Il Pasticciaccio allo Spazio 18B
Una narrazione performata da un unico attore, un atto unico intenso e inaspettato, un continuo trasformismo ad opera di Giuseppe Pestillo, un ritorno alla lettura ascoltata e partecipata dal pubblico che viene coinvolto e travolto dalle circostanze misteriose che aleggiano intorno alle vicende del “palazzaccio” più noto della Roma bene nella fine degli anni ’20.
L’intreccio del “giallo” ruota attorno a due delitti avvenuti a distanza di pochi giorni (14 e 17 marzo 1927) nello stesso stabile romano di via Merulana 219 (“er palazo dell’oro”, o ”de li pescicani”, nella fantasia popolare). L’aggressione all’aristocratica veneta Menegazzi da parte di un robusto giovane che le ruba una quantità di gioielli, e l’omicidio della ancor più ricca Liliana Balducci. Delle indagini è incaricato il commissario di origine molisana Francesco Ingravallo ( tutti ormai lo chiamavano Don Ciccio), che dei coniugi Balducci era conoscente: meno di un mese prima aveva pranzato a casa loro, trovando modo di ammirare calorosamente la bellezza malinconica di Liliana, donna tormentata dall’assenza di prole.
Ingravallo è un poliziotto sui generis: un po’ filosofo, un po’ psicologo; si ostina ad applicare alle sue indagini letture scarsamente apprezzate dai superiori “( questioni un po’ da manicomio: una terminologia da medici dei matti)”. La contemplazione del cadavere di Liliana, prostrata a terra in una “posizione infame”, supina con la gonna rovesciata fino al petto, dà adito a considerazioni amare e cerebrali sui misteri del sesso e della morte.