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Sabato, 20 Aprile 2024
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Buono casa, non solo famiglie senza più assegno: oltre alla decadenza (o lo sfratto) l'incubo di dover restituire il denaro

Le famiglie con i contratti di oltre 5 anni non ricevono più l'affitto. Ad alcune di loro sono arrivate anche lettere di decadenza dall'assistenza

Non solo la mancata proroga del buono casa che ha reso decine di persone morose verso i proprietari dei rispettivi appartamenti. Nelle ultime settimane alcune delle famiglie in emergenza abitativa beneficiarie della misura di assistenza del Comune si sono viste recapitare a casa dalla polizia locale anche comunicazioni di “avvio del procedimento di revoca” per perdita dei requisiti emesse dagli uffici competenti all’interno del dipartimento Politiche abitative. Così, oltre alla sospensione del pagamento dell’affitto allo scadere dei cinque anni, ora c’è anche chi rischia di vederselo sospendere prima con tanto di richiesta di restituzione delle somme che per gli uffici capitolini risultano non dovute.

Il buono casa è un contributo economico che destina fino a 800 euro al mese per le spese dell’affitto a persone in disagio abitativo. Era stato introdotto nel 2014 dall’amministrazione di Ignazio Marino con l’obiettivo di creare una misura di assistenza abitativa temporanea alternativa ai costosi residence, che nei piani dell’amministrazione andavano chiusi. Il buono casa, della durata di cinque anni, aveva l’obiettivo di mirare alla “autonomizzazione” di famiglie “oggettivamente non in grado di sostenere le spese del canone di locazione”, si legge nel Piano di intervento firmato al tempo. In totale sono circa 500 i contratti stipulati grazie al buono casa anche se la misura non è bastata a svuotare i residence dal momento che molte famiglie non sono riuscite a trovare proprietari di casa che si sono fidati della garanzia dell’amministrazione comunale.

Oggi il buono casa non viene più erogato così, come già raccontato da Romatoday nelle scorse settimane, allo scadere dei cinque anni dei contratti le famiglie si ritrovano senza sostegno. Sotto sfratto. Agli inquilini non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale. Quanti hanno sollecitato via mail gli uffici si sono sentiti rispondere che il Campidoglio “non è più tenuto a corrispondere il canone di locazione alla parte locatrice”. Quasi tutti, non avendo i mezzi economici per pagarsi autonomamente l’affitto, sono morosi ormai da alcuni mesi.

Nelle ultime settimane alcuni degli inquilini assegnatari dell’assistenza alloggiativa si sono visti recapitare comunicazioni di “avvio del procedimento di revoca” per perdita dei requisiti. Romatoday ne ha potuti visionare due: una è arrivata a una famiglia con il contratto già scaduto, quindi già morosa da qualche mese, la seconda a un nucleo il cui contratto scadrà a dicembre. Per entrambi la motivazione è: reddito superiore ai 18mila euro.

Ė il caso di Maria, che vive sola con le sue due figlie. Usiamo un nome di fantasia perché Maria, questo il suo racconto, è finita in un appartamento pagato con il buono casa per uscire da una situazione di violenza domestica che l’aveva portata, tra le altre difficoltà, anche allo sfratto e al trasferimento “per sei mesi” in un centro antiviolenza. Oggi vive in un appartamento insieme alle sue due figlie di 20 e 18 anni, che al momento dell’erogazione del buono casa, cinque anni fa, erano minorenni. Maria racconta che “è stata l’assistente sociale a indirizzarmi verso il buono casa”. Qualche giorno fa le è arrivato un avvio del procedimento di decadenza con tanto di richiesta delle somme non dovute.

Secondo i controlli del dipartimento i redditi del 2018 e del 2019 erano superiori ai 18mila euro, la soglia di reddito fissata per poter accedere all’aiuto economico. “Nel 2018 il mio reddito era inferiore, mentre nel 2019 l’ho superato per meno di 200 euro”, racconta. Non solo. “A dicembre ho perso il lavoro e da marzo io e le mie figlie viviamo con un assegno di disoccupazione da 800 euro. La mia figlia più grande ha seri problemi di salute mentre quella di 18 anni ha appena finito il liceo e vorrebbe iscriversi all’università ma in questa situazione non so se ci riusciremo”. Maria lavorava come cameriera nel settore alberghiero. “In questo momento non riesco a trovare un altro lavoro. Come possiamo pagare un affitto autonomamente in queste condizioni?”.

Come tutte le persone in assistenza alloggiativa, Maria è in attesa di una casa popolare, “ma non so se arriverà mai”. Gli ultimi anni, prima della perdita del lavoro, sono stati sereni: “Avevo trovato un lavoro e il buono casa ci garantiva un tetto sulla testa. Sembrava che tutto stesse andando per il meglio. Ma ora questa lettera ha rovinato tutto”.
Il caso di Maria è seguito dal sindacato Unione Inquilini che bolla la comunicazione come “priva di ogni fondamento”. Dichiara il segretario romano Fabrizio Ragucci: “Ancora una volta rispondiamo al dipartimento Politiche abitative chiedendo di rispettare le delibere. Sono pervenuti presso i nostri uffici diversi inquilini con una revoca priva di ogni fondamento. La decadenza del buono casa infatti è pari al bando Erp. Piuttosto siamo ancora in attesa di capire se questa misura verrà prorogata o se a settembre ci ritroveremo a dover affrontare questa ulteriore emergenza che coinvolge 500 famiglie”.

Il riferimento è al contenuto della delibera 150 del 2014 che riporta: “L'erogazione del buono casa è revocata immediatamente a seguito della perdita del possesso dei requisiti per l'assegnazione di alloggio di Edilizia residenziale pubblica”. Il reddito per la decadenza è quindi più alto del 40 per cento dei 18mila euro previsti per l’accesso più 2 mila euro per ciascun familiare a carico convivente fino ad un massimo di detrazione di 6 mila euro.

Per il sindacato Asia Usb, che sta seguendo altri casi, “è ormai chiaro che il buono casa è un provvedimento fallimentare che non garantisce nemmeno la permanenza nella graduatoria per l’assegnazione di una casa”, le parole di Maria Vittoria Molinari. “Non è possibile scaricare su chi ha già difficoltà abitative ulteriori difficoltà nel cercare un alloggio privato. Siamo d’accordo con la chiusura dei residence ma va pensato un provvedimento in grado di dare risposte. Il 31 dicembre finirà la sospensione degli sfratti e il Comune di Roma non è pronto”.

Intanto, anche chi non ha ricevuto la lettera che comunica l’avvio di procedimento di decadenza del contributo ha paura. C’è chi vive con gli occhi sul calendario nella speranza che prima dello scadere dei cinque anni di contratto sia già arrivata la proroga della misura oppure sia arrivato il momento dell’assegnazione di una casa popolare. E chi ha il contratto già scaduto da mesi e ora deve affrontare una relazione sempre più difficile con il proprio proprietario di casa in attesa del momento dello sfratto. 

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