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Campi rom, a un anno dalle promesse di Raggi ecco il flop del piano "di carta"

Il 31 maggio 2017 la sindaca grillina comunicava alla stampa la sua ricetta per chiudere, e superare, le baraccopoli. Ecco il bilancio, 12 mesi dopo

"A Roma stiamo seguendo le linee guida dell'Europa, una cosa che non era mai stata fatta prima". Così Virginia Raggi, a Piazza Pulita su La7 una settimana fa, sui campi rom della Capitale. Per la sindaca le procedure di chiusura e superamento delle baraccopoli romane (17 in totale tra "villaggi della solidarietà" e "campi tollerati") è in corso d'opera ed è già da annoverare tra i successi. L'Onu però, con una lettera del Comitato contro le discriminazioni razziali del 18 maggio, ha chiesto lumi a Roma, e all'Italia, sullo stato dell'arte: "Mancano dati e reportistica". E se anche ci fossero non sarebbero rassicuranti. 

A che punto è il piano del M5s

A un anno dall'illustrazione del pacchetto di strategie che dovrebbe portare, entro fine legislatura, allo smantellamento dei campi-ghetto monoetnici delle nostre periferie, siamo in alto mare. Perché non basta mettere i sigilli ai cancelli di ingresso e abbattare con le ruspe le casette di legno e lamiere. Serve un reinserimento delle famiglie nel tessuto sociale, tramite alternative alloggiative e percorsi occupazionali. Ecco il bilancio di quanto (non) fatto, partendo da un dato: i tre insediamenti scelti per la sperimentazione del progetto sono ancora aperti.

Il Camping River, a Roma nord, primo a far da test al piano e rapidamente diventato emblema del suo stesso flop, non solo doveva chiudere il 30 settembre 2017 ed è rimasto in piedi, ma si è trasformato in un'area privata occupata: dei nuclei familiari coinvolti, un centinaio, solo quattro - quattro - hanno potuto beneficiare del bonus casa per lasciare i container. A Monachina, nel XIII municipio, il bando per l'affidamento della gestione deve ancora essere assegnato (al primo giro è andato deserto). Per La Barbuta, Ciampino, la gara è stata vinta dalla Croce Rossa che gestisce il tutto dal 1 febbraio. Ma siamo ancora alla mappatura dei bisogni delle singole famiglie. 

"Il piano di carta"

Un "piano di carta", come lo hanno ribattezzato gli attivisti della onlus 21 luglio con evidente riferimento alla fragilità del suo impianto base. A 12 mesi dagli annunci altisonanti l'associazione ha tirato le prime somme in un apposito report. C'è tempo da qui alla fine della legislatura per correggere il tiro, ma le prime mosse non sembrano aver imboccato la strada giusta. "Abbiamo fatto 15 sopralluoghi a Monachina e La Barbuta e intervistato gli abitanti e i rappresentanti della Croce Rossa (che ha vinto uno dei due bandi, ndr)" spiega il presidente Carlo Stasolla. Il risultato? Le famiglie sanno poco e niente delle manovre che il Comune ha pianificato per loro. Riferiscono semplicemente, con preoccupazione, di proposte di difficile realizzazione. Vedi i colloqui per reperire un tetto alternativo: "Ci hanno detto, trovatevi una casa, compratevi un terreno, trovate un casale, poi se tornate qui con il contratto d'affitto vi diamo un contributo". Ottocento euro al mese, a famiglia, per due anni.

Ma al Camping River, lo ripetiamo, solo quattro nuclei ne hanno beneficiato. E il motivo è intuibile: quasi nessuno ha trovato una casa in affitto sul mercato privato, perché nessun proprietario stipula un contratto con chi non ha garanzie economiche. Senza contare pregiudizi e antiziganismo diffusi che certo non aiutano. Tra le misure troviamo anche il rimpatrio volontario assistito e l'erogazione di contribuiti economici "a terzi privati con forme di ospitalità temporanea". Ma il tempo è poco per poterne valutare la riuscita. Si tratta di aggiunte fatte con un'ulteriore delibera di giunta lo scorso aprile e la stessa ammissione del Campidoglio: "Le misure assistenziali fin'ora non hanno funzionato". 

"Mancano le coperture economiche"

"L'amministrazione ha puntato tutto su una forte comunicazione, molto di impatto, che nasconde una totale assenza di azioni concrete che possano incidere positivamente sulle persone e sulla comunità - spiega ancora Stasolla - in assonanza con quanto visto con il contratto di governo nazionale". Per dirne una, "non ci sono indicati i tempi di intervento delle singole fasi, né la copertura economica". Nella delibera che contiene il piano rom si parla di fondi europei. Al momento, per Monachina e Barbuta, ci sono quelli del PON metro, 3 milioni e 800mila euro, ereditati dalla giunta Marino. Per tutti gli altri insediamenti, altre somme dalla Ue, concretamente, non ci sono. E manca qualunque tipo di impegno di spesa a bilancio. 

Tra sgomberi forzati e bimbi che non vanno a scuola

In tutto questo proseguono gli sgomberi forzati sul territorio con la forza pubblica: 28, secondo i dati del report, dal 31 maggio 2017, 700 persone coinvolte, 880mila euro i costi a carico delle casse pubbliche. Non solo. "E' drammatica inoltre la situazione scolastica dei minori rom negli insediamenti formali della città". Dopo la sospensione del progetto di scolarizzazione che negli ultimi dieci anni ha registrato un numero di minori iscritti oscillante tra le 1.700 e le 2.000 unità, secondo il dipartimento Servizi Educativi e Scolastici di Roma Capitale, il numero dei minori rom iscritti alla scuola dell'obbligo nell'anno 2017/18 è drasticamente sceso a 1.025.

Insomma, i dubbi iniziali già espressi dalla 21 luglio in sede di presentazione della strategia vengono confermati a un anno dalla sua stessa applicazione. Un "fake plan" quello della giunta Raggi, "con un impianto teorico sì ma anche fortemente disconnesso dalla realtà". Da qui l'appello, l'ennesimo, alla sindaca: "Serve una profonda, urgente e immediata revisione". 
 

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