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Affrancazioni, pubblicato il decreto con le nuove regole per rimuovere i vincoli di prezzo dalle case 'agevolate'

A quasi due anni dall'approvazione della legge, c'è il decreto attuativo del Mef che che stabilisce le modalità dell’affrancazione sia dal prezzo di cessione sia dal canone di locazione

A quasi due anni dall’approvazione della legge che ha permesso di rimuovere il vincolo del prezzo dagli immobili di edilizia agevolata anche a persone “non più titolari di diritti reali sul bene immobile”, il 10 novembre è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto ministeriale che stabilisce le modalità dell’affrancazione sia dal prezzo di cessione sia dal canone di locazione. Le modifiche erano state introdotte con il decreto Fiscale approvato a fine 2018 e andava a modificare l'articolo 31 della legge 448 del 1998.

Per capire il peso di questo decreto è necessario inquadrare il contesto. La vicenda riguarda case realizzate da privati e finanziate in parte con soldi pubblici su terreni di proprietà comunale vendute a prezzi agevolati proprio perché destinate a famiglie con redditi bassi. Dopo la prima cessione a prezzo agevolato questi appartamenti sono stati venduti per anni a prezzi di mercato. Il Comune rilasciava i nulla osta. I notai rogitavano. I cittadini che hanno venduto hanno più volte dichiarato di aver seguito la prassi che gli era stata indicata. Tutto questo a Roma è continuato nonostante la legge che permette di liberare gli immobili dal prezzo massimo di cessione versando una quota al Comune di appartenenza, l’affrancazione, è stata introdotta nel 2011.

Tutto cambia nel settembre del 2015 quando una sentenza delle Sezioni unite della Cassazione ha invece smentito questa interpretazione delle leggi in materia e sostenuto che il valore calmierato non si esaurisce alla prima vendita ma segue l’immobile proprio per mantenere le finalità dell’intervento pubblico. Migliaia di famiglie si sono ritrovate proprietarie di alloggi pagati a prezzi di mercato ma dal valore ‘agevolato’, pari a circa un terzo. Centinaia di acquirenti hanno così iniziato a fare causa ai venditori chiedendo indietro la differenza tra quanto pagato e il prezzo di cessione stabilito per legge. Molti importi superavano i 200mila euro. 

In questo contesto è maturato l’emendamento a firma Movimento cinque stelle, che al tempo era in maggioranza con la Lega, che ha stabilito che anche i venditori, pur non essendo più proprietari del bene, possano pagare l’affrancazione. Una decisione finalizzata a fermare le richieste di rimborso in tribunale e con valore retroattivo, applicabile “anche agli immobili oggetto dei contratti stipulati prima dell'entrata in vigore del presente articolo”.

Il ministero dell’Economia riferisce che “il cosiddetto decreto 'Affrancazioni' intende chiarire diverse incertezze applicative generate dalle disposizioni vigenti sulla materia, che coinvolge circa 3.660 comuni italiani, risolvendo annose controversie legali, al fine di favorire la circolazione di questi beni e tutelare gli interessi dei privati interessati, fra i quali anche i terzi acquirenti”, si legge in una nota. Il regolamento, spiega ancora il Mef, punta a una “maggiore uniformità su tutto il territorio nazionale delle modalità di calcolo per la determinazione del corrispettivo dovuto al Comune”. 

Il corrispettivo, si legge nel decreto, è pari al cinquanta per cento di quanto previsto dalla legge 448 del 98 ed è ridotto in base al numero degli anni trascorsi dalla stipula della convenzione (il coefficiente per la riduzione è calcolato tra la differenza del numero degli anni della convenzione e quello degli anni trascorsi dalla stipula). 

Il decreto, spiega ancora il Mef, prevede “la possibilità per il Comune di concedere ai privati una dilazione di pagamento del corrispettivo tramite rateizzazione, previa presentazione di una garanzia fideiussoria”. In caso di concessione della dilazione, “la stipula e la trascrizione della convenzione di rimozione del vincolo possono essere effettuate dopo il pagamento della prima rata”.

Inoltre “il decreto dispone che i Comuni garantiscano la tempestiva pubblicità nei siti istituzionali delle procedure, della modulistica e dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione del regolamento e che”, continua la nota del Mef “per accelerare e semplificare le procedure, i Comuni stessi adottino schemi di convenzione-tipo di rimozione dei vincoli”. 

Viene infine prevista la “cessazione del vincolo alla scadenza della concessione tra le parti e l'eventualità per gli uffici comunali competenti di tener conto anche del valore OMI (Osservatorio del Mercato Immobiliare) per definire i criteri di stima del valore delle aree”. 

Si stima che a Roma siano state coinvolte circa 250mila abitazioni. Sette mila sono le pratiche di richiesta di affrancazione depositate presso gli uffici del dipartimento Urbanistica del Comune di Roma. Nei circa due anni trascorsi tra l’approvazione della legge e il decreto che l’ha resa applicabile l’amministrazione comunale ha lavorato solo le pratiche di affrancazione più urgenti, sulla base della delibera 116 del 2018 mentre tutte le altre sono rimaste in attesa. Martedì scorso, nel corso di una commissione Urbanistica sul tema, l’assessore Luca Montuori ha spiegato che le determine dirigenziali necessarie a recepire quanto previsto dal decreto sono già pronte così da garantire continuità a partire dal 25 novembre, data di entrata in vigore del decreto.

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