Da "Daje" a "stacce", 15 espressioni in cui solo un romano doc può riconoscersi
Incomprensibili oltrepassati i confini di Roma, ma pane quotidiano per tutti i romani doc: le espressioni più belle raccolte da RomaToday
Il dialetto romano è divertente, scherzoso e proprio per questo amato in tutto il mondo. Fatto di detti antichi, di proverbi e leggende, ma anche di quelle parole - quasi sempre incomprensibili una volta oltrepassati i confini della Capitale - che per i romani, però, sono il pane quotidiano.
Espressioni, intercalari, abbreviazioni, esclamazioni di cui i romani vanno fieri e senza le quali "nun ponno vive".
Che vuol dire l'espressione: "Come er cacio sui maccheroni"
Da "daje" che sta bene a conclusione di qualsiasi frase, a "stacce" che fa rassegnare il romano ma sempre con quel pizzico di ironia che non guasta. E poi "stai manzo", "m'arimabarza", "t'accolli" e chi più ne ha più ne metta.
Le più famose espressioni romane
Un dizionario non basterebbe a contenerle tutte, ma RomaToday ha scelto 15 di queste espressioni che sono nel dna di ogni romano doc e che, quasi sicuramente, strapperanno a tutti una risata:
- daje: versione romana di dai che però viene utilizzata anche come saluto tra i ragazzi
- t'accolli: si dice a una persona fastidiosa, insistente, che si attacca a qualcuno e non lo molla più
- stacce: che ti piaccia o no è così
- stai manzo: stai calmo, controllati
- na cifra: tantissimo in riferimento ad una quantità, ma anche per esprimere un parere positivo su qualcosa (una cifra bello)
- aripijate: letteralmente riprenditi. Utilizzato per dire contieniti, non esagerare
- m'arimbarza: non mi fa nè caldo nè freddo
- ndo cojo cojo: procedere senza un obiettivo, una meta precisa
- pischello: ragazzo
- abbozzà: abbozzare, rassegnarsi senza restarci male
- nòne: no
- che tajo: che divertimento, che bello
- imbruttì: guardare in cagnesco una persona
- a buffo: vuol dire "a vanvera" o "senza motivo" si dice, ad esempio, del parlare
- scapoccià: perdere il controllo, letteralmente perdere la testa (la capoccia)