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Il Campidoglio vuole chiudere il concordato di Atac

Patanè: "Con la chiusura del concordato, dal 2023 potremmo finalmente tornare a fare grandi investimenti"

C’è una spada di Damocle che pende sul futuro dell’azienda di trasporto pubblico cittadino. Si chiama concordato preventivo ed è la formula individuata, nel 2018, per impedire che Atac consegnasse le carte in tribunale per fallimento.

Il ruolo strategico di Atac

A distanza di oltre un lustro dall’avvio del procedimento, il Campidoglio sta cercando di chiudere quella partita, perché conta su Atac anche per dotare la città delle nuove infrastrutture attese per in vista del Giubileo e, in prospettiva, anche dell’Expo2030 se la candidatura dovesse andare a buona fine. Per riuscire in questo intento, la giunta Gualtieri ha recentemente dato mandato alla propria direzione generale, ai dipartimenti ed all’avvocatura capitolina, di “porre in essere ogni attività per giungere al positivo esito della procedura concordataria di Atac”.

Cosa prevedeva il concordato preventivo

Il risanamento con il prossimo contratto di servizio

“La positiva conclusione del concordato è un presupposto fondamentale per gli obiettivi che la Giunta attuale ha posto al centro del proprio progetto politico di miglioramento ed incentivazione della mobilità pubblica e collettiva a scapito del trasporto privato” ha spiegato Patanè. “Chiudere positivamente il concordato è estremamente importante perché nell'orizzonte temporale di quattro anni che sarà posto alla base del nuovo contratto di servizio, Atac sarà chiamata a completare il processo di risanamento economico-finanziario e a migliorare in modo progressivo e costante le proprie performance quantitative e qualitative di servizio”.

Le somme che Atac sta per incamerare

A favore della chiusura del concordato, depongono anche le somme che l’azienda sta per incamerare con “il piano di valorizzazione degli immobili”. Dalla cessione dei suoi asset, è previsto che possa incassare 23 milioni di euro. Somma che verrebbe raggiunta con la vendita dell’ex Centro Carni di via Severini, più alcune sottostazioni elettriche situate tra Garbatella, San Paolo e Nomentano. Per questi beni il Campidoglio ha già presentato un’unica irrevocabile offerta, pari a 11,3 milioni. La procedura di vendita è prevista per il prossimo 20 dicembre. C’è poi l’ex deposito Atac di via Severo (San Paolo) per il quale il Campidoglio ha presentato l’offerta vincolante di 5 milioni di euro. E per concludere c’è l’ex sede di Roma Metropolitane, vale a dire il palazzo di via Tuscolana 171-173 che Roma Capitale vuole acquistare per mettervi i propri dipendenti al costo di circa 6,8 milioni. La somma di questi beni, supera di poco 23 milioni di euro.

Il resto del risanamento, compresa la definizione dei crediti esigibili nei confronti del Campidoglio, verrebbe completato nel prossimo quadriennio. “Con la chiusura del concordato, dal primo gennaio 2023 potremmo finalmente tornare a fare grandi investimenti” ha concluso l'assessore Patanè. All'avvocatura, alla ragioneria ed ai dipartimenti coinvolti, il compito di verificare la fattibilità della richiesta.

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