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Fallito il 'buono casa' per gli sgomberati, il Comune lo alza a 700 euro al mese

Con una delibera del 21 febbraio la giunta ha "adeguato" il provvedimento di agosto: "Non era allineato al mercato"

Il ‘buono casa’ destinato alle famiglie residenti negli immobili occupati da sgomberare passa da 516 a 700 euro. Lo ha stabilito la giunta guidata da Virginia Raggi con una delibera approvata il 21 febbraio 2019 con la quale è stato integrato provvedimento varato nell’agosto del 2019 che, pochi giorni dopo l’operazione delle forze dell’ordine all’ex scuola di Primavalle, metteva a disposizione delle famiglie un “contributo economico mensile” per affittare autonomamente un’abitazione sul libero mercato.

La misura non ha funzionato. Le famiglie sgomberate che hanno diritto al contributo, quindi con redditi bassi, dovrebbero trovare autonomamente sul mercato un immobile in affitto e, contratto alla mano, ottenere dal Comune l’erogazione del contributo. Come raccontato dai diretti interessati, la mancanza di garanzie economiche delle famiglie e la sfiducia verso un contributo erogato dall’amministrazione comunale, per di più troppo basso rispetto a quanto richiesto nella capitale per affittare un alloggio, hanno portato la misura al fallimento.

A sei mesi di distanza il Campidoglio correi ai ripari e prova a sbloccare la situazione alzando il contributo di 184 euro. La spesa complessiva prevista per il prossimo quadriennio, dal 2020 al 2023, è di 2 milioni e 950mila euro: 550 mila euro per il 2020 e 800mila euro per ognuno dei tre anni rimanenti. I fondi verranno erogati dai municipi.

Non solo. La giunta ha anche dato mandato al dipartimento Patrimonio e Politiche abitative di individuare “alcuni immobili erp di metratura idonea a rendere possibili forme di co-housing”. Queste case, si legge nella delibera, non saranno destinate solo alle famiglie che verranno sgomberate nei prossimi mesi ma servono anche per “l’urgenza non più procrastinabile di provvedere alla allocazione temporanea delle fragilità censite dai municipi” e “già in carico all’amministrazione attraverso il servizio di prima assistenza”. Per loro si chiede di indicare gli alloggi “per il co-housing più adeguato ai singoli nuclei”.

La decisione del Campidoglio si inserisce all’interno del piano di sgomberi per una lista di 12 immobili occupati da famiglie di senza casa sul tavolo della Prefettura ormai da mesi. Il quadro, come richiamato anche nella delibera, è quello del cosiddetto decreto Sicurezza e immigrazione approvato nel dicembre del 2018 dal governo giallo-verde che dà il via libera agli sgomberi e concede 90 giorni di tempo a una una cabina di regia convocata dal prefetto con gli enti locali interessati per “assicurare i livelli assistenziali” dei “soggetti in situazioni di fragilità che non sono in grado di reperire autonomamente una sistemazione alloggiativa alternativa”. Come emerso dai censimenti effettuati negli immobili occupati la maggior parte delle famiglie che vi abitano hanno redditi bassi e sono in lista di attesa per l’assegnazione di una casa popolare, che a Roma conta ben oltre 13mila famiglie e un’attesa lunga anni.

La prefetta di Roma, Gerarda Pantaleone, ha da mesi pronto il prossimo sgombero, quello degli ex uffici di viale del Caravaggio, a Tor Marancia, dove vivono oltre 300 persone, tra cui un’ottantina di bambini. L’operazione era già stata fissata per la fine di gennaio ed è slittata solo di fronte all’impegno di Comune e Regione di trovare alternative in tempi certi. Nella legge sul collegato al Bilancio la Regione ha aperto alla possibilità di destinare in via temporanea alle famiglie in emergenza abitativa il dieci per cento delle case popolari da assegnare. Il Comune ha contribuito con il ‘sostegno all’affitto’ che, però, nei mesi scorsi ha dato prova di essere inefficace in quanto, si legge nella delibera, “non allineato all’attuale mercato”.

L’obiettivo è evitare uno sgombero senza alternative come avvenuto il 15 luglio del 2019 a Primavalle quando alle persone sono stati offerti solo posti nei centri di accoglienza per senza tetto. Un circuito ormai “saturo” che costa all’amministrazione comunale poco meno di 20 euro a persona al giorno, oltre duemila al mese per un famiglia di quattro persone, e obbliga le persone accolte a vivere in spazi ridotti, senza accesso autonomo a una cucina, senza spazi per lo studio e per il gioco e senza una piena autonomia di orari. Ancora oggi circa ottanta persone, tra cui molti bambini, vivono in queste condizioni.

La misura ha sollevato le polemiche di alcuni esponenti di centrodestra. “700 euro al mese per pagare l'affitto a chi lascia un immobile occupato abusivamente? Pronto l'esposto alla Corte dei Conti”, la dichiarazione del consigliere capitolino della Lega Davide Bordoni. “Si tratta di un vero e proprio reddito di illegalità”, aggiunge la consigliera regionale della Lega, Laura Corrotti. “Tutto questo alla faccia delle migliaia di famiglie che attendono da anni una casa popolare e che si vedranno scavalcare nelle graduatorie da chi ha occupato illegalmente”.

Non è mancata la replica dell’assessora alle Politiche abitative e Patrimonio, Valentina Vivarelli, su Facebook: il contributo è “destinato solo ai nuclei in fragilità accertata che dimorano presso i locali oggetto degli sgomberi programmati e diretti dalla Prefettura di Roma” ed è di “natura temporanea”, scrive. “I circuiti comunali dell'assistenzialismo sociale arrivano a costare all'amministrazione anche oltre 800 euro al mese per una singola persona, mentre il contributo economico di sostegno all'affitto riguarda l'intero nucleo famigliare e non supera il tetto massimo di euro 700 mensili. Uno strumento di natura temporanea finanziato con fondi vincolati all'emergenza abitativa, erogato solo a fronte di un regolare contratto di locazione che il beneficiario stipula autonomamente”. Poi conclude: “Il Comune è tenuto per legge ad occuparsi delle fragilità interessate dagli sgomberi”.

Il deputato di Leu e consigliere di Sinistra per Roma, Stefano Fassina, commenta così: “Continua incessante l'offensiva propagandistica della destra romana contro minimali interventi per il diritto all'abitare compiuti negli ultimi giorni dalla Regione e dal Comune. Per la destra, sempre dalla parte dei palazzinari, chi ha occupato è sempre e comunque un delinquente, anche se ha dovuto occupare per necessità, dopo aver perso il lavoro, dopo aver subito uno sfratto per morosità incolpevole, dopo aver atteso anni in lista di attesa per un appartamento di edilizia residenziale pubblica”. 

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