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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Metropolitan, da cinema ad altelier di moda: il caso in commissione Urbanistica

La delibera che contiene la "trasformazione funzionale" dell'ex sala cinematografica di via del Corso ha suscitato alcuni dubbi da parte dei consiglieri: "Dobbiamo valutare il testo con gli uffici"

A pochi giorni dallo sgombero del cinema America a Trastevere, la destinazione di un'altra delle numerose sale dismesse presenti nella Capitale fa parlare di sé. Si tratta dell'ex cinema Metropolitan di via del Corso, chiuso ormai quattro anni fa, che la proprietà, la Dm Immobiliare srl, vorrebbe trasformare in una boutique di alta moda. Per farlo però serve una variante al Piano regolatore. Un accordo di programma, in termini tecnici, la cui bozza è arrivata questa mattina sul tavolo della commissione capitolina Urbanistica presieduta da Antonio Stampete. La proposta di delibera (la n. 130/2014) è nata dalle ceneri di quella simile, ma non identica, prodotta dalla precedente amministrazione capitolina ma che non era mai andata in porto. Anche questa volta il cambio di destinazione d'uso non ha convinto del tutto i commissari che hanno rispedito la delibera agli uffici chiedendo maggiori approfondimenti e non nascondendo alcune perplessità, le stesse che avevano portato allo stralcio del testo dall'ordine del giorno della sessione urbanistica agostana dell'Assemblea capitolina.

IL PROGETTO – Cuore della proposta della “riconversione funzionale” è la parte commerciale, un atelier di una casa di moda di livello internazionale. Per ora si parla di Benetton. Questo spazio occuperebbe una superficie massima pari a 1.800 metri quadri, con il compromesso della realizzazione di una piccola sala, sempre nella stessa struttura, di 318 metri quadri. Uno spazio culturale che in questo modo varrebbe meno il 15,9% della superficie utile lorda totale, intorno ai 2.170 metri quadri. Numeri che richiedono una variante al Prg che prevede invece un equilibrio 50-50 tra aree commerciali e culturali. Ed è proprio su questo punto che sono stati espressi i dubbi maggiori da parte dei consiglieri della commissione Urbanistica. Troppo consistente una variante che vede calare dal 50% al 16% la parte destinata all'uso commerciale. Un “precedente pericoloso” per molti.

PUBBLICA UTILITA' – Per sbloccare un accordo di programma serve però stabilire qual è la pubblica utilità della trasformazione proposta. Nella relazione degli uffici è data oltre che dalla realizzazione della nuova sala, anche dagli oltre 6 milioni e 770mila euro di oneri, di cui la metà straordinari, per una superficie che supera di poco i 2mila metri quadri. In aggiunta è previsto anche il rifacimento della facciata dell'immobile su via del Corso, senza dimenticare una ricaduta occupazionale di circa 60 unità. In aggiunta alle precedente proposta c'è la concessione a titolo gratuito per 30 giorni all'anno della sala all'amministrazione per eventi culturali.  

UTILIZZO DEGLI ONERI – Nella delibera è già indicato anche come verranno utilizzati gli oltre 6 milioni di euro di oneri concessori. Ecco cosa andrebbero a finanziare: interventi di manutenzione a villa Borghese, sistemazione di luoghi e itinerari nell'ambito del 'Progetto Fori' e operazioni di recupero in ville storiche come villa Aldobrandini. Per quanto riguarda i parcheggi ricompresi nell'accordo, quelli di pertinenza verranno realizzati, mentre quelli pubblici monetizzati.

IL PRESIDENTE STAMPETE - “Il pubblico interesse ci sarebbe, perché un luogo abbandonato a se stesso proprio nel cuore di Roma non piace a nessuno soprattutto per gli oneri, ma dobbiamo approfondire la delibera insieme agli uffici, dando anche ascolto a cittadini e comitati” ha detto Stampete, per il quale “ben venga anche la parte commerciale che aiuterebbe anche i livelli occupazionali piuttosto che tenere la struttura vuota, e la nuova sala potrebbe anche essere aiutata dall'attività adiacente”.

PECIOLA - Meno velato lo stop di Gianluca Peciola, capogruppo di Sel in Campidoglio e membro della commissione Urbanistica: “Bisogna riqualificare il cinema ma l'interesse pubblico va riverificato: è troppo ridotta la parte destinata alla cultura e serve un nuovo passaggio di partecipazione con cittadini e comitati, mettendo in relazione il lavoro già iniziato con le altre strutture dagli assessori Caudo (Urbanistica) e Marinelli (Cultura) e dal ministro e dare coerenza alla situazione, mettendo tutto a sistema e creando una cornice di riferimento”. Così com'è scritta, ha sottolineato Peciola, “la delibera pone il rischio di creare un precedente, con una variante enormemente al ribasso: serve un progetto di qualità che soddisfi le necessità dell'operatore economico ma anche l'offerta culturale, contro il rischio concreto dello svuotamento dei luoghi della cultura nella Capitale. Ben venga, quindi, la richiesta di ulteriori approfondimenti”.  

MOVIMENTO CINQUE STELLE – Chiara contrarietà è invece arrivata dal consigliere del Movimento cinque stelle Daniele Frongia membro della commissione Urbanistica: “La delibera di Alemanno sulla riconversione del cinema Metropolitan nell'ennesimo spazio commerciale (con un contentino alla cultura e al Comune) è stata riproposta oggi in commissione Urbanistica. Poche sono le modifiche con la precedente delibera” si legge in una nota. “Non sono chiare le modalità di recupero degli standard urbanistici (dove si faranno i parcheggi aggiuntivi?); la parte destinata alle attività culturali è stata ridotta dal 50% al 15%; non sono chiare le modalità con cui è stata arrestata l'attività del cinema nel 2010; questa variante del piano regolatore costituirebbe un pericoloso precedente per le altre sale romane. Inoltre verrebbe a mancare l'unico e ultimo cinema storico in quell'area”conclude Frongia che chiede di affrontare complessivamente la questione delle sale cinematografiche romane ormai dismesse.

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