Home Beirut Sounding the Neighbors
La diversità culturale, la memoria della guerra, l’effervescenza del presente, la profonda trasformazione urbana, le prospettive per il futuro: tutto questo è Home Beirut Sounding the Neighbors, al MAXXI dal 15 novembre 2017 al 20 maggio 2018.
La mostra, a cura di Hou Hanru e Giulia Ferracci, è un nuovo capitolo del progetto Interactions across the Mediterranean che, dopo i focus sulla scena artistica contemporanea in Iran (2014- 2015) e a Istanbul (2015-2016), questa volta si concentra su Beirut, città dinamica di elaborazione del passato e laboratorio di futuro, e la racconta attraverso oltre 100 opere di 36 artisti, espressione di una cultura inter-mediterranea in forte crescita.
La mostra
Negli ultimi due decenni, Beirut è diventata esempio di resilienza, dinamismo, vivacità culturale e speranza di cui l’arte contemporanea è sia testimone che motore, anche in questo momento di rinnovata tensione.
La storia stessa della città riflette e interagisce con gli eventi - vitali, conflittuali e complessi - che accadono nelle zone vicine e lontane. Beirut, caratterizzata da forti diversità culturali, economiche e politiche, è costantemente in trasformazione, in un confronto stringente con il mondo globalizzato. Ma è una città segnata anche da una sorta di ossessione: come affrontare l’idea di appartenenza, come rendere questo luogo, dove ogni singolo ha un diverso senso di identità, una “casa” per tutti?
Da qui il titolo della mostra, Home Beirut Sounding the Neighbors.
Le sezioni di Home Beirut Sounding the Neighbors
Con un allestimento che fa “navigare” i visitatori nella complessità della città, la mostra è organizzata in quattro sezioni, ognuna concepita come una “casa” dedicata a un aspetto della sua caleidoscopica realtà artistica: memoria (Home for Memory), accoglienza (Home for Everyone?), mappa del territorio (Home for Remapping), gioia (Home for Joy).
HOME FOR MEMORY affronta il tema esistenziale, comune a molti artisti, della contraddizione tra il ricordo del conflitto e la volontà di ricostruire una nuova società civile.
In questa sezione ci sono soprattutto fotografie e video, frutto di raccolte, documentazioni, archiviazioni personali. Ci sono inoltre lavori a metà strada tra testimonianza e immaginazione, laddove la ricostruzione degli avvenimenti rappresenta una sfida costante, se non impossibile.
La memoria diventa un ponte che connette passato, presente e futuro, come nel lavoro di Collapsing Clouds of Gas and Dust (2014) di Vartan Avakian, una serie di cristalli creati artificialmente da polveri recuperate in un edificio utilizzato dai cecchini durante la guerra, metafora della ciclicità della storia e riflessione sul concetto di monumento commemorativo o nel video Beirut Exploded Views (2014) di Akram Zaatari, ambientato in una città post apocalittica. Tra le opere di questa sezione, le serie di disegni 33 Jours e Beirut, July – August 2006, di Laure Ghorayeb e Mazen Kerbaj, madre e figlio: lei poetessa, giornalista e illustratrice, lui musicista e illustratore. Insieme hanno raccontato la guerra del 2006, durata 33 giorni, disegnando su carta fatti ed emozioni e pubblicando sul blog di lui i disegni. L’ormai storico video Measures of Distance (1988) di Mona Hatoum, costretta a rimanere a Londra allo scoppio della guerra del 1975, racconta attraverso frammenti di lettere, conversazioni intime e immagini il rapporto con la madre lontana. Qui la dimensione privata delle relazione madre-figlia si intreccia a quella pubblica della tragica guerra. Untitled (2013) è l’arazzo di Etel Adnan, artista e poetessa tra le voci principali del Libano contemporaneo, in cui i colori diventano l’equivalente dell’espressione poetica.
HOME FOR EVERYONE? La migrazione è un tema che a Beirut è sempre stato contemporaneo. Ieri come oggi, a causa di conflitti e movimenti migratori, armeni, greci, siriani, palestinesi, popoli con origini e religioni diverse hanno scelto questa città come nuova casa per pochi mesi o per tutta la vita.
Tutto questo ha contribuito alla creazione di una cultura ricca, complessa e cosmopolita.
In questa sezione troviamo la doppia video installazione Remembering the Light (2016) di Joana Hadjithomas & Khalil Joreige, vincitori del Premio Marcel Duchamp 2017: l’elemento acquatico pervade entrambi i video che evocano l’attuale fenomeno migratorio affidando alla poesia delle immagini una riflessione sul destino umano.
Il video A Spectacle Of Privacy (2014) di Roy Dib racconta, attraverso il dialogo di una coppia sui problemi di relazione, la questione israelo–palestinese mettendola in analogia con un rapporto sessuale; i video di Jalal Toufic (2007) sono invece dedicati all’?sh?r?, una ricorrenza religiosa islamica che assume diversi significati secondo il contesto.
HOME FOR REMAPPING indaga il tema dei profondi cambiamenti vissuti da Beirut: dalle ferite della guerra ai disastri naturali, al boom edilizio, la città si è trasformata radicalmente. Tutti i conflitti sociali e le riconciliazioni degli ultimi 40 anni sono “scritti” nella sua planimetria in continua trasformazione. Tra le opere esposte: Beirut Caoutchouc (2004-2006), la grande mappa in gomma della città di Marwan Rechmaoui, distesa a terra, dove il pubblico è invitato a camminare; la video installazione After the River (2016) di Lamia Joreige dedicata al fiume che attraversa Beirut, uno spazio capace di raccontare la storia della città attraverso il suo progressivo deterioramento. In questa sezione anche il lavoro Shipping Container Floor (2016) di Caline Aoun, vincitrice del Premio Deutsche Bank's Artist of the Year 2018, calco in carta carbone del fondo di un container, testimonianza e riflessione critica sull’invasione del capitalismo globale nella città contemporanea.
HOME FOR JOY. Beirut ha sempre prodotto bellezza, anche nei periodi di maggiore difficoltà: arti visive, musica, danza, cinema, poesia non hanno mai cessato di esistere, anzi la distruzione della guerra le ha alimentate come forma di resistenza e resilienza. La città pullula di infrastrutture culturali – fondazioni, gallerie, archivi, centri artistici - e offre una ricca produzione di arti visive, musica, danza, teatro, cinema, poesia, raccontate in questa sezione. Qui sono esposti, tra gli altri, i disegni del progetto One Year (2016) di Mazen Kerbaj, autore della copertina del catalogo della mostra: un disegno al giorno, un diario visivo che registra in modo giocoso il tempo che passa. La musica come espressione di gioia è invece al centro dell’installazione video Wa (2004) di Ziad Antar. L’immagine più emblematica è quella del danzatore Alexandre Pauliketvitch che, di fronte alla telecamera di Sirine Fattouh, danza come un’Araba Fenice fra le rovine di un villaggio distrutto in una sorta di estasi nel video Entre les Ruines (2014).