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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Un milione di euro e due anni di lavoro: così l'unico municipio di destra vuole chiudere il campo di Salone

In VI municipio, guidato da Fratelli d'Italia, l'Associazione 21 Luglio presenta un piano che anticipa quello comunale

Sette azioni o "assi", 29 persone impiegate tra operatori, mediatori culturali, legali, addetti alla comunicazione, educatori e assistenti sociali, poco più di 950.000 euro da investire e 24 mesi di tempo: è così che il campo rom di via di Salone, un ghetto dove vivono oltre 350 persone, potrebbe essere superato e chiuso definitivamente. 

Il piano per chiudere definitivamente il campo rom di Salone

Il piano di azione locale è stato presentato nella sala cinema del VI municipio il 28 marzo, a coronamento delle prime tre fasi di un percorso che è iniziato il 5 aprile 2022, con una direttiva della giunta guidata da Nicola Franco (unico minisindaco di destra a Roma) che ha istituito un tavolo per il superamento di via di Salone. Da quel momento, con l'incarico gratuito dato all'associazione 21 Luglio di Carlo Stasolla, ha preso il via il cosiddetto Gruppo di Azione Locale: un insieme di soggetti, dalle scuole agli enti del terzo settore, dalle forze dell'ordine agli enti religiosi, che si è incontrato 11 volte da fine ottobre a fine febbraio. 

Sette fasi e un investimenti stimato di 955mila euro

Il progetto di superamento del campo rom di via di Salone, l'unico all'interno del territorio del VI municipio, si articola in sette "assi": la regolarizzazione giuridica di chi vive nella baraccopoli, l'accesso alle cure, formazione e lavoro, scuola, abitare e antiziganismo e il monitoraggio finale. Ogni azione prevede un team (coordinatori, avvocati, operatori legali, amministrativi, operatori sociosanitari, educatori) e dei costi già soppesati dall'associazione 21 Luglio. In totale 955.200 euro, con la "voce" più costosa che, come prevedibile, è quella relativa all'abitare: 431.700 euro. 

DOSSIER - Le spese folli del Comune di Roma per (non) chiudere i campi rom

Franco: "Senza il Comune non si realizza nulla"

Alla presentazione, che si è conclusa con la premiazione di tre giovanissimi abitanti del campo che hanno partecipato ad un concorso fotografico, hanno preso parte il presidente del VI Nicola Franco, l'assessore alle politiche sociali Romano Amato e la sua omologa capitolina, Barbara Funari, in rappresentanza del sindaco Gualtieri. "I giovani che vivono dentro Salone ci chiedono di uscire - le parole di Franco -. Abbiamo messo in piedi questo gruppo di lavoro, formato da persone competenti rispetto ad un mondo intorno al quale girano fin troppi soggetti e lo abbiamo fatto senza fughe in avanti rispetto al Comune. Questo è il nostro contributo. Non abbiamo mai nascosto alcun passaggio all'amministrazione centrale, senza di loro non possiamo fare nulla: c'è tutta la volontà da parte nostra, ma da soli non arriveremo da nessuna parte. Nel mio programma elettorale al primo punto c'era il sociale: siamo nel territorio più povero, con il più alto tasso di crimini e volevamo chiudere il campo rom, era un impegno preso coi cittadini. Fare questa cosa nel VI municipio non è solo una sfida, ma anche - conclude Franco scherzando - un modo per non dare fastidio a nessuno, perché nessun  presidente di centrosinistra sarà geloso del collega qualora questo piano venisse attivato prima altrove". 

Funari: "A breve il piano comunale"

Barbara Funari, che attende con ansia lo sblocco della delibera da parte degli uffici e spera di portarla in giunta da qui ad un mese, assicura che "verrà messo in campo tutto ciò che è possibile per arrivare all'obiettivo - le sue parole - dal chiedere più fondi al ministero a mettere mano al patrimonio pubblico per dare casa alle famiglie rom. Le assi su cui lavora questo piano di azione locale sono le stesse del tavolo di coprogrammazione e coprogettazione lanciato da questa amministrazione lo scorso aprile. Lavoriamo in questo senso: costruire il superamento dei campi rom".  "Ringraziamo la giunta del VI - dice Stasolla, presidente della 21 Luglio - e in particolare Franco e Amato per aver creduto al nostro modello e averci consentito di applicarlo nel territorio dove si colloca Salone". "Nè una visita, né 10 giorni al mese servirebbero per capire cosa significhi vivere in un campo - ha spiegato monsignor Benoni Ambarus, vescovo ausiliario della Diocesi di Roma, delegato alla Pastorale dei migranti e dei rom -. I vari assi portanti del progetto possono sembrare una montagna grossa da scavalcare, ma in realtà danno a tutti noi la possibilità di dire che in ogni determinata misura e azione ognuno possa fare qualcosa e rende più fattibile e più attuabile tutto il percorso. Parlare di due anni può spaventare, ma ogni singolo spazio fatto di tanti interlocutore è uno spazio in cui ci si può inserire e superare l'ostacolo. Noi come comunità parrocchiali, quello che possiamo fare nella promozione e nell'accompagnamento lo possiamo fare". 

Il contesto romano: 5 insediamenti formali e oltre 4 milioni di euro spesi inutilmente

A Roma attualmente esistono 5 insediamenti formali (Candoni, Castel Romano, Gordiani, Lombroso, Salone) abitati, secondo i dati del 2021, 2.063 persone di etnia rom. Oltre 1.300 di origini dell'ex Jugoslavia, 740 con cittadinanza rimena. Quasi 600 i rom, sinti e caminanti residenti in 5 insediamenti semi-formali, i cosiddetti "tollerati". Cica 450 vengono dai Balcani e sono presenti a Salviati 1 e 2, Arco di Travertino e via Ortolani. Oltre 100 sono sinti italiani censiti a Grisolia/Aldisio per un totale di 10 insediamenti formali e semi-informali in cui vivono 2.700 persone, di cui quasi 1.500 minori. Sono circa 1.000, ci dui 300 minori, le persone che vivono in insediamenti totalmente informali. Allo stato attuale Roma Capitale ha finanziato, tra il 2020 e il 2022, quattro progetti di superamento dei ghetti, investendo 4.428.000 euro per Castel Romano, Candoni, Lombroso e Salviati 1 e 2, senza raggiungere lo scopo. 

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