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Cultura

Monteverde e Pasolini, in una scavatrice l'anima di Roma

Il New York Times dedica un articolo a Pasolini e al suo legame con Monteverde, quartiere in cui visse e ambientò alcune opere. Ancora oggi il suo ricordo resta vivo nei residenti

Un binomio noto: Pasolini e Monteverde, lo scrittore, il regista, l'artista e la città, il quartiere, le persone, i palazzi e la sua anima popolare, proletaria, oggi già borghese. Pasolini a Monteverde ci abitò dal 1954 al '63 e da estraneo, non romano, seppe caprine e amarne l'anima, allora proletaria, più violenta forse, certamente sincera e figlia di una Roma da poco liberata. Mentre il quartiere si rialzava, il poeta lo conosceva, lo studiava, lo viveva. 

Lì ambientò alcune delle sue pagine artistiche più belle, dedicate alla sua "stupenda e misera città", proprio lì tra Villa Pamphilj e via Fonteiana, dove gli operai risalivano da Marconi fino a Donna Olimpia, a un passo dalla sua "Scavatrice". L'ambientazione di "Ragazzi di vita", i grattacieli di Donna Olimpia, il casermone di via Vitellia, la Ferrobeton (o Ferrobedò come dicono i romani) e quel dedalo di traverse che oggi portano dove prima c'erano solo campi, pecore e il muro di Villa Pamphilj - allora chiusa al pubblico, tranne per chi scavalcava per farsi il bagno al laghetto - tutti elementi, spie che ci suggeriscono, se ancora ce ne fosse bisogno, che quello tra Pasolini e Monteverde non fu un semplice rapporto legato a una residenza, ma un legame ben più profondo e viscerale. 

Se ne è accorto anche il New York Times, che alla coppia Pasolini-Monteverde ha dedicato un articolo in cui racconta quanto il ricordo dello scrittore sia ancora vivo nel quartiere e negli abitanti che l'hanno incontrato. Dall'insenatura che si forma tra via Fonteiana e via Pio Foà, arginata dalla villa, si apre il fianco su via di Donna Olimpia, dove ancora oggi si trovano tanti che Pasolini l'hanno conosciuto fino a diventare parte dei suoi scritti. Doveroso citare er Pecetto, o meglio, Silvio Parrello, tra i personaggi di "Ragazzi di vita" che ancora oggi vive a Monteverde e che, tuttora, cerca di scoprire la verità sull'omicidio del poeta, consumato in quel tragico 2 novembre all'Idroscalo nel 1975. 

Oltre a Parrello, c'è Luciana Capitolo, ex professoressa e monteverdina che in un libro ricorda il rapporto di Pasolini con Roma e, ovviamente con Monteverde. Residenza di altri scrittori importanti del nostro '900 - Caproni, Bertolucci, Gadda - il quartiere sembra respirare ancora, nella sua corrente più radical, quell'aria più cortese e letteraria, fatta di scrittori a passeggio per la via, al mercato, tra la gente, al caffè, in mezzo al dialetto e a un po' di mala. Tutto questo esprime molto bene la doppia anima monteverdina, divisa ancora tra quella popolare e de' core e quella rinverdita dall'acculturamento e dall'imborghesirsi di parte degli abitanti che vi si sono radicati dagli anni '70 ad oggi. Non è un caso forse che Monteverde discende dalle pendici del Gianicolo, dove risiedeva il culto a Giano, quel dio bifronte, misterioso e duplice da cui il colle prende il nome. In questa scissione mai proclamata ad alta voce, tra il quartiere vecchio, più chic e blasonato e il nuovo, più esteso e ramificato, sta una Roma che Pasolini ha raccontato con quel valore aggiunto dello straniero che si fa abitante. Come molti, il regista-poeta Monteverde l'ha tanto amato, di un amore corrisposto anche se mai gridato, fissato negli anni a via Carini, dove la targa posta dal Comune e dal quartiere ancora lo ricorda. 

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