Medea Voci di Christa Wolf al Teatro di Documenti
Attraverso le voci di Medea, Giasone, Agameda, Acamante, Leuco e Glauce la Wolf sente l’esigenza di mostrare un’ulteriore versione del mito che mostra Medea come curatrice piuttosto che infanticida, capro espiatorio di una società e una politica corrotta e arrogante.
Viviana Di Bert, che ricevette dalla stessa Wolf il suggerimento di interpretare lei stessa Medea, diventa in questo allestimento lo sguardo esterno della regista/autrice che sceglie per Medea una provenienza Rom. La regista sente il dover trattare del tema dello straniero accanto al tema dell’arroganza del potere patriarcale con una particolare urgenza. La storia di Medea raccontata da Christa Wolf è attuale tanto nelle tematiche quanto nei sentimenti. Descrivendo la condizione di vita di uno straniero a Corinto, la scrittrice tedesca utilizza ancora una volta parole e gesti dei cittadini autoctoni, le voci appunto. Parole ed espressioni che oggi potremmo definire proprie di una società "razzista" che si limita a giudicare una persona in base a usi e abitudini che fanno parte della sua cultura.
Note di regia
In questa mia regia e riduzione del testo originale della Wolf, da lei personalmente approvato e “consigliato” attraverso un carteggio da me tenuto con lei nel 1998 (due anni dopo l’uscita in Italia del suo Medea Voci), le donne della Colchide (Medea ed Agameda) contengono visivamente un immaginario medio orientale e un’ispirazione alle popolazioni Rom, da sempre tanto flagellate come capri espiatori. Nelle edizioni che ho realizzato dal 2008 al 2010 la figura di Medea fu da me interpretata come da consiglio della stessa autrice Christa Wolf; in questa invece, che per me rappresenta la chiusura di un cerchio creativo, ho preferito guardare da fuori, come a voler porre un occhio esterno ed utilizzare lo sguardo di “persone” come la Wolf, attiva intellettualmente fino al suo ultimo respiro, che si è sempre augurata di salvarci dalla “corruzione sotterranea” del potere. (Viviana Di Bert)