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Castel Romano, la coop che lavora alla chiusura del campo rom: "Sgombero a settembre vanifica nostre azioni"

Due mesi non basteranno a garantire alle famiglie una sistemazione alternativa. A lanciare l'allarme Arci solidarietà onlus, tra i vincitori del bando per il superamento del campo rom (in due anni)

Accelerare sullo sgombero del campo rom di Castel Romano rischia di vanificare il complesso lavoro di inclusione sociale avviato per le famiglie. A lanciare l'allarme è Arci solidarietà onlus, una delle tre cooperative che hanno vinto il bando di gara del Comune di Roma per la gestione delle operazioni di fuoriuscita degli abitanti dalle baracche. "È difficile sinceramente pensare che in due mesi si riesca a garantire a tutte e 28 le famiglie interessate una sistemazione alternativa sia in termini di alloggio che di formazione" commentano dalla cooperativa. Ma facciamo ordine nella vicenda.

Sul campo rom di Castel Romano, baraccopoli sulla via Pontina che ospita circa 250 famiglie, l'obiettivo è sgomberare il prima possibile. Le condizioni igienico sanitarie hanno raggiunto livello disastrosi, tra roghi tossici continui, falde acquifere inquinate, bambini costretti a vivere in mezzo ai topi. La Regione Lazio, su imput della Asl Roma 2, ha imposto la chiusura al Comune con un'ordinanza e il Comune ha risposto piccato: sono già in corso azioni per smantellare definitivamente il villaggio. La sindaca Raggi lo ripete da giorni. E in particolare per l'area cosiddetta F del campo, quella dove le condizioni sono più critiche, ha deciso di accelerare e optare per uno sgombero lampo.

Lo sgombero lampo dell'area F

Due mesi di tempo (il termine è il 10 settembre) dati alle famiglie, 28 nuclei per un totale di circa 90 persone, la metà minori, per liberare i moduli abitativi e firmare un accordo che prevede da un lato la collaborazione degli interessati (chiamati a garantire ad esempio l'iscrizione dei figli a scuola) e dall'altra gli aiuti economici e logistici da parte del Comune per la ricerca di una casa e l'avvio di percorsi formativi per entrare nel mondo del lavoro. È quanto già previsto in generale per il piano rom lanciato dalla sindaca Raggi nel 2017. Che interessa anche Castel Romano, ma che prevederebbe tempi molto più lunghi per l'attuazione. 

Sul campo però c'è già un progetto

Le operazioni sono state affidate ad Arci, Astrolabio e Speha Fresia a fine febbraio e prevederebbero 24 mesi di tempo per l'attuazione. Ora però, per l'area F, i mesi diventano due e le attività partono quasi da zero, perché il coronavirus nei sei mesi trascorsi dall'affidamento del servizio ha rallentato tutte le operazioni. 

"Stiamo completando l'attività di profilazione delle persone, compliando una sorta di scheda sociale che fotografa il nucleo familiare in ogni suo aspetto" spiega a RomaToday Valerio Tursi, legale rappresentante di Arci. "È importante per poter costruire dei progetti individuale di fuoriuscita dal campo e inclusione sociale tarati sui bisogni delle singole famiglie". Ci vuole tempo però, e il percorso è già complesso specie per quanto riguarda la ricerca di un'abitazione alternativa. 

La paura che le famiglie finiscano per strada

La strada del buono affitto da spendere per locazioni private si è rilevata fallimentare per le difficoltà di accesso al mercato, vedi nel campo La Barbuta dove per lo più si è optato per le case popolari (strumento che però era già esistente a prescindere dal piano Raggi). E, con nel mezzo l'emergenza coronavirus, anche l'accesso ai tirocinii presso aziende, per quanto riguarda il lavoro, sarà ancora più difficile rispetto all'ordinario. Due mesi sono pochi, e il rischio che le 28 famiglie dell'area F finiscano per strada è concreto. 

"Non siamo stati messi al corrente di quali saranno realmente le conseguenze dell'ordinanza, lo leggiamo dai giornali" spiega ancora Tursi. "Sappiamo del 10 settembre come termine per l'area F, il rischio è di vanificare il percorso avviato. Sarà dura comunque in un tempo così ristretto e con condizioni esterne straordinarie". Già, il destino di famiglie e bambini però non sembrano emergere tra le priorità dell'amministrazione, che nulla ha accennato in merito. 

Un Camping River bis

Un film che sembra ripetersi molto simile a quello andato in scena due estati fa. Quando uno sgombero lampo toccò al Camping River sulla via Tiberina. Tante famiglie finirono per strada, qualcuno rimpatriato nei paesi d'origini, pochissime in alloggi alternativi trovati dall'amministrazione. Intervenne anche la Corte europea


 

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