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Venerdì, 19 Aprile 2024

Valerio Valeri

Giornalista

La burocrazia “scompare” solo quando si paga? Il Comune si ricordi di tutti i romani

Il nuovo sistema informatico che abbatte i tempi per le affrancazioni dal prezzo massimo di cessione è una piccola grande svolta. Ma restano fuori migliaia di persone che hanno avanzato richiesta tra il 2017 e il 2019 e ancora non hanno avuto risposta

Il Comune di Roma negli ultimi sei mesi ha lavorato alla definizione di un sistema informatico per velocizzare la lavorazione delle pratiche per l’affrancazione, uno degli incubi peggiori per chi è proprietario di una casa costruita in un piano di zona. Ricordo a chi legge che circa 250.000 romani sono alle prese con un vincolo che impedisce loro (almeno teoricamente) di vendere o affittare casa a prezzo di mercato, proprio perché lo scopo del piano di zona è quello di dare un tetto sulla testa a cifre agevolate a chi non è abbastanza povero per un alloggio popolare ma neanche abbastanza “ricco” per investire sul mattone a prezzi liberi. 

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Il "bubbone" delle affrancazioni mai lavorate

Tra il 2020 e il 2021, nella fase di passaggio tra l’amministrazione Raggi e quella Gualtieri, il “bubbone” delle pratiche di affrancazione non lavorate è esploso: oltre 8.000 documenti non lavorati che ingolfavano gli uffici del dipartimento di urbanistica, migliaia di famiglie con atti di compravendita bloccati, caparre perse, cause civili in corso, alle prese con richieste di risarcimento anche molto elevate. Un incubo molto poco trattato, molto poco considerato: d’altronde qualche migliaio di utenti, alla fine, quanti voti mai sposteranno? Eppure l’emergenza iniziava a diventare anche sociale. Così il nuovo assessore all’urbanistica, l’ex presidente del IV municipio Maurizio Veloccia, ha dato fondo a ogni soluzione: prima ha provato a infoltire gli uffici, anche se con scarsi risultati. Poi ha chiesto aiuto a Aequa Roma, tirando su una piattaforma digitale per eliminare le scartoffie e tagliare tutti i passaggi burocratici inutili. 

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Il nuovo sistema informatico che "premia" chi paga

Annunciata a novembre 2022, è entrata in funzione a gennaio 2023 e a quanto sostiene l’amministrazione, suffragata da testimonianze di tecnici professionisti, effettivamente velocizza il lavoro. Il SIAT, così si chiama, riduce i tempi un tempo biblici: addirittura da 14 mesi a 30 giorni, massimo massimo 90 quindi i termini imposti dalla legge. Il professionista carica la documentazione, il sistema corregge eventuali errori e in due settimane arriva la determina dirigenziale propedeutica all’appuntamento per stipulare l’atto tra Comune e proprietario: la casa è libera dal vincolo. Ovviamente il cittadino dovrà pagare l’affrancazione (che oramai si è di molto abbassata, passando da cifre inaudite superiori ai 15.000 euro ai più abbordabili 2-3.000 di media, dipende dalla metratura) ma anche il professionista che si prende la responsabilità di fare i calcoli dell’affrancazione al posto del Comune, che controllerà in un secondo momento procedendo – eventualmente – a chiedere integrazioni o andando a conguaglio. Certo è che più di qualcuno potrebbe storcere il naso e sentirsi “truffato”. Perché?

Non dimentichiamoci degli "ordinari" in attesa da 4 o 5 anni

Semplice, più o meno. Come dicevo, ad accedere a questo SIAT sono solo i professionisti. Solo ed esclusivamente loro, dopo apposita ed obbligatoria autenticazione sul sito del Comune di Roma. Questo perché ad essere lavorate sono solo ed esclusivamente le domande di affrancazione cosiddette semplificate, istituite dalla sindaca Virginia Raggi con una delibera del giugno 2020 in seguito ad un decreto emanato dallo stesso Roberto Gualtieri, attuale Sindaco, al tempo ministro dell’economia e delle finanze. Chi ha fatto domanda prima, con procedura cosiddetta ordinaria, è ancora in attesa. Dalla primavera 2022, in realtà, gradualmente chi ha presentato istanza nel 2017 sta ricevendo le determine dirigenziali (ciò vuol dire che ha atteso circa 5 anni), ma chi le ha fatte nel 2018 ancora no e men che meno quelli del 2019. Per loro la luce si vedrà dall’anno prossimo. E per vedersi lavorare la pratica in 15 giorni, invece che in 5 anni, cosa dovrebbero fare? Pagare. Sì, pagare un architetto o un geometra, un ingegnere. Insomma, un professionista che asseveri la loro domanda. La “scorciatoia”, che fino allo scorso anno comportava comunque un’attesa tra i 10 e i 12 mesi, potrebbe essere tranquillamente imboccata anche da coloro che sono ancora sospesi, in attesa di un cenno dal Comune. Ma c’è chi, per principio, ha scelto di non farlo. E come dargli torto? D’altronde loro a suo tempo fecero ciò che veniva richiesto e hanno gli stessi identici diritti di chi ha voluto e potuto pagare un tecnico. 

Bene che il Comune abbia messo pesantemente mano alle istanze semplificate, investendo denaro e risorse umane in una piattaforma innovativa. Ma non si dimentichi degli “ordinari”. Di chi aspetta una risposta da 4 o 5 anni.

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