus e le misure di contenimento restano fondamentali. Se domani riaprissimo tutto basterebbe un attimo per generare un’emergenza sanitaria in città. Le notizie sono positive ma non è il momento di allentare le misure.

Proprio oggi sulla pagina Facebook Coronavirus – Dati e analisi scientifiche avete pubblicato i numeri forniti dall’Istat sui decessi dei primi tre mesi del 2020 paragonati a quelli registrati in media nei quattro anni precedenti. Questi dati, in particolare nelle regioni del Nord, sono utili a capire quanto sia sottostimato il numero dei decessi per Covid-19. Si sta verificando anche nel Lazio?

La dimensione della sottostima dei casi di contagio e di quelli dei deceduti varia fortemente da regione a regione e aumenta in quelle dove sono stati registrati numeri più alti. Al Nord i casi registrati sono ampiamente sottostimati. Sono andati persi i conteggi della prima fase dell’epidemia, quando si pensava che fosse polmonite, e lo stesso è accaduto quando il sistema è andato in tilt e molti sono morti in casa senza andare in ospedale e senza essere sottoposti ai tamponi. Questo non toglie che anche nel Centro-Sud i numeri siano sottostimati. Molta gente è asintomatica o con sintomi lievi e il medico di famiglia ti dice di restare a casa.

Comprendere le notizie relative ai numeri dei contagi non è semplice. Che consiglio può dare ai cittadini?

Un consiglio che do sempre è quello di non guardare ai numeri della singola giornata ma sempre al trend per vedere da dove provengono, dove eravamo una settimana fa e dove diverse settimane prima. In questo modo ci possiamo rendere conto dei miglioramenti ma anche di quanta strada c’è ancora da fare. In questo momento ci renderemmo conto che i numeri stanno scendendo ma lentamente. Ancora migliaia di persone nel Lazio sono contagiate e quindi è prestissimo per pensare a qualunque riapertura. 
 

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