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Addio ai residence ma la gara per chiuderli va deserta: si lavora a un 'piano B'

L'assessorato di Francesca Danese puntava a reperire oltre mille alloggi con risparmi da 13 milioni di euro. Nessuna offerta però è arrivata. Corsa contro il tempo per evitare di prorogare le strutture in scadenza alla fine dell'anno

Doveva essere un passaggio “storico” e invece, almeno per il momento, Roma dovrà aspettare. O trovare altre strade, come troppe volte in passato, in tempi strettissimi. La gara per il nuovo Servizio di assistenza alloggiativa temporanea (Saat), che avrebbe dovuto sostituire i vecchi e costosissimi residence, è andata deserta. Giovedì mattina, giorno in cui si sarebbero dovute aprire le buste, non c'era nessuna offerta sul tavolo. Un colpo basso che costringe l'assessorato di Francesca Danese a ripensare, almeno per il momento, uno dei nodi portanti delle sue politiche abitative.

Con la gara, infatti, l'amministrazione si era posta l'obiettivo di reperire 1020 appartamenti da destinare ad altrettante famiglie per svuotare i vecchi Centri di assistenza abitativa temporanea entro la fine del 2015. Il tempo è quasi scaduto e oggi ne rimangono aperti ben 27. Tranne i contratti di quattro strutture che dureranno fino al 2018, tutti gli altri 'scadranno' alla fine dell'anno. Il Comune sperava di archiviare la 'stagione dei residence' con i loro affitti milionari e fuori mercato per trasferire le famiglie in appartamenti dislocati su tutto il territorio comunale e a prezzi inferiori. Una prospettiva che non dev'essere piaciuta al mercato immobiliare romano che ha disertato la proposta dell'amministrazione capitolina.   

Dall'assessorato fanno sapere che non si rassegneranno a concedere una proroga. Il progetto di partire con i Saat dal 1 gennaio 2016 è ormai tramontato ma l'obiettivo è quello di mettere in campo tutti gli strumenti a disposizione per arrivare alla fine dell'anno chiudendo le strutture in scadenza. Tra questi c'è il buono casa, una sorta di sostegno all'affitto destinato alle famiglie che vivono nei residence per facilitare loro l'uscita dalle costose strutture e trovarsi appartamenti sul libero mercato. Altra speranza è che con lo scorrere della graduatoria per le case popolari qualche famiglia possa beneficiarne.

L'obiettivo, insomma, è quello di sfoltire con soluzioni alternative la popolazione dei residence e, a riguardo, continuano anche i controlli destinati ad individuare quanti, per reddito, non hanno più diritto all'assistenza. Ci sono strutture più semplici da chiudere, come quella che si trova in zona Casal Monastero, e altre più 'calde' come via Caltagirone dove nelle scorse settimane sono scoppiate le proteste. Una soluzione è ancora da costruire e gli uffici dell'assessorato di viale Manzoni sono al lavoro.

Il processo di chiusura dei residence è già iniziato nei mesi scorsi: due le strutture che sono già state chiuse. Il bando per i Saat, nei programmi dell'assessora Danese, avrebbe dovuto rappresentare il colpo di grazia per un sistema che ha pesato per anni sulle casse capitoline per circa 40 milioni di euro all'anno, con costi al mese per appartamenti piccoli e spesso ricavati da ex uffici che raggiungevano anche i 2 mila euro. La fornitura del servizio dei Saat invece partiva da una base di gara di 25 milioni e mezzo di euro con un 'risparmio' totale sulle politiche di assistenza alloggiativa di 13 milioni di euro all'anno. 

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