"Danni a capodanno" al Teatro Trastevere
Tre coppie mal assortite fra di loro si incontrano ogni anno per festeggiare (rovinosamente) il capodanno. Nei tre anni si ritrovano nella cucina delle tre differenti case, frugando nell'intimità dei personaggi e negli aspetti più privati delle dinamiche di relazione. Il testo ci propone l'incontro fra queste coppie nel corso del tempo, illustrandoci con sadico cinismo come esse si trasformano e come si trasformano i rapporti fra di esse.
Apparentemente il testo sembra voler affrontare il tema della coppia, così caro all'autore, in realtà esso presenta però un personaggio "super partes" che sovrasta tutto l'andamento della commedia: la crudele macchina della società, intesa come piramide di ruoli e maschere che sancisce categoricamente e drasticamente il valore della persona. I personaggi, descritti a tinte forti come fossero fumetti, lottano così nella coppia - e la coppia nella società - per conquistare un posto nel quale essere riconosciuti e visti. La macchina della società tuttavia si muove ad un ritmo vorticoso e crudele che poco rispetta e ascolta proprio quei bisogni personali che vorrebbero invece essere riconosciuti e che spingono per essere visti.
Il ritmo diventa così per la compagnia la chiave di lettura per l'intero testo e motivo di studio e approfondimento, non ancora esaurito, ma che si propone di continuare a indagare. Lo spettacolo presenta momenti ritmici che si impongono sui personaggi e le loro storie involontariamente, come presagio di un meccanismo vorace che si cala dall'alto per divorare l'umanità di ciascuno. Il ritmo determina il battito della vita, ma se il ritmo diventa ossessione? Se diventa più importante la macchina degli ingranaggi che la compongono? Se la fragilità umana di ogni ingranaggio preme per essere ascoltata e accolta non si arriva fino al corto circuito che fa collassare l'intera macchina?
Marta Iacopini