rotate-mobile
Politica

Rom, lo sgombero "disumano" al River crea malumori tra i grillini. E spunta un progetto per rifare il campo 

Dopo lo sgombero del 21 giugno famiglie accampate negli spazi comuni del campo. Altolà al Campidoglio anche dai proprietari: "Incontro urgente entro il 30 giugno"

I blitz definiti "disumani" da chi difende i diritti delle minoranze hanno imbarazzato non poco l'ala sinistra dei grillini. E hanno anche costretto il proprietario del terreno a chiedere al Comune un incontro urgente "per risolvere una situazione incresciosa". In parallelo poi è spuntata una proposta di progetto da parte di una società terza per lasciare le famiglie rom dove sono sempre state. E se il Campidoglio la accettasse ufficializzerebbe il fallimento, già nei fatti, del piano rom targato Raggi. Il quadro al Camping River - se possibile - si complica di ora in ora. E pensare che la baraccopoli di Roma nord doveva fare da apri pista al pacchetto di misure varate dall'amministrazione M5s per la chiusura e il superamento dei campi della Capitale.

Tra il 20 e il 21 giugno la Polizia Locale è intervenuta sull'area (privata) per il recupero delle casette di proprietà del Comune, oggi in parte distrutte, che i rom avrebbero dovuto lasciare, secondo la dead line fissata dall'amministrazione, entro il 15 giugno. In linea teorica questo passaggio doveva essere quello conclusivo, da attuare una volta avvenuta la sistemazione delle famiglie fuori dal campo. Se tutto fosse andato come previsto e pianificato dal Comune. La realtà è che in nove mesi (il River doveva essere chiuso lo scorso 30 settembre) le forme di assistenza alloggiativa proposte non sono andate a buon fine. Uomini, donne e bambini, allontanati dai container rotti e resi inagibili dai vigili urbani, sono ancora nella baraccopoli. Dormono accampati negli spazi comuni. Con associazioni che hanno denunciato con durezza i metodi adottati durante i blitz per liberare i moduli abitativi.

"Un vergognoso atto di forza e arroganza" per Carlo Stasolla dell'associazione 21 luglio. Un'azione "senza rispetto dei diritti fondamentali delle persone" per Luigi Manconi direttore dell'Unar, l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Scene che non sono piaciute nemmeno nel Movimento Cinque Stelle, in particolare al vicesindaco Luca Bergamo, che nel fine settimana si è attaccato al telefono per cercare riscontri sull'accaduto, assicurando che avrebbe fatto chiarezza sulle condizioni di trattamento. 

Gli altolà comunque non si limitano al fronte umanitario. E' del 23 giugno una lettera firmata dall'avvocato del proprietario del terreno su cui sorge il River diretta al dipartimento Politiche Sociali: si pretendono comunicazioni preventive in caso di blitz al campo ("non siamo mai stati informati") oltre che "un incontro urgente entro il 30 giugno". Ma soprattutto si precisa che l'attività di sgombero non è partita da una loro denuncia per occupazione abusiva, anche perché "il 27 dicembre il Comune chiedeva disponibilità a locare il terreno". Richiesta che ha fatto pensare che l'ente pubblico volesse affittare l'area, un modo per prendere tempo date le difficoltà di reperire un tetto alle famiglie. Cosa è accaduto invece? 

Che a fine maggio un contratto di affitto sull'area è stato stipulato dai privati sì, ma con la Seges srl, società nata appena lo scorso aprile, che si occupa sulla carta di servizi di emergenza sociale. E che per ammissione dello stesso Claudio Maddi, amministratore unico, avrebbe avviato un'interlocuzione con il Comune di Roma. A che pro? La società ha proposto la realizzazione di una sorta di cittadella per i rom con attrezzature e servizi. E' in programma per mercoledì una conferenza stampa per illustrarne i dettagli. Le famiglie sarebbero d'accordo e, a quanto si apprende, avrebbero anche firmato una sorta di informale adesione al progetto.

Si tratterebbe nella sostanza di un altro campo sullo stesso terreno. Ma non è chiaro con quali contributi verrebbe gestito. "Il Comune sta valutando" fanno sapere dalla società. Ma accettare un nuovo campo quando l'obiettivo era chiuderlo sarebbe un suicidio politico. Senza contare che c'è già chi, tra le file dell'opposizione, grida allo scandalo di una possibile "speculazione edilizia sul terreno". E che ci sono comunque ostacoli di natura urbanistica e presunti illeciti di tipo amministrativo da parte della Seges, oggetto di una denuncia della stessa amministrazione comunale. 

Insomma, un intreccio difficile da sbrogliare, figlio del flop del Campidoglio. Al River il piano Raggi per chiudere i campi e accompagnare i rom in un processo di inserimento graduale nel tessuto sociale non ha funzionato. Per la sindaca la colpa è delle famiglie: "Hanno rifiutato tutte le alternative". Che però, a onor del vero, erano di difficile attuazione: dal contributo all'affitto fino a 800 euro da elargire solo a contratto già stipulato - chi affitta una casa a una famiglia rom sul mercato privato senza garanzie economiche? - al rimpatrio volontario e retribuito (una procedura molto lunga e complessa che deve passare per dei protocolli del Comune con il paese d'origine), all'ospitalità, anche questa pagata, presso terzi. Solo tre famiglie su oltre cento di quelle presenti nel villaggio hanno trovato una soluzione. 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Rom, lo sgombero "disumano" al River crea malumori tra i grillini. E spunta un progetto per rifare il campo 

RomaToday è in caricamento