Case popolari tra occupazioni e nuove assegnazioni: la storia della task force di Marino cancellata da Raggi
Un nucleo di Polizia locale era attivo presso il dipartimento Politiche abitative finalizzato al contrasto di nuove occupazioni. Puccini: "I numeri erano calati del 70 per cento"
Dalla notizia della consegna di 200 case popolari Ater al Comune, pronte per essere assegnate, al botta e risposta tra Carlo Calenda e Paolo Ferrara in merito all’indagine della Procura sull’occupazione di 800 alloggi in poco più di un anno tra Ostia e Acilia. La lentezza nella gestione degli alloggi pubblici da parte del dipartimento Patrimonio e Politiche abitative di Roma Capitale torna a far parlare di sé.
Era infatti la fine di gennaio, quando, nel corso di una commissione capitolina Trasparenza alla quale era presente anche l’assessora Valentina Vivarelli, emerse che negli ultimi mesi il dipartimento non aveva assegnato alcuna casa popolare a fronte di una graduatoria con circa 13mila e 500 famiglie in attesa. Un circolo vizioso: la lentezza nella riassegnazione degli appartamenti, oltre alla carenza cronica di alloggi a disposizione, favorisce a sua volta l’occupazione illegittima che contribuisce ad allungare ulteriormente i tempi di assegnazione favorendo a sua volta le occupazioni.
Il problema non è nuovo tanto che nel 2013, in seguito alla delibera 368 approvata dalla giunta Marino, era stata istituita una task force con tanto di gruppo di polizia locale di Roma Capitale, autonomo rispetto ai gruppi territoriali, in servizio presso il dipartimento capitolino Politiche Abitative. Questo l’obiettivo: “Costituire un’apposita unità di supporto al dipartimento Politiche Abitative composta da personale qualificato”, si legge nel documento “provvedendo contestualmente, in ragione della complessità e molteplicità delle attività da espletare, ad un rafforzamento dell’organico del medesimo ufficio”. L’unità è però stata scolta nel maggio del 2019, pochi mesi prima che l’ex direttore del dipartimento Patrimonio e Politiche abitative, Aldo Barletta, venisse spostato al vertice del Centro carni dalla sindaca Virginia Raggi.
Romatoday ha interpellato l’architetto Enrico Puccini, autore del blog di analisi dei dati sul disagio abitativo della Capitale – Osservatorio casa Roma – nonché collaboratore dell’ex amministrazione Marino in tema di Politiche abitative. “In base ai dati disponibili avevamo stimato che ogni anno, per ognuno dei dieci anni precedenti, erano state occupate circa mille case: rispetto all’ultima domanda di sanatoria c’erano 10mila case occupate in più”, ha spiegato. “La task force non era tanto finalizzata a sgomberare inquilini senza titolo residenti in quelle case da tanto tempo, ma a prevenire nuove occupazioni, quasi tre al giorno”.
La task force era composta da 25 agenti della polizia locale che lavoravano in modo autonomo rispetto ai gruppi di provenienza, in coordinamento diretto con il dipartimento capitolino Patrimonio, con l’Ater e con la Guardia di Finanza, che svolgeva anche attività di verifica e di incrocio di dati reddituali. Era stato istituito anche un numero di telefono apposito al quale chiamare per effettuare segnalazioni in merito a possibili occupazioni.
“I primi dati raccolti indicavano che stava funzionando perché le nuove occupazioni erano calate del 70 per cento”, continua Puccini. “In base ai dati di allora si era passati dalle 300 occupazioni rilevate, ma erano molte di più, del 2013 alle 66 del 2014. Intervenire in tempi rapidi permetteva di recuperare subito l’alloggio: gli agenti della polizia locale procedevano infatti con il sequestro preventivo, in base all’articolo 321 del codice penale, procedura che necessita di ratifica da parte di un magistrato. Senza la possibilità di avere a disposizione un nucleo dedicato i tempi si allungano. Giorni dopo l’occupazione, viene emessa la sanzione a carico dei diretti interessati e parte così il procedimento penale e amministrativo che può durare anni”.
In questo quadro, i tempi per procedere con la riassegnazione sono importanti: più tempo un alloggio resta vuoto, più c’è la possibilità che venga occupato. “Non bisogna dimenticare che quando un immobile deve essere liberato, solitamente perché il legittimo assegnatario è deceduto, prima che possa essere riassegnato è necessario disdettare le utenze e svuotarlo di tutti i mobili. Operazioni a carico dei famigliari, che a volte durano mesi. Velocizzare questo iter burocratico, con accordi ad hoc, per esempio con l’Ama per quanto riguarda gli ingombranti, è altrettanto importante per limitare le occupazioni”.
Non solo le assegnazioni quindi, che, secondo quanto apprende Romatoday, sono tutt’ora praticamente ferme. Negli ultimi anni anche restituire le chiavi all’amministrazione capitolina da parte di coloro che non hanno più titolo per restare in un appartamento o da parte degli eredi di una persona deceduta, è diventata un’impresa, così come denunciato a più riprese dai sindacati degli inquilini. Conclude Puccini: “Il vero tema è pianificare attività di prevenzione e dotare gli uffici del personale necessario a metterla in pratica. Solo così è possibile fermare l’emorragia”.