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Il Pd, le primarie nei municipi e l'Italicum: così le correnti si dividono Roma

Giovani turchi, turborenziani e zingarettiani: è tra loro l'accordo che sostiene Giachetti. La vera corsa però è quella per le prossime politiche. Le primarie nei municipi "sacrificate" per non alterare gli equilibri nei collegi dell'Italicum

Il potere per il potere, i municipi per il Parlamento, Roma per la poltrona. Tutto cambia per non far cambiare nulla nel Pd romano. Un accordo a tre per prendersi la Capitale e per spartirsi i vari municipi. Un triumvirato dove zingarettiani, turborenziani e giovani turchi sono alleati per prendere il posto che fu di Goffredo Bettini. Appoggiano tutti Giachetti, sperano nella conquista del Campidoglio, ma pensano già alle prossime politiche, al posto in Parlamento.

Si voterà con l'Italicum, sistema che divide Roma in 4 collegi, assegnando, grazie alle preferenze, importanza al rapporto con i vari territori. Gestirli con uomini di fiducia, messi lì dove conta, diventa di centrale importanza. Per questo sui municipi in queste settimane si è giocata la vera partita che ha visto un po' tutti sulla difensiva. L'incubo per i parlamentari romani uscenti è infatti quello di ritrovarsi scoperti nei singoli collegi, finendo candidati dove non si è coltivato il consenso. Così, aperta la mappa, l'obiettivo è stato quello di piazzare tutte le correnti in tutti i collegi. In barba al consenso da riconquistare sui territori, alla democrazia dal basso, si è puntato a confermare quasi tutti i presidenti (per non scontentare nessun "capo") e dove è stato necessario si sono convocate primarie il cui esito, in alcuni casi, appare già scritto. Alla fine ne viene fuori una mappa di Roma dove tutti presidiano fette di territorio (e voti) che saranno determinanti alle prossime politiche. Ma proviamo a fare un passo indietro e a ricostruire questo complicato Risiko dove i carri armati marciano sulle macerie di una città alla ricerca disperata di una guida.

Nel Pd capitolino ormai sono tutti renziani. Molti però lo sono solo di facciata (per non morire). Nei fatti però sono tutti pronti a fare la guerra a Renzi. Pochi, pochissimi i renziani duri e puri. Li chiamano turborenziani ed oggi sono quelli che controllano il comitato di Roberto Giachetti. C'è Lorenza Bonaccorsi e con lei c'è Luciano Nobili. Il loro spessore nel partito romano non è di quelli che conta: già in passato hanno provato a scalare il partito, con scarso successo, con un altro "famoso" triumvirato, Marroni-Coratti-Bonaccorsi.  Nonostante pesino poco politicamente con loro è stato però necessario scendere a patti. 

E' renziano, ma anche giovane turco, ma anche ex dalemiano, Matteo Orfini. E' commissario perché lo ha voluto e imposto Renzi e quindi anche lui è obbligato a scendere a patti. A differenza dei turborenziani però ha un peso politico diverso, con più uomini che contano in città. Ha provato, nei mesi scorsi, a prendersi il partito, tenendo in vita Marino, guadagnando così il tempo necessario per prendersi Roma. E' finito però travolto dalla defenestrazione del marziano. Il suo lavoro di conquista è rimasto a metà e il risultato è che ha dovuto digerire la candidatura di Giachetti.

Con i turborenziani e con i turchi sono scesi a patti le truppe di Zingaretti che in città contano numeri importanti. L'aspirazione del Governatore e dei suoi è sul partito nazionale, ma non è tempo (non ancora, ndr) di fughe in avanti. E' fondamentale mantenere il controllo della Capitale, senza lasciare spazio ai renziani. Da qui il patto: ci ha messo neanche due ore il Governatore della Regione a dire che avrebbe appoggiato l'ex radicale Giachetti (renziano della prima ora e quindi teoricamente da lui lontano) nella sua corsa a sindaco. Ancor meno ci ha messo Luciano Nobili a complimentarsi con Zingaretti per l'appoggio. E' questa la fotografia dell'accordo, il sigillo ad un corsa comune, dalla quale sono esclusi tutti gli altri, anche se si dicono renziani.

Umberto Marroni per esempio, ex capogruppo durante gli anni di Alemanno e dalemiano di ferro. Un renziano di facciata, con tanti voti che pesano in giro per Roma, ma fuori dal triumvirato che conta. I suoi, non è un segreto, non condividono il posizionamento attuale a favore di Giachetti. L'obiettivo però è arrivare al congresso e contarsi lì. Nel frattempo le trincee per i posti in Parlamento sono state scavate e gli uomini posizionati. Marroni infatti ha confermato gran parte dei suoi, cedendo solo laddove era inevitabile farlo. 

Una guerra apparentemente senza nemico, ma con 2 grandi obiettivi. Il primo è il controllo della Capitale, il secondo è far sì che nessuno sia più potente dell'altro. 

E' fuori dai giochi, e quindi un potenziale nemico, Goffredo Bettini lontano però solo apparentemente da Roma. Raccontano i ben informati che dietro alla candidatura di Morassut  ci sia lui, insieme con D'Alema e con alcuni pezzi della minoranza Pd. Le forze in campo sono squilibrate, ma il peso politico del deus ex machina di Rutelli, Veltroni e Marino sta giorno dopo giorno disgregando un campo che sta in piedi solo per quieto vivere. Non a caso Zingaretti, abile da sempre a giocare su più tavoli, ha piazzato alcuni suoi uomini anche tra le file di Morassut e porterà qualche voto all'ex assessore all'Urbanistica. 

Questa situazione si è mostrata in tutta la sua forza nella battaglia che ha portato alla definizione delle primarie nei municipi. In maniera quasi scientifica i 4 collegi dell'Italicum sono stati spartiti tra le varie correnti. Perché non si è andati alle primarie ovunque? La motivazione di facciata è stata la riconferma dei presidenti, per il loro buon governo. Nella realtà non si è voluto andare a rompere equilibri consolidati, a rimescolare carte che avrebbero fatto crollare un castello che sta già in piedi a fatica. Si è operato laddove serviva, con il bilancino, cercando di non scontentare nessuno. Il risultato è una divisione certosina del potere, funzionale alle singole correnti per una corsa alla pari alle prossime politiche. 

Una prova? Nei giorni di massima polemica sulla questione, i primi a muoversi contro l'ipotesi delle primarie sono stati Massimiliano Valeriani e Marco Miccoli, zingarettiani di ferro, e Lorenza Bonaccorsi, leader dei turborenziani. E chi invece era favorevole alle primarie ovunque? Umberto Marroni, consapevole di poter far contare la sua forza. Alla fine ha vinto la linea della riconferma quasi per tutti. Si andrà alle primarie solo lì dove i presidenti hanno altre aspirazioni (II e XIII municipio), lì dove c'è stata una bocciatura (VI) e lì dove il presidente di Sel è saltato (VII). Ovviamente l'obiettivo è riequilibrare i poteri senza scontentare nessuno.

Nel collegio Lazio 3, turchi e zingarettiani erano già sistemati con la Maltese e Torquati (Orfini) e con Barletta (Zingaretti). La divisione comprende anche parte del XIII e parte del I, zone dove pesanti sono i voti dei marroniani. Ai turborenziani serviva un posizionamento e così Mancinelli ha tolto il disturbo (destinazione Campidoglio) ed ora, alle prossime primarie, Pasqualini (turborenziano) sembra avere la strada spianata verso il successo. Nello stesso collegio ai marroniani resta il controllo di Della Vittoria. 

Nel Lazio 4 lo stesso Marroni conferma la Alfonsi e Sciascia, mentre Zingaretti conta su Marchionne e sui voti di Palmieri al Prenestino Labicano. Turchi e renziani si giocheranno la partita nel II municipio, con i rughettiani (vicini al deputato Rughetti, renziani della prima ora) favoriti grazie ad Alemanni e i turchi, appoggiati dai marroniani, a sostegno di Francesca Del Bello. 

Nel Lazio 5 equilibri ancora da completare. E' furiosa infatti la lotta sul colleggio di Torre Angela. Morassut lo rivendica per sè. Da qui la candidatura di Franco La Torre. Orfini invece punta al controllo attraverso Nanni. Spartizione tra renziani e turchi del Tuscolano e del Don Bosco. Da decidere, attraverso  le primarie, chi comanderà in municipio tra Massimiliani (area Franceschini, oggi turborenziana) e la Vitrotti (area Orfini). Zingaretti controlla invece il Prenestino Centocelle. 

Nel Lazio 6 la corrente renziana e quella di Zingaretti si spartiscono Eur e Garbatella. Orfini tiene Portuense con Veloccia, mentre all'Appio Latino ci sono i turborenziani. Grosso punto interrogativo è Ostia. Il municipio, commissariato, è un cantiere a cielo aperto dopo le macerie di Mafia Capitale. 

Le primarie di domenica serviranno anche alla conta, per capire chi è fedele al patto e chi invece ha già tradito gli accordi. A far saltare il banco la scarsa affluenza vero incubo dei responsabili di partito. I delusi nei municipi sono pronti a boicottare i gazebo e non a caso si stanno studiando misure per agevolare il voto, rendendolo più facile. Nel 2013 hanno votato in 100.000. Confermare quei numeri sarebbe un successo, scendere sotto i 70.000 una bocciatura clamorosa che rimetterebbe tutto in discussione.

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