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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Pasolini a 40 anni dalla morte: dal periodo monteverdino alle borgate di Roma est

Pasolini e Roma. Un ventennio sofferto e un rapporto irrisolto, di amore e odio, con la Capitale. Dall'arrivo al ghetto ebraico agli anni di Monteverde, i luoghi simbolo dell'intellettuale nella Città Eterna

Non aveva il sangue romano, ma con la Città Eterna il rapporto fu viscerale. Pier Paolo Pasolini trascorse quasi tutta la sua vita adulta a Roma, vi abitò dal 1950 al 1970. Un ventennio turbolento, fatto di lotte e denunce per affermare quella diversità che era poi cifra del suo sguardo sul mondo. 

E' nella Capitale che la sua vicenda biografica coincide appieno con la tumultuosa attività di scrittore, regista e intellettuale impegnato a testimoniare e a difendere, spesso anche in sede giudiziaria, l'omosessualità resa pubblica. Un cammino doloroso fino alla morte, per assassinio, la notte tra il 1 e il 2 novembre 1975, all'idroscalo di Ostia. 

Arrivò a Roma con la madre, nel gennaio del '50. L'inizio fu duro. Viveva a piazza Costaguti, al ghetto ebraico. Una piccola stanza in affitto e la difficoltà di trovare un lavoro che arrivò solo un anno dopo, un posto da insegnante in una scuola media di Ciampino. Nel frattempo comincia a scrivere, stringe amicizia con lo scrittore Sandro Penna e conosce Sergio Citti, operaio, amico inseparabile di passeggiate notturne sul lungotevere, e insegnante del dialetto romanesco, il suo "dizionario vivente". Dal '51 al '53 vive a Rebibbia, in via Giovanni Tagliere, poi il trasferimento a Monteverde, altro luogo simbolo del Pasolini romano. 

Qui cambiò due residenze, la prima in via Fonteiana, dal '53 al '59, la seconda in via Carini, dal '59 al '64. Celebri i riferimenti letterari al quartiere. A Monteverde Vecchio, elegante e liberty, abitavano le famiglie borghesi, mentre a Monteverde Nuovo, segnata dall’edilizia popolare del fascismo e dai primi cenni di speculazione del dopoguerra, abitavano proletari e sottoproletari, come i suoi "ragazzi di vita". A dividere i due quartieri, come una valle tra due lunghe montagne, il fosso di via di Donna Olimpia, cuore dei primi due capitoli del romanzo, intitolati "Ferrobedò" e "Il riccetto". Al periodo monteverdino seguì il trasferimento all'Eur, dal 1964 al 1970. 

40 ANNI DALLA MORTE--->TUTTI GLI EVENTI A ROMA

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LE BORGATE DEL CINEMA - Accanto alle residenze e alla vita di quartiere, alle apparizioni "mondane" da Trastevere al caffè Rosati di piazza del Popolo dove si incontrava con gli amici intellettuali, alle cene al celebre Pommidoro a San Lorenzo, ci sono i luoghi cinematografici, vissuti in prima persona. Accattone è un borgataro della borgata Gordiani. A via Fanfulla da Lodi, una traversa di via del Pigneto, c’era il bar che frequentava con gli amici, è qui che scatta la rissa tra lui e quelli che lo deridono per essersi davvero innamorato di Stella. Quando quest’ultima viene costretta a prostituirsi invece, Vittorio va a recuperarla sull’Appia Antica. E' la periferia est della città. Da via del Pigneto, attraversando via Casilina, arriviamo in via Tuscolana, passando all'altro celebre film di Pasolini, Mamma Roma, girato tra l’Appio Latino, il Quadraro e Cinecittà. 

Anna Magnani, che inizialmente abita a Casal Bertone, nel palazzo dei ferrovieri di Piazza de Cristofori, decide di rifarsi una vita e di aprire un banco di frutta al mercato di Via del Quadraro, in realtà a via Lucio Sestio. La casa è invece in via dei Treviri. Gli esterni, in cui seguiamo le avventure adolescenziali di Ettore, sono invece girati in gran parte nel Parco degli Acquedotti, che fa in realtà parte del più vasto Parco Regionale dell’Appia Antica.

E' la Roma delle borgate degli anni '60, zone di frontiera lontane anni luce dagli sfarzi della "dolce vita". Le borgate della Capitale sono un luogo da cui non si esce. Sono il passato e il futuro assieme. Un amore viscerale quello dell'intellettuale corsaro per quella periferia viva, verace, brulicante di umanità disperata.

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