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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

Dai separati agli under 35, il Campidoglio affitta le sue case in coabitazione

Raggi: "L'attenzione dell'amministrazione ai bisogni abitativi è massima"

Dai genitori separati rimasti senza casa alle famiglie monoparentali con figli. Dagli studenti universitari ai disabili, passando per i migranti fuoriusciti dal sistema di accoglienza comunale, i neo diciottenni, gli under 35 soli e le donne vittime di violenza. Il Campidoglio apre le porte del suo patrimonio non disponibile al disagio abitativo cittadino e lo fa per precise categorie “vulnerabili”. Ad essere affittati non saranno però gli appartamenti ma le singole stanze mentre tutti gli inquilini potranno condividere spazi comuni. Un progetto di coabitazione che, si legge nella delibera 137 approvata il 12 luglio scorso, “mira a sviluppare [...] forme di mutuo aiuto e sistemi inediti di welfare di comunità fondati sui valori dell'autonomia, della reciprocità e della cittadinanza attiva”. Gli alloggi che potranno essere utilizzati a questo scopo finiranno in un apposito elenco ancora da approvare per poi far partire i bandi. Ancora, quindi, non si sa quanti appartamenti verranno messi a disposizione. 

Tra le premesse considerate dalla giunta di Virginia Raggi, la crisi economica e il costo degli affitti troppo alto da sostenere per molte famiglie. Così condividere gli spazi permette di ridurre i costi. Come detto potranno fare richiesta separati non assegnatari della casa coniugale, famiglie monoparentali con figli minori, studenti universitari regolarmente in corso, persone con disabilità, neo maggiorenni presi in carico dal sistema di accoglienza di Roma Capitale fuoriusciti dal circuito da non oltre 12 mesi, donne vittime violenza, persone transitate per il ciruito di accoglieza di Roma Capitale, persone sole con meno di 35 anni. Dovranno avere la cittadinanza italiana o il permesso di soggiorno e la residenza anagrafica a Roma. In alternativa anche l’attestazione di studio o di lavoro nella capitale. Il reddito Isee non deve essere inferiore ai 6mila euro lordi e superiore ai 30mila. Non bisogna essere in possesso di altre case in città, non avere redditi da affitti, non aver occupato una casa popolare o essere stato sfratto da questa per morosità. Chi presenta un reddito tra i 6mila e i 9mila euro di Isee ha diritto a uno sconto del 10 per cento. 

Gli alloggi verranno affittati a canone concordato, non quindi a ‘prezzi sociali’ ma con valori un po’ più bassi del libero mercato. Un inquilino si dovrà fare carico di presentare la domanda per tutto il ‘gruppo’ che decide di andare ad abitare insieme. Le ‘categorie’ possono mescolarsi tranne i nuclei monoparentali che devono restare tra famiglie. Il comune stipulerà contratti con ognuno degli inquilini che pagheranno in base alla superficie delle zone ‘private’ e di parte di quelle comuni. Gli assegnatari di ogni appartamento dovranno stilare un patto di coabitazione. Le chiavi verranno consegnate a tutti nello stesso giorno. La casa sarà priva di arredamento e le persone avranno 30 giorni di tempo per entrare ad abitarci. 

“A Roma partirà il primo progetto sperimentale di cohousing, che consente di abitare le case del Comune insieme ad altri cittadini, a canone concordato”, spiega la sindaca Virginia Raggi su Facebook. “Ci rivolgiamo a tutti coloro che, per motivi diversi, hanno difficoltà ad acquistare o affittare un appartamento e che, insieme ad altri cittadini, potranno invece unire le forze. La coabitazione solidale prevede infatti la condivisione, da parte di più persone, di uno stesso alloggio appartenente al patrimonio disponibile di Roma Capitale. “Il cohousing è una soluzione innovativa che abbiamo definito per contribuire a rispondere ai bisogni abitativi della città. C’è ancora molto da fare e l’attenzione di questa amministrazione è massima”. 

La proposta non è piaciuta a tutti. Denuncia la consigliera Cristina Grancio, esponente di Democrazia e Autonomia (demA) e capogruppo del Misto in Assemblea capitolina: “Fino a ieri la coabitazione fra nuclei familiari diversi era un fattore di grave disagio sociale e requisito per accedere ad un alloggio di edilizia residenziale pubblica. Per effetto della delibera approvata dalla Giunta Raggi apprendiamo invece che la coabitazione può essere promossa dal Comune come risposta all'emergenza abitativa, come se fosse normale ed auspicabile che famiglie con minori, separati non assegnatari di casa coniugale e persone fuoriuscite dal circuito di assistenza sociale si trovino ad occupare in via permanente una stanza per uno, con il Dipartimento Patrimonio a fare da affittacamere, a prezzo di mercato”. Perché, continua Grancio “il canone concordato, è sostanzialmente un canone di mercato. L’attività di affittacamere si preannuncia, fra l'altro, irregolare, visto che la delibera in questione non cita i requisiti minimi sulla dimensione delle stanze previsti da un apposito Regolamento della Regione Lazio, requisiti obbligatori per chi ospita turisti, ma che evidentemente il Comune non intende applicare a chi dovrà viverci in pianta stabile", conclude Grancio chiedendo le dimissioni dell’assessora alle Politiche Abitative, Rosalba Castiglione. 

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