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Rom, il piano Raggi per chiudere i campi è fermo al palo: "La pazienza è finita"

Dopo la sassaiola in via dei Gordiani, centrodestra all'attacco. Il punto della situazione sul piano per lo sgombero delle baraccopoli

Metti un fatto di cronaca tra le baracche, con una pesante aggressione alle forze dell'ordine, la polemica che si riapre, ancora, nell'area del centrodestra, e un piano per la chiusura (quello della sindaca Raggi) per ora privo di risultati apprezzabili. Ed ecco che i campi rom, dimenticati da mesi, tornano con fin troppa facilità a occupare il dibattito.

Ghetti etnici che l'Europa ci impone di chiudere perché violano i diritti umani, ma ancora in piedi nell'indifferenza generale, nonché covi di degrado invisi ai cittadini che alimentano conflitti sociali nelle periferie romane più difficili. E oggetto dell'ennesima strategia politico amministrativa, stavolta a firma M5s, che sta mostrando criticità tali da comprometterne la riuscita, nei tempi e negli obiettivi. Ma facciamo ordine.  

L'aggressione a Gordiani e le polemiche

Di ieri l'episodio da cui partire: una sassaiola contro i vigili urbani nel "villaggio attrezzato" di via dei Gordiani, al Prenestino. Gli abitanti della baraccopoli, per impedire l'arresto di quattro uomini ricercati, si sono scagliati contro i poliziotti, permettendo la fuga a tre di loro. Immediate le reazioni del mondo politico.

Da Fratelli d'Italia a Forza Italia alla Lega le frasi a destra si somigliano: "La pazienza è finita, i campi vanno sgomberati". D'altronde la chiusura mette d'accordo tutti, destra e sinistra, che sia per questioni legalitarie, umanitarie, o un mix di entrambe. Anche il Movimento Cinque Stelle sull'importanza di mettere fine alle realtà delle baraccopoli non ha mai espresso dubbi. Come farlo, garantendo a tutti i diritti stabiliti dalla legge, è un altro paio di maniche. 

Come Raggi chiude i campi, sulla carta

Il 31 maggio 2017, quasi un anno fa, la sindaca annunciava: "Con noi la mangiatoia dei campi è finita, al termine della legislatura saranno un lontano ricordo". Ma il tempo è passato e i risultati del piano grillino sono minimi. Sulla carta la strategia, fissata con apposita delibera, pone al 31 dicembre 2020 il termine per la chiusura di due insediamenti su otto, tramite un percorso di accompagnamento delle famiglie verso un'autonomia alloggiativa (i nuclei sono invitati a cercare da soli una casa, con un bonus affitto fino a 800 euro per due anni agli aventi diritto) e lavorativa, con gli operatori sociali di viale Manzoni a fare da "consulenti". Ma il bando per affidare le operazioni del primo campo interessato, La Monachina (municipio XIII) è andato deserto mesi fa e non è ancora stato ripubblicato. Per l'altro invece, La Barbuta (Ciampino), siamo ancora in alto mare. 

La Barbuta: progetto in ritardo e manca il personale

L'avviso in questo caso è stato vinto dalla Croce Rossa, che ha preso in carico il 1 febbraio tutte le procedure. Ma date le prescrizioni complesse contenute nel piano, le operazioni non sono così semplici, e ad oggi martedì 3 aprile, secondo quanto apprendiamo da fonti qualificate, siamo ancora nel pieno dei colloqui con le famiglie residenti (circa un centinaio) per mappare lo stato dell'arte. Situazione lavorativa dei membri del nucleo, frequentazione scolastica per i minori, e via dicendo.

Nel frattempo l'organizzazione umanitaria sta cercando altro personale da impiegare nel progetto. Due settimane fa, la pubblicazione di un annuncio di lavoro on line per La Barbuta: "Cercasi personale per svolgere attività di Segretariato Sociale, di supporto e di mediazione, sostegno e supporto in tutti i percorsi posti in essere a favore dei singoli o dei nuclei familiari finalizzati al lavoro e all’inclusione sociale". Un altro ancora per cercare un coordinatore. 

Il Camping River, il test (fallito) del piano rom

Alle lungaggini burocratico organizzative, si aggiunge il pessimo test del Camping River. La baraccopoli nei pressi di via Tiberina doveva fare da banco di prova, chiudendo entro il 30 settembre 2017 con le famiglie ricollocate altrove, magari con un impiego lavorativo. Ma la storia è un'altra: uomini, donne e bambini non sono riusciti a trovare una casa sul mercato privato (come prevede il piano), nonostante le garanzie fornite dagli uffici tecnici di viale Manzoni.

Difficile per una famiglia entrare in un'agenzia immobiliare e ottenere un affitto senza garanzie economiche alle spalle, se non un buono casa comunale che però viene elargito solo a contratto firmato. Così la stragrande maggioranza delle famiglie, circa 90, sono rimaste lì, dormono ancora nei container. Ma il contratto con la cooperativa Isola Verde che aveva in appalto il servizio non è stato rinnovato. Quindi il campo non solo è rimasto dov'era ma è privo di qualunque vigilanza. Ancora di fatto aperto. E abusivo


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