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Rom, il bando di Tronca: tra mercatini legalizzati e borse lavoro l'integrazione torna in mano alle coop

I campi rom non si chiudono, almeno fino al 31 dicembre 2017. Il nuovo bando in scadenza il 21 marzo prevede, ancora una volta, l'affidamento dei 'villaggi attrezzati' a società e cooperative

Villaggi aperti per altri due anni, consegnati a cooperative pagate per promuovere l'inclusione sociale, con servizi già ampiamente sperimentati e, per lo più, bocciati. Con il nuovo bando per la gestione dei campi rom, la storia si ripete. E se tra Mafia Capitale che sulla comunità ha fatto affari d'oro e le ammonizioni dell'Europa per violazione dei diritti umani, la chiusura degli insediamenti poteva darsi per scontata, il Comune sembra muoversi al contrario.  

In scadenza il 21 marzo, la gara voluta dal commissario Tronca è finalizzata "all'affidamento del servizio gestionale sociale, formazione lavoro, interventi di piccola manutenzione e del servizio di vigilanza dei villaggi della Capitale". Sei lotti per altrettanti 'villaggi attrezzati' (Castel Romano, Lombroso, Salone, Candoni, La Barbuta, Gordiani) e un totale di 5 milioni di euro per 21 mesi di gestione, dal 1 aprile 2016 al 31 dicembre 2017, a società e o cooperative con i requisiti richiesti (prioritario "aver realizzato negli ultimi tre esercizi (2012/2013/2014) un fatturato per servizi analoghi al settore oggetto della gara non inferiore al 20% dell'importo a base di gara del lotto") e l'offerta più vantaggiosa.

Le parole "fuoriuscita dai villaggi" vengono ripetute più volte nei capitolati di gara. Il traguardo finale dovrebbe essere quello. Ma poi, alla voce "promozione sicurezza" si legge anche di stretta sulla vigilanza, pass orari per gli ospiti, database con registrazione degli abitanti, monitoraggio su chi si assenta per più di 48 ore, controlli su chiunque varchi l'ingresso presidiato h24. Insomma, si rafforza la cortina di ferro, ma pur sempre ribadendo che "l'obiettivo fondante del bando è il superamento della logica del Villaggio in quanto luogo che rappresenta una condizione di isolamento e che riduce le possibilità di inclusione sociale ed economica delle comunità". E allora nell'elenco di azioni richieste alla coop vincitrice non mancano "progetti di integrazione scolastica, sociale e sanitaria", "percorsi di sostegno alla genitorialità", "front office per l'orientamento", uno "sportello di consulenza legale". Tutte iniziative già previste nei progetti di chi i campi li avuti in mano per anni. Si aggiungono i "corsi di formazione al rispetto delle cose altrui" e quello per accedere più facilmente al Fondo Sociale Europeo. 

Poi abbiamo il capitoletto dedicato alla "promozione lavorativa". Gli operatori che lavoreranno nei campi si occuperanno dell'erogazione "di borse lavoro" ai rom, con "tirocini lavorativi e contratti di apprendistato" tramite "la creazione di percorsi di orientamento". Nel dettaglio verranno individuati 25 soggetti destinatari delle borse, e attivata un rete territoriale con aziende, servizi sociali e territoriali. Il contributo per il lavoratore è di 400 euro al mese. Ma anche qui, abbiamo esempi già testati con scarsi risultati. A Salone, come indicato sul sito internet della cooperativa Ermes che già lo gestisce, dovrebbero essere attivi progetti di inserimento nel mondo del lavoro all’interno e all’esterno dell’insediamento e formazione "on the job". Ma niente del genere fa del campo un esempio di integrazione e inclusione sociale. 

Sempre sul fronte occupazione, abbiamo i "progetti volti al recupero di cose usate, attraverso l’organizzazione di mercatini". Una sorta di "legalizzazione" dei suk che invadono i marciapiedi romani puntualmente sgomberati dai vigili urbani. Senza dimenticare quella che forse, così esplicitata, rappresenta l'unica vera novità: i percorsi "di inclusione abitativa, che possono comprendere l’autocostruzione o auto-realizzazione sostegno nella ricerca di abitazioni ordinarie private per la stipula di contratti di affitto, di casolari/cascine in disuso; sostegno per l’assegnazione in abitazioni ordinarie pubbliche (case popolari, ndr)". Strumenti da sempre al centro del dibattito su modelli di integrazione alternativi ai campi, ma al di fuori del quadro di gestione delle coop e inseriti all'interno di un piano organico concreto.

Risultato? Siamo punto e a capo, nonostante l'ordinanza della seconda sezione del Tribunale Civile di Roma che, a maggio scorso, ha definito "discriminatorio" il comportamento attuato all'interno de La Barbuta, uno dei villaggi da affidare con il bando. Tronca ai giudici ha risposto vincolando tre milioni di euro di fondi europei per chiudere il campo di Ciampino. Ma tempi e progetti ancora non esistono, spetteranno forse al futuro sindaco. Intanto usiamo le risorse comunali, torniamo indietro alla preistoria, e i villaggi li teniamo in vita. Sempre che il primo cittadino, chiunque sarà, non decida di cambiare strategia, revocando le assegnazioni in caso di aggiudicazione provvisoria o procedendo con la sospensione della gara in autotutela in caso di aggiudicazione definitiva. 

"Con questo bando si torna indietro di due anni quando, prima che scoppiasse Mafia Capitale, un fiume di denaro pubblico serviva a mantenere e consolidare il sistema campi senza che si prospettasse alcun cambiamento". Duro il commento di Carlo Stasolla, presidente dell'associazione 21 Luglio: "Abbiamo però la convinzione che il bando andrà deserto perché riteniamo che all’interno delle organizzazioni che si muovono attorno alla questione rom di Roma sia maturata un’etica sociale unita alla consapevolezza che sia più utile destinare 5 milioni di euro al superamento dei campi, (stimiamo che con quella cifra si possano chiudere un paio di mega insediamenti storici della Capitale attraverso processi inclusivi che coinvolgano almeno 250 famiglie), piuttosto che a coprire per 21 mesi gli stipendi di 96 operatori precari delle associazioni del Terzo Settore, senza che nulla vada a beneficio né dei rom, né dei romani che vivono attorno alle baraccopoli. Sarebbe gravissimo se ciò non avvenisse! Senza dimenticare, poi, che il bando presenta profili di incostituzionalità che in qualunque momento, potrebbero essere impugnati nelle aule giudiziarie". 

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