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Perché gli ambulanti di Roma stanno protestando contro Virginia Raggi

Prima la proroga fino al 2032 fissata dal Governo centrale, poi la scelta della sindaca di mettere le licenze a bando. Le ragioni della mobilitazione che va avanti da settimane

Non molleranno finché dalla sindaca Virginia Raggi non otterranno un passo indietro. I ricorsi al Tar delle associazioni di categoria sono già partiti. Hanno protestato sotto il Campidoglio, sotto il dipartimento Commercio in via dei Cerchi, oggi hanno occupato piazza Venezia paralizzata da 150 furgoni parcheggiati e forze dell'ordine schierate. A loro la solidarietà di tutte le forze di opposizione. Così gli ambulanti di Roma stanno bloccando la città. Tutti contro la scelta annunciata da Raggi di mettere a bando le loro licenze. Una giravolta che nessuno si aspettava, perché le proroghe erano già partite e già stabilite fino al 2032 dal Governo centrale. Ma cerchiamo di capire meglio. 

L'annuncio di Raggi: "Garantiamo libera concorrenza"

"La proroga fino al 2032 delle licenze non è legittima. Lo ha stabilito l'Autorità Garante per la concorrenza. Abbiamo chiesto subito a dipartimenti e municipi di revocare le proroghe e procedere con i nuovi bandi. Sarà una vera rivoluzione per il settore". È questa la frase scritta sui social network lo scorso 19 febbraio che ha scatenato il putiferio. Raggi, affidandosi a un parere del Garante per la concorrenza decide e annuncia che le concessioni che permettono agli ambulanti di lavorare sul suolo pubblico della città, nei mercati e nelle posteggi dedicati a rotazione, verranno messe a bando. Una scelta che però entra in contrasto con quanto già stabilito dal Governo centrale e già recepito a inizio 2021 sia dall'amministrazione regionale che da quella capitolina. 

Così la sindaca ignora una legge dello Stato

Con la legge di bilancio del 30 dicembre 2018, gli operatori commerciali su area pubblica sono stati esclusi dall'applicazione della direttiva 2006/123/CE altrimenti detta direttiva Bolkestein, norma comunitaria che prende il nome dell'allora Commissario europeo alla concorrenza. In sintesi, imponeva la liberalizzazione dei servizi nel mercato interno dell'Unione. Entro maggio 2017 gli Stati membri avrebbero dovuto rimettere a bando le concessioni rilasciate negli anni dagli enti locali, dando la possibilità di aprire un'attività commerciale su area pubblica a tutti i cittadini europei, senza limite di nazionalità, in un qualunque Paese dell'area Ue (qui tutto sulla Bolkestein).

Tale direttiva è stata recepita nell'ordinamento italiano con il decreto legislativo n. 59 del 2010 ma finora non è mai stata applicata per una serie di proroghe concesse dai governi. In primis quelli a maggioranza M5s. Che alla fine hanno escluso gli operatori di commercio su area pubblica dalla direttiva con la legge di bilancio votata il 30 dicembre 2018. Per poi con il decreto rilancio di fine novembre 2020 fissare una proroga per concessioni di 12 anni, fino al 31 dicembre 2032. A tale decisione è seguita a fine 2020 prima una deliberazione regionale poi a seguire un atto di Roma Capitale emanato dal dipartimento Commercio, entrambi in conseguenza appunto di disposizioni governative. L'iter burocratico per la proroga era già partito, quando Raggi, alla luce del parere richiesto al Garante, ha stoppato tutto. 

Le contestazioni a Raggi 

"Così viola una legge dello Stato" le stanno contestando sia i rappresentanti di categoria che le forze di opposizione in Campidoglio. "Stiamo rischiano una valanga di ricorsi amministrativi". E ancora: "Non esiste un pronunciamento della Corte costituzionale in merito". Insomma, al di là delle questione in sé, se sia giusto o meno mettere mano alle licenze del settore, quel che le viene contestato è che la procedura sul piano giuridico sia corretta e applicabile. 

Raggi al momento ha ignorato le proteste e ha comunque dato mandato agli uffici di stoppare le proroghe. Dello scorso 5 marzo una nota interna arrivata dal dipartimento Commercio sia ai direttori dei 15 municipi di Roma che alle associazioni di categoria: al momento le concessioni risultano scadute al 31 dicembre 2020. E tutte le pratiche legate a nuove richieste di autorizzazione, istanze e Scia, sono ferme, come riportano gli uffici. "Si comunica, con decorrenza immediata - si legge nella nota in questione - che tutte le istanze e le scia presentate/inviate a questo Ufficio e riferite alle consuete attività di gestione degli attuali Gruppi rotativi, saranno archiviate in quanto irricevibili, poiché riguardanti titoli concessori/autorizzatori non più validi in quanto decaduti il 31.12.2020". Anche qui il rischio è di essere letteralmente sommersi da ricorsi amministrativi da parte dei titolari. 

Quando i grillini erano no Bolkestein 

Il tutto senza contare il cambio in corsa sul piano politico. Ricordiamo che l'attuale amministrazione capitolina è sempre stata più che contraria alla direttiva Bolkestein e lo ha sempre manifestato. Sia i Cinque Stelle nazionali - ricordiamo Luigi Di Maio nel 2016 a fianco degli operatori "no Bolkestein" in piazza - che gli esponenti romani. Sempre nel 2016 Andrea Coia, allora consigliere oggi assessore al Commercio, presentava una mozione approvata dall'Assemblea capitolina che recitava così: "Impegno per la Sindaca ad attivarsi presso il Governo al fine di ottenere una proroga delle concessioni dei posteggi su aree pubbliche fino all’anno 2020 e  affinché utilizzi tutti gli strumenti idonei alla modifica della parte relativa al commercio su aree pubbliche della direttiva 2006/123/CE (c.d. "Bolkestein") e del decreto legislativo n. 59/2010 che la recepisce". Una conversione totale e inaspettata quella dei pentastellati, ora devoti ai principi della libera concorrenza. 

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