La resistenza senz'armi degli Internati Militari Italiani nei lager nazisti
Incontro con la storia alla Biblioteca Ennio Flaiano del Tufello. Il 24 aprile si parlerà degli Internati Militari Italiani (IMI), ossia i soldati italiani che dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 furono catturati in massa dai tedeschi e deportati nei Lager in Germania.
La resistenza senz'arami degli Internati Militari Italiani nei lager nazisti
L'evento in programma dalle ore 17:30 vuole far conoscere al pubblico una drammatica pagina di storia del nostro Paese a lungo ignorata. Il professor Mario Carini presenterà una relazione sulla "Resistenza senz'armi" degli IMI, citando i diari degli ex internati Serafino Clementi e Ugo d'Ormea, testi che sono stati pubblicati sui "Quaderni del Liceo Orazio" nn. 5 e 7.
Il Dott. Aldo d'Ormea, figlio dell'IMI Ugo d'Ormea, presenterà un documentario in DVD, da lui realizzato, sulla vicenda di suo padre. Infine alcuni giovani del Circolo di Lettura Flaiano leggeranno le lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana, tratte dall'omonimo testo edito dalla Casa Editrice Einaudi.
Così spiega il prof. Carini: "Gli Internati Militari Italiani (IMI), così chiamati dai tedeschi che non vollero considerali prigionieri di guerra veri e propri, furono i soldati dell'esercito regio che, dopo l'8 settembre 1943, disorganizzati e privi di ordini per la fuga del re Vittorio Emanuele, di Badoglio e dello Stato Maggiore, vennero catturati in massa dai tedeschi, gettati nei treni piombati e deportati nei Lager in Germania, dove stettero reclusi fino alla liberazione, nell'aprile 1945. Nei campi di prigionia come Wietzendorf, Fallingbostel e Sandbostel gli IMI sopportarono lunghi mesi di privazioni, sofferenze e angherie da parte degli aguzzini tedeschi, che per ordine di Hitler dovevano far scontare agli italiani il tradimento dell’8 settembre. Costretti a sopportare la fame, la lontananza dalle famiglie e l'impossibilità di averne notizie, gli stenti e le malattie (come il tifo, la malaria e la tubercolosi), con l’aggiunta dei soprusi e delle sadiche violenze dei guardiani, gli IMI resistettero eroicamente e scrissero una luminosa pagina della Resistenza, che per loro fu la “Resistenza senz’armi”, ovvero “l’altra Resistenza”, come si intitola un libro dell’uomo politico Alessandro Natta (L'altra Resistenza, Einaudi, Torino 1997, I ed. 1955) che visse, da giovane militare, l'esperienza dell'internamento a Sandbostel. Pur dimenticati da chi avrebbe potuto assisterli (giacché la qualifica di IMI, appositamente coniata per loro dai tedeschi li sottraeva alle tutele garantite ai prigionieri di guerra dalla Convenzione di Ginevra del 1929), gli IMI seppero nella grande maggioranza respingere le lusinghe degli inviati fascisti (tra cui quella più potente e insidiosa, la promessa dell’immediato rientro in patria) che periodicamente visitavano i campi cercando di raccogliere le adesioni alla RSI, la neonata Repubblica Sociale Italiana di Mussolini. Il loro NO ai fascisti e ai nazisti fu una grande vittoria morale, un gesto di alto valore etico che aiutò il Paese a ritrovare la strada della libertà e della democrazia. Basti ricordare le cifre degli IMI. Degli 810.000 soldati italiani catturati dai tedeschi, dopo l’8 settembre, e deportati in Germania, 160.000 circa optarono per la RSI o si arruolarono nelle SS italiane o si impiegarono nella Organizzazione Todt (che reclutava operai per adibirli a lavori di ogni genere in Germania) o collaborarono in vario modo con il Reich. Gli altri 650.000 preferirono restare come IMI nei campi. Di questi ne morirono dai 30.000 ai 50.000 (le cifre ancora non trovano accordo tra gli storici) per gli stenti, le malattie o assassinati dai guardiani tedeschi"