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Sabato, 20 Aprile 2024
Politica

Campi rom: ecco come chiudere le nuove baraccopoli romane

L'associazione 21 Luglio presenta ai candidati sindaco Raggi, Giachetti e Fassina un'agenda per arrivare in cinque anni al graduale e definitivo superamento degli insediamenti

Le parole sono importanti. E allora non più rom ma "baraccati", come i migranti italiani degli anni '50, non più campi ma "baraccopoli", come quelle che sorgevano allora tra le marrane di periferia. Perché il cambio di rotta passa anche da una rivoluzione del linguaggio. Accanto a un piano concreto che in cinque anni promette di eliminare una volte per sempre i villaggi-ghetto. E' in sintesi l'agenda per la chiusura dei campi rom della Capitale, presentata questa mattina a Palazzo Valentini dall'associazione 21 Luglio ai candidati sindaco Virginia Raggi, M5S, Roberto Giachetti, Pd, e Stefano Fassina, Si. 

IL QUADRO ATTUALE - Lo status quo lo conosciamo: otto mega campi, ribattezzati nel 2013 "villaggi della solidarietà", con servizi di pulizia, vigilanza, scolarizzazione, affidati prima alle cooperative e oggi ridotti al lumicino dagli scandali di Mafia Capitale che della "questione rom" ha fatto un business, accanto a insediamenti di medie dimensioni, i cosiddetti "tollerati", e a due centri di raccolta, per un totale di circa seimila persone segregate nelle periferie. 

Anomalia tutta romana, a chiedere da tempo il superamento di realtà risultate da ispezioni e sopralluoghi in palese violazione dei diritti umani è l'Europa, con la minaccia di una procedura d'infrazione, ma anche il Tribunale Civile che ha disposto la chiusura del campo La Barbuta a Ciampino, e seimila cittadini romani che hanno sottoscritto una delibera di iniziativa popolare, ancora da portare in Aula. Chiunque fa suo il motto, da destra a sinistra - "i campi vanno chiusi" - il tema si scalda puntualmente in campagna elettorale, ma nessuno agisce. E mentre il commissario Tronca ha emesso l'ennesimo bando per la gestione dei campi, gli stessi da chiudere, fino al 2018, le favelas restano dove sono. Al prossimo sindaco la piaga da curare, e alcune linee guide, proposte dall'associazione, per raggiungere l'obiettivo.  

QUATTRO AZIONI PER IL SUPERAMENTO - L'agenda si articola in quattro macro azioni, sottoscritte da tredici intellettuali e realizzate in collaborazione con Tommaso Vitale, professore associato di Sociologia all'università La Sorbona. Si parte con un'analisi del fenomeno e delle risorse, che preveda una mappatura delle baraccopoli e il censimento delle molteplici e diversificate soluzioni abitative da offrire alle famiglie, a seconda dei loro bisogni. Si prosegue con la regolarizzazione giuridico amministrativa, tramite il coinvolgimento di Prefettura, Questura, Ambasciate e Consolati, degli abitanti delle baraccopoli, e con l'adozione di linee guida in materia di sgomberi. Terzo punto l'elaborazione di un piano strategico in cui fondamentale sarà il monitoraggio delle azioni realizzate. Il tutto lavorando in parallelo a una quarta fase che, secondo il quadro forniti dagli attivisti, si rivelerà centrale: la costruzione del consenso attraverso il dialogo con media e società civile. Da qui il cambio di linguaggio. 

DA ROM A BARACCATI - "In campagna elettorale ai candidati sindaco viene puntualmente chiesto come pensando di affrontare il problema dei rom - ha spiegato il presidente della 21 Luglio, Carlo Stasolla - ma una domanda di questo tipo ha al suo interno la trappola dell'etnicità. Quando si è messa definitivamente la parola fine sulle baraccopoli romane, il sindaco Petroselli non si è mai posto la questione dell'origine etnica delle persone, ma ha pensato a garantire un alloggio dignitoso a tutti i cittadini che non sono in grado di averlo". E allora la domanda dovrebbe forse essere un'altra: "Qual è il suo programma sulle baraccopoli?", quelle che non sono più abitate dai migranti del secondo dopoguerra arrivati in massa dal sud d'Italia, ma che ancora sono in piedi, semplicemente popolate da cittadini di diverse origini, molti nati e cresciuti in Italia. 

"Il fenomeno delle baraccopoli, dove per trent'anni hanno vissuto circa 100mila baraccati italiani, non si è esaurito negli anni '80 con l'abbattimento delle ultime baracche. Anche oggi, circa 8mila persone tra cittadini italiani, comunitari ed extracomunitari vivono nelle baraccopoli romane". D'altronde, l'agenda presentata si attiene alla definizione di "baraccopoli" fornita dall'Agenzia delle Nazioni Unite UN-HABITAT: "Luoghi svantaggiati ed emarginati caratterizzati da una condizione di povertà e da grandi agglomerati fatiscenti, estromessi dai principali servizi base, i cui abitanti non hanno la sicurezza del possesso e sono esposti a sgomberi, malattie e violenza". Un'istantanea dei campi romani. Cambiare l'approccio dunque, da etnico a sociale, per cambiare la costruzione del consenso è la direzione suggerita, nel tentativo di allontare dalle buone pratiche diffidenza e sospetto. 

LE RISPOSTE DEI CANDIDATI - I candidati presenti in aula sembrano recepire il messaggio. "Il piano della 21 Luglio sostanzialmente ricalca a grandi linee quella che è la strategia europea per il superamento dei campi rom - commenta a margine Virginia Raggi, M5S - noi da quando siamo all'opposizione abbiamo sempre spinto per far applicare queste linee guida e continueremo in questa direzione: superare i campi rom perchè costituiscono un problema sociale ed economico". 

Sulla stessa linea anche lo sfidante dem: "La 21 Luglio è un'associazione che affronta questo problema alla radice e in un contesto molto interessante legato al fenomeno sociale e non etnico, che mi sembra un'impostazione assolutamente giusta e realista". Poi le mani avanti: "Prima di parlare voglio studiare, perchè sono cose importanti, una visione anche diversa rispetto a quella che c'è stata negli anni scorsi, che va approfondita". E la promessa: "Sicuramente li convocherò per parlarne attraverso i tavoli del programma che sto mettendo in piedi per realizzare alcuni punti. E poi, dopo che ci avrò parlato e avrò studiato le loro carte- sicuramente qualcosa nel mio programma di queste idee ci sarò".

Quota invece senza perplessità il candidato di estrema sinistra: "Il tema dei campi rom, che da oggi mi impegno a chiamare baraccopoli, non va affrontato come problema etnico ma come problema sociale. Il mio impegno è quello di chiudere i campi e recuperarli attraverso un progetto che interviene su più fronti: la proposta dell'Associazione 21 Luglio mi sembra convincente e sottolineo che alla fine del percorso spenderemo meno di quello che oggi l'amministrazione comunale spende per tenere aperti i campi". 

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