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Ex residence addio: i ghetti abitativi di Roma chiuderanno entro quattro anni

E' l'obiettivo della giunta Gualtieri, che per la prima volta dal 2018 è riuscita a non mandare deserta una gara per l'assegnazione del servizio SASSAT, una strada che porta i nuclei familiari fuori dall'emergenza abitativa

Sembra impossibile, ma gradualmente Roma sta dicendo addio a una buona parte dei centri di assistenza alloggiativa temporanea, ex residence, e a uno spreco di risorse economiche enorme. Ci vorrà ancora tempo, però il lavoro iniziato in epoca Marino con la riduzione progressiva a 11 centri e un risparmio di 22 milioni di euro, adesso vedrà un supporto decisivo anche dal nuovo bando per il SASSAT, il servizio di assistenza e sostegno socio alloggiativo temporaneo. Il Comune a giugno ci ha messo sopra 5 milioni (e altri 10 saranno divisi tra 2023 e 2024) e per la prima volta dopo quattro anni la gara non è andata deserta. 

Quando e perché nascono i centri di assistenza alloggiativa temporanea a Roma

La storia inizia nel 2005, con Walter Veltroni sindaco. Il Campidoglio vuole dare casa a chi non ce l'ha e ha un reddito troppo basso per reperirla sul mercato, ma soprattutto non riesce ad accedere alla soluzione di un alloggio popolare per carenza di soluzioni alternative. Vengono così investiti milioni di euro per utilizzare palazzine di proprietà di privati, con gli anni trasformate in alveari del disagio: edifici vecchi e col tempo fatiscenti, dislocati nei quartieri più periferici e lontani dal Centro, spesso fuori dal Raccordo. Molto presto le amministrazioni che si succedono si rendono conto che sono un'emorragia di denaro senza soluzione, con l'unico risultato di creare ghetti dove le persone sono facili prede della criminalità. 

Marino decide di chiuderli: passano da 31 a 11

E' per questo che Ignazio Marino, dopo due mesi dall'insediamento firma una delibera che dà il via al graduale smantellamento. Un'operazione che riesce in parte, ma un po' con la disdetta dei contratti con i palazzinari e un po' con la razionalizzazione dei residence, si arriva a chiuderne 20, passando da 31 a 11 CAAT e risparmiando 22 milioni di euro. Dal 2016 in poi Virginia Raggi prova a dare la sferzata finale, inventando i SASSAT, un percorso di uscita dall'emergenza abitativa e dai centri di assistenza temporanea: tre bandi nel giro di un anno, tra il 2018 e il 2019, pubblicati per reperire all'incirca 800 alloggi, vanno male. Non risponde nessuno. 

Dopo 4 anni va a buon fine un bando per reperire nuovi alloggi

Con l'insediamento della giunta Gualtieri e la nomina dell'assessore alle politiche abitative Tobia Zevi, la pratica viene ripresa in mano e messa sul tavolo. Ad agosto 2022 viene chiesta agli uffici del dipartimento una ricognizione dei CAAT - che ad oggi ospitano 884 famiglie - una verifica dei requisiti degli inquilini e la situazione manutentiva degli alloggi. Il mese prima viene pubblicato un nuovo avviso pubblico per reperire alloggi nell'ambito del progetto SASSAT, stavolta con successo: qualcuno risponde. Questo significa, come spiegano dal Campidoglio, che verranno individuati degli appartamenti, sparsi in vari quartieri della città, dove ospitare per un massimo di due anni le famiglie che escono dai centri (gli ex residence), così da accompagnarle verso l'autonomia alloggiativa. Un primo passo fondamentale è, per l'appunto, l'abbandonare contesti insalubri, ghettizzanti, pericolosi e illegali.

Cerquetta è chiuso, Casale Lumbroso quasi

Come detto in più occasioni da Zevi, l'obiettivo a medio termine è quello di acquisire al patrimonio capitolino circa 500 appartamenti, trattando con enti pubblici e privati in fase di dismissione immobiliare. Questo entro il 2023, per poi proseguire. Questi alloggi, in aggiunta a quelli reperiti tramite il bando SASSAT, contribuiranno alla chiusura di ulteriori CAAT, dopo quello di Cerquetta di agosto scorso e quello di Casale Lumbroso. In questo secondo caso le trattative per l'uscita proseguono: il Comune sta dialogando con ogni singolo nucleo familiare per capirne le esigenze e verificare lo stato d'avanzamento di eventuali domande presentate per un alloggio Erp.

La nuova direttiva di Zevi: canoni più bassi in vista dell'uscita dai centri

Grazie a una delibera approvata in giunta il 17 novembre, gli uffici dipartimentali potranno ridiscutere i canoni con i proprietari degli ex residence, a partire da Casale Lumbroso, rivedendoli al ribasso proprio in vista di una inevitabile e imminente chiusura. Stesso destino e stesso modus operandi per Valle Porcina, dove a ottobre le forze dell'ordine hanno effettuato un blitz per controllare tutti gli abitanti del CAAT, individuando 34 occupanti abusivi. Nel ghetto di Acilia, fanno sapere dall'assessorato "non riusciva ad entrare nessuno dal 2017". Ora la comunità di residenti è informata di cosa succederà, gli abusivi sono stati cacciati e il processo di dismissione è prossimo, ma senza passi falsi. La delibera, inoltre, prevede la revisione e l'aggiornamento del punteggio Erp per chi è assistito nei CAAT. 

Quanto costano i CAAT al Campidoglio: circa 22 milioni di euro l'anno

La chiusura degli ex residence, partiti come soluzioni alloggiative e diventati ghetti nelle periferie isolate della città, farà risparmiare alle casse del Comune altri 22 milioni di euro l'anno, spesa necessaria per mantenere in piedi gli 11 centri di assistenza alloggiativa temporanea esistenti. Tutti costi per pagare l'indennità d'occupazione ai proprietari e per le utenze, che da bilancio capitolino nel 2022 hanno inciso per 500.000 euro. Casale Lumbroso costa oltre 224.000 euro al mese, Valle Porcina oltre 313.000, Campo Farnia a Capannelle (uno dei più vicini ai quartieri centrali, forse l'unico) la bellezza di oltre 2.000.000 di euro l'anno, mentre il centro di via Tovaglieri all'Alessandrino quasi 727.000 euro. Il più costoso per i romani è via Tineo a Tor Tre Teste: per tenerlo aperto il Campidoglio sborsa circa 3.000.000 di euro di spese, solo per l'affitto della struttura.

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