La donna a tre punte di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
Le donne di Camilleri? «Molto femmine, apparentemente peccatrici ma realmente sante, due risvolti della stessa medaglia. Che sorprendono con la femminilità, con una complessità che però è elementare come la terra, misteriosa come la luna». I sentimenti protagonisti? «Nobiltà di spirito, amore, odio, morte, padri e figli. Sentimenti forti, che hanno il colore della sensualità, dei tramonti, del mare. Il mare, la grande madre che ti dà la vita e pazientemente aspetta che tu gliela restituisca».
Ancora donne. L'altra "metà del cielo" esplorata e discussa da sempre, la cui parità con gli uomini, tuttavia, è ancora conquista difficoltosa, contiene al suo interno una "nicchia", quasi un'icona dal velo sottile della quale si parla di rado ed in modo particolare. Sempre donne, ma non comuni: suore e monache dei tantissimi Ordini religiosi, fuori dal "secolo", in un sogno trascendente, nella realtà altra dei monasteri e conventi, in una vita "diversa" di preghiera e di attività sociale e missionaria. Si è sempre parlato e scritto di loro, comunque, privilegiandone le conflittualità e i disagi, le cadute nell'amore "terreno", le difficoltà di un cammino, scelto o imposto, di rinuncia e di obbedienza, la fattività eroica ed operosa. Insomma tutte quelle qualità "profondamente femminili" che il mondo può accettare anche da donne che non hanno seguito il previsto "ruolo" naturale. Ci si aspetta da loro la serenità, il silenzio dei chiostri. Le "tentazioni" che aggiungono umanità e le sofferenze appartengono al passato di altri secoli ed alla letteratura storica. Il mondo delle recluse dispensatrici di amore mercenario è fatto di gente semplice, umili donne del popolo cadute in un modo o nell'altro in quella vita, destini sfortunati e patetici, un mestiere da esercitare con uno pseudonimo fantasioso e altisonante.
Dice Camilleri: "In quanto alle donne il matriarcato in Sicilia è (o era) diffuso non solo tra i contadini. Io ho conosciuto siciliani di rilievo in campi diversi che prendevano decisioni solo se la moglie era d'accordo. E non so quanto quelle decisioni non fossero già state abilmente guidate dalle mogli”.
I personaggi femminili che Camilleri preferisce raffigurare vivono l'esperienza sensuale prevalentemente con gioia e senza parsimonia. Esemplare in questo senso, in Un filo di fumo, Helke, la moglie svizzera di Stefano Barbabianca che, ritenendo il marito non soddisfacente nell'espletamento dei doveri coniugali, si dedica alla 'educazione sentimentale' di un giovane minorato. Altrettanto significative, ne La stagione della caccia, la comparsa seppure marginale di alcuni personaggi femminili da pochade, che hanno scelto di recitare, sul palcoscenico o nella vita, i ruoli più opportuni ad assecondare i loro obbiettivi: la signora Clelia, con la sua preziosa biancheria di pizzo nero di Fiandra, che non ha pace finché non riesce a farsi servire a tinchitè da Fofò La Matina; e una delle amanti di Nenè Impiduglia, l'attrice drammatica Gesualda, in arte Jeannette, che si sente in obbligo di svenire quando l'uomo le rivela la sua immaginaria malattia inguaribile. Ne Il birraio di Preston, poi, l'appetito sessuale delle fìmmine supera ogni ostacolo: Concetta Riguccio infrange - e paga con la vita - il lutto stretto di un lustro; Agatina Riguccio, dimentica della presenza nella camera accanto del cadavere della sorella, trascina in un necrofilo amplesso il delegato Puglisi; la signora Pina Colombo non si contenta del potente marito, il Questore, e riceve a cadenze regolari un ben fornito rappresentante. Un'altra adultera, la smaniosa Lillina, è la causa involontaria dello scatenarsi degli equivoci de La concessione del telefono, fino alla tragica conclusione; tuttavia la figura più lasciva è probabilmente Trisìna, de La mossa del cavallo, "beddra, su questo non si discuteva, ma cajorda". La donna, infatti, nella sua mentalità di affarista, non ha remore a mercanteggiare sulle proprie grazie, assegnando un corrispettivo materiale ad ogni concessione: la visione di un lembo di pelle 'proibito' ha il valore di un pacco di caffè o di zucchero; una più ampia disponibilità del proprio corpo viene barattata con merce più preziosa, quali un cucchiaino d'argento o un rotolo di tela finissima. Trisìna è di condizione agiata, quindi è spinta ad agire così non per bisogno, ma per avidità e, semplicemente, perché le "piaceva farsi pagare". Camilleri padroneggia accortamente anche questo materiale scabroso: dalle sue descrizioni trapela un compiaciuto divertimento che, pur attestandosi in limine, non travalica mai nella volgarità, come nell'unico episodio piccante - che provoca un esilarante equivoco - presente ne La scomparsa di Patò che vede protagonisti due incontinenti e sacrileghi popolani. Questo e molto altro diventerà uno spettacolo ad una voce, dal titolo La donna a tre punte: le donne in Camilleri. Protagonista sarà Valeria Contadino già interprete di successo di diversi lavori camilleriani, come da ultimo, Il casellante.
Regia Giuseppe Dipasquale
Interprete VALERIA CONTADINO
Produzione Associazione NORA 3.0
Info e Prenotazioni:
3464775289 - 3286446474
teatrodeiginnasi.prosa@gmail.com