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Chi era davvero Gianfranco D'Angelo

Il sole caldo di agosto non viene fermato neanche da una tendina montata su una barca a largo del mare calmo e freddo di San Teodoro, in Sardegna. Poco distante dalla barca ancorata c’è un uomo non più giovane, muta e maschera che fa snorkeling, la sua passione. Poco dopo l’uomo tira fuori la testa dall’acqua per respirare e “aho se c’è il Paradiso è sicuramente così”. Caro Gianfranco, se c’è un paradiso, starai sicuramente nuotando in quel mare calmo, mentre noi qui pensiamo a te e ti ricordiamo, ma senza piangere, perché a te non piaceva. Ridiamo, magari amaramente, ma ridiamo. 

Prima di quella gita in barca c’era un’estate iniziata a Roma, sulla Tuscolana a scrivere uno spettacolo, poi l’illuminazione seguita dalla tua proverbiale generosità “basta lavorare, bisogna staccare. Tu e la tua compagna prendete il primo volo per la Sardegna, siete ospiti miei, finché lo vorrete”. “Grazie Gianfranco, ma io ho un cane, non saprei a chi lasciarlo”. “E tu porta anche il cane, che te frega?” 

Appena giunti, ci hai fatti entrare nella tua vita privata neanche fossimo amici di vecchia data.  Quella casa a Puntaldia non aveva serrature: era aperta a tutti, amici e amici degli amici e la tua unica grande preoccupazione era far stare tutti bene. 

Da allora, “qualche giorno a casa di Gianfranco” era diventato un appuntamento fisso. E in quelle estati trascorse lì da te, era un piacere ascoltare i tuoi aneddoti, di quando lavoravi alla Sip, mentre cercavi di farti spazio in quel mondo che ben presto sarebbe diventato casa tua.  Ma per timore di non riuscire a vivere di arte, per diverso tempo hai continuato a mantenere il posto presso la società telefonica: di giorno vestivi i panni dell’impiegato giacca e cravatta, per poi svestirli e metterti addosso un abito che ti stava più comodo, quello del comico. 

Prima il Puff, chiamato da Lando Fiorini, poi il bagaglino voluto da Pier Francesco Pingitore, in ultimo quello che per te fu un motivo di grande orgoglio: Garinei e Giovannini che ti scelsero per prendere parte all’avventura di “Alleluja brava gente” al Sistina. 
“Era difficile fare i comici negli anni ’70 perché il mondo stava cambiando e bisognava stare al passo, aggiornare il linguaggio. Era un periodo di rivoluzione culturale e sociale. Quei film lì (le commedie sexy all’italiana nda) erano leggeri, frivoli, ma di rottura rispetto al passato”.  

E mentre tu discutevi sull’importanza del cinema come documento per rileggere e capire un periodo storico al pari di ogni altra forma d’arte, noialtri rimasti sul contenuto esplicito di quelle pellicole timidamente di domandammo “Gianfra’, tu hai lavorato con tutte, qual è la più bella?” “La Fenech! La Fenech nun la batte nessuno”. 

Di giorno, mentre i primi rumori indicavano che quella casa si stava svegliando, scoprivamo che tu eri già in piedi da un pezzo, che eri andato al mercato a fare la spesa per tutti. Perché se c’era una cosa sulla quale eri intransigente è che a casa tua nessuno doveva permettersi di comprare qualcosa. E se qualcuno voleva farti un piccolo pensierino non per sdebitarsi, ma per ringraziarti della tua ospitalità teneramente di incacchiavi “Perché lo avete fatto? Non dovevate spendere soldi. Voi siete giovani e i soldi vi servono”. Questo eri caro Gianfranco: un uomo generoso, altruista, ospitale oltre misura.  

Sarebbe davvero inutile in questa sede parlare della tua carriera, dei tuoi successi, dei tuoi tormentoni da “Has Fidanken” a “Ciro ciro” nella memorabile parodia di Sandra Milo. Questo non è un “coccodrillo”, uno di quegli articoli in cui si riassume la vita, il lavoro e l’intera opera di un uomo in poche distaccate righe. Per te non serve. 

Sappiamo tutti chi era Gianfranco D’Angelo e cosa ha fatto in più di cinquant’anni di carriera, ma una cosa va detta e l’hai detta tu mentre in cucina mi insegnavi a cuocere l’orata sotto sale “Un successo lo si costruisce tenendosi aggiornati, stando al passo con i tempi, non adagiandosi sugli allori di qualche conquista, perché le conquiste in questo mestiere sono effimere: oggi sei sulla bocca i tutti e domani sei uno sconosciuto”.

Ed è per questo che anche a 85 anni ti piaceva tenerti aggiornato, leggere, stare al passo con i tempi.  Ed è per questo che facevi programmi a lunga, lunghissima scadenza. In ogni conversazione con te erano programmate le successive tre stagioni teatrali. E chi ti conosceva sapeva benissimo che non lo facevi tanto per ingannare il tempo, ma perché ti piaceva lavorare, perché ci credevi che quei lavori li avresti fatti tutti. E solitamente così era. 

In una conversazione sul fatto che negli ultimi anni tu sia stato un po’ dimenticato dalla televisione hai detto “tanto in questa Nazione per essere rivalutati e ricordati c’è bisogno di due cose: che Tarantino dica di essere tuo fan e che muori. Tarantino ha detto di essere mio fan, ora tocca aspetta’ la seconda, ma senza fretta”. 

Ora che già sui giornali si legge che meritavi di più e le tv ti dedicano omaggi, chissà se qualcuno oltre a ricordare che grande artista sei stato, ricorderà l’uomo dal cuore d’oro, elegante e raffinato, generoso ed altruista, amante del mare e del buon cibo. 
Se così non fosse, una persona che ha avuto il privilegio e l’onore di conoscerti e frequentarti, lo dice qui.

Durante una vacanza da te un giorno sei venuto e hai detto “Scusate, ma devo andare via perché ho una serata”. “Gianfranco veniamo via con te”. “No, no, voi rimanete qui, fate come se foste a casa vostra. Tanto torno presto e quando torno continuiamo a divertirci”. Speriamo che sia così anche stavolta.    

Gianni Quinto, autore, regista e attore teatrale

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