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De Magna e beve Monteverde / Via Abate Ugone, 29

Anima amatriciana e cuore romano: l'osteria di quartiere a Monteverde

Osteria Palmira, dove la cucina romano-laziale viene eseguita in modo quasi purista

Siamo a Monteverde, per la precisione al civico 29 di via Abate Ugone, dove, al confine tra la parte vecchia e quella nuova del quartiere romano, si trova Osteria Palmira.

Un'insegna che in zona c'è da 9 anni, un luogo per gli amanti della cucina romano-laziale senza rivisitazioni, al contrario, quasi purista. Niente stravolgimenti, nessuna contaminazione, solo un grande rispetto delle tradizioni e della storia.

"La mia famiglia è originaria di Amatrice, poi, come è accaduto in molte famiglie, l’onda lunga del dopoguerra ha segnato cambiamenti e trasferimenti", racconta Claudio Rocchi, terza generazione di osti, cuochi e ristoratori. Così il papà Antonio insieme al fratello Firminio e alla moglie Palmira (da cui l’origine del nome dell’osteria) negli anni ‘50 aprirono una trattoria in via del Boschetto nel cuore del Rione Monti a due passi da via Nazionale.

La cucina, la ristorazione come pure i piatti della tradizione amatriciana e romana sono argomenti che hanno accompagnato Claudio e tutta la sua famiglia da sempre e l’apertura di un posto suo era il naturale prosieguo di una storia iniziata tanti anni fa. Osteria Palmira è una osteria di famiglia perché alle spalle ci sono i Rocchi appunto, con Claudio che è oste, patron e cuoco, anche se confessa di stare sempre meno ai fornelli, il figlio Jacopo, che si divide tra la sala e la cucina, la sorella Assuntina che si occupa dei dolci e delle paste fresche.

Cosa si mangia da Osteria Palmira

35 coperti interni, più altri 45 disposti nella veranda esterna, e da poco anche uno spazio sul marciapiede con ombrelloni e piante. Un menu che ha un filo diretto con le origini amatriciane a partire dagli antipasti, passando per salumi e formaggi, quindi i primi del salumificio Sano e i secondi selezionati dalla produzione di Casale Nibbi, entrambi di Amatrice. Sempre tra gli antipasti, picchiapò, coratella con i peperoni (ricetta di Antonio, padre di Claudio), la trippa, le polpette di pane e cicoria e molto altro che cambia e si aggiunge con il variare delle stagioni. “Qua si mangiano solo cose che piacciono a me -  afferma Claudio in modo schietto e sincero - Filosofia troppo rigida? Forse, ma sta funzionando e quindi squadra che vince…”. Motivo per il quale non ci sono in carta i saltimbocca e neppure tante di quelle portate che il patron definisce “turistiche” e non fanno parte della vera tradizione gastronomica romano laziale. Stesso discorso per il pesce.

“A Roma fino agli anni ‘90, la cucina di mare si mangiava solo nei ristoranti sardi perché la cucina romana, tolto il baccalà, le alici e l’arzilla per la minestra, non ha piatti di pesce. Da Osteria Palmira è ancora così”, aggiunge Claudio.

Tra i primi grande protagonista è l’Amatriciana, che viene preparata con gli spaghetti Felicetti, e poi Gricia, Carbonara, Cacio e Pepe. La pasta fresca, prodotta dalle sapienti mani di Assuntina, spazia dalle fettuccine, gli gnocchi, fino agli agnolotti creati da loro padre ai tempi della trattoria di Monti: ripieni con 4 tipi di carni e conditi con il sugo alla vaccinara. E sempre dal ricettario di papà Antonio, provengono le linguine di farro condite con un pesto di menta romana. Altro piatto che si trova solo qui sono gli gnocchi ricci di Amatrice, una pasta acqua e farina tirata a mano: a produrla per Osteria Palmira ci pensa una signora di Amatrice di 88 anni, la grande Mimma.

Tra i secondi non mancano le pietre miliari della tradizione come abbacchio al tegame e petto di vitella alla fornara e poi, certamente, le polpette di bollito che qui non vengono fritte ma cotte al forno. Si chiude in dolcezza con i dolci sempre realizzati da Assuntina: crostata ricotta e visciole, tiramisù, crema bruciata agli agrumi e creme caramel.

Il Lazio e la sua tipicità restano protagonisti anche per la carta dei vini che qui si compone di circa 100 etichette tutte provenienti da piccole realtà della regione. Una generosa selezione di bianchi come territorio vuole, ma anche rossi in primis il Cesanese e poi le bollicine. Se si è scelta la chiave del territorio prediligendo esclusivamente i vini laziali, non ci sono preclusioni sulle filosofie produttive quindi nella carta di Osteria Palmira trovano posto vini naturali, biologici, biodinamici e convenzionali. L’offerta del bere si completa con una selezione di birre artigianali, anch’esse laziali prodotte dal Birrificio Alta Quota di Cittareale (RI).
 

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