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INTERVISTA | Federico Palmaroli: "Le frasi di Osho? Gli autobus di Roma la fonte di ispirazione maggiore"

Uscito il nuovo libro “Vedi de fa poco ’o spiritoso. Il meglio (e il peggio) di un anno italiano”. Palmaroli si racconta: "Con la romanità verace narro politica e attualità". E sull'idea dell'amico Di Battista candidato sindaco di Roma: "Alessà...accanna!"

Un’idea “nata in un momento di noia, per ridere insieme agli amici”, ma che in breve tempo lo ha reso il re della satira sui social. Federico Palmaroli è Osho, creatore e unico autore de “Le più belle frasi di Osho”: tra le pagine Facebook più seguite e apprezzate. Oltre un milione di like, quasi 400mila follower su Twitter; un’infinità di condivisioni, citazioni in tv e sui giornali. Un fenomeno che fa di sintesi, genialità e ironia la sua forza. La comicità irrompe e narra la politica, nazionale e internazionale; cronaca, costume e società si sciolgono nell’esilarante sintesi in romanesco. Palmaroli è irriverente, acuto e sempre pronto: i suoi ‘meme’, che lui preferisce definire “fotoromanzi”, sono in grado di raccontare con leggerezza i tempi che corrono.

C’è tanta Roma nell’arte di Federico Palmaroli: classe ‘73, nato e cresciuto a Monteverde ma particolarmente legato al quartiere Trieste dove viveva gran parte della sua famiglia. Le scuole a Prati, le amicizie quasi tutte a Roma nord in particolare alla Balduina. Adesso “Osho” vive al Flaminio. “Ho girato tanto” - racconta a RomaToday in occasione dell’uscita del suo nuovo libro “Vedi de fa poco ’o spiritoso. Il meglio (e il peggio) di un anno italiano” (Rizzoli).

Ed è proprio la sua città ad averlo ispirato. “Ho pensato di far rivivere la romanità in un personaggio distante da questa realtà ma che, nelle espressioni, mi ricordava tanto il romano medio”. Da qui la pagina Le più belle frasi di Osho e il profilo Twitter “dove la satira politica funziona sicuramente di più”. Palmaroli si rifà alla tradizione popolare romana.

Ma quali gli artisti che lo hanno ispirato? 

L’ispirazione maggiore è arrivata dai dialoghi della gente comune, dalle conversazioni che avvenivano in mezzo alla strada o anche da quelle dei miei genitori al telefono. Diciamo da quei momenti in cui le persone non si raccontano più nulla ed escono stereotipi e luoghi comuni. L’autobus è un serbatoio continuo di espressioni, lamentele, frasi circostanziate che si ripetono sempre nella stessa forma. Ho esaltato frasi e luoghi comuni che si tramandano di generazione in generazione e rimangono immutati nel tempo. Sono cresciuto con i film di Alberto Sordi e Carlo Verdone, questo sicuramente mi ha aiutato a trasformare i dialoghi in battute. Sono patrimoni culturali della nostra città. Per la creazione del mio Osho diciamo che sono partito dalla parte più verace di Roma.   

Il palcoscenico dei social può esaltare qualcuno, ma nasconderne molti: tu come sei riuscito ad emergere? L’uso del romanesco limite o valore aggiunto?

Sono emerso perchè credo sia piaciuta l’associazione del romanesco ad un personaggio identificato come santone. Poi ho dovuto smettere di utilizzare le foto di Osho e sono evoluto approdando alla satira politica. Ho preso le frasi tipiche delle conversazioni comuni e le ho adeguate all’attualità: è un meccanismo molto complicato quello di rendere la metafora tra grandi temi e conversazioni spicciole, soprattutto se lo si fa di continuo. Il romano in questo è stato sicuramente un valore aggiunto perchè è un linguaggio conosciuto in tutta italia, anzi tante battute rendono proprio per quello. 

Nel tuo nuovo libro “Vedi de fa poco ’o spiritoso” racconti “il meglio (e il peggio) di un anno italiano”. E per quanto riguarda Roma cosa riporti nel meglio e cosa nel peggio?

Il Covid purtroppo l’ha fatta da padrona. ll meglio è stato sicuramente riuscire a rivedere Roma in un modo in cui nessuno l’aveva più vista: aria pulita, centro storico deserto L’aspetto negativo è l’altra faccia della medaglia: l’idea di finire di lavorare e non poter uscire, non godere delle ottobrate che sono il momento in cui il romano sente proprio la necessità di uscire e stare all’aperto, bere qualcosa con gli amici.  

Tra i personaggi ricorrenti dei tuoi “fotoromanzi”, oltre al premier Conte ci sono spesso la sindaca Raggi e Zingaretti. Quali i loro ‘meme’ più significativi?

Per quanto riguarda Raggi sicuramente la battuta sul primo Spelacchio con il Papa che le chiede: “Mica vorrai fa pure er presepe?”. Su Zingaretti l’immagine di quando, appena eletto, andò in una fabbrica: ho preso la foto con i due pugni alzati, lo aveva fatto in segno di esultanza, ma io la utilizzai per fargli dire “Oddio e mo come se faceva er pugno, co la destra o co la sinistra?”. Un modo per sottolineare la distanza che oggi c’è tra il Pd e la sinistra, la classe operaia. 

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Cronaca, tanta politica ma poco calcio. Eppure sei tifosissimo della Lazio...come è nato il tuo amore per i colori biancocelesti?

Sul calcio effettivamente faccio poco, per quanto sia seguitissimo. Sono Laziale per il classico “di padre in figlio”. Quando ero piccolo andavo allo stadio con mio padre che era laziale ma morigerato,  appena ho avuto l’età per andare da solo mi sono scatenato. 

Quali i tuoi idoli calcistici?

Il primo a cui mi sono affezionato è stato Bruno Giordano, c’era quando ho iniziato ad andare allo stadio. Poi c’è sicuramente Paolo Di Canio, per me il giocatore laziale che gioca nella Lazio incarna quel che ognuno di noi avrebbe voluto essere. Quando ha segnato quel gol sotto alla curva Sud ha realizzato il sogno di tutti i bambini della Lazio...e anche degli adulti! Diciamo che apprezzo molto i giocatori nati a Roma e laziali. Della Lazio di ora non posso che esaltare Ciro Immobile, per quello che ha fatto e sta facendo. Nel gruppo emerge.

E nei tuoi meme chi metteresti? 

Per le espressioni che assume probabilmente Sergej Milinković-Savić. 

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Tempo fa c’era l’ipotesi di Alessandro Di Battista candidato sindaco di Roma. Vi conoscete e siete amici. Che cosa ne pensi di questa ipotesi?

Alessandro è certamente una brava persona, è quello che è rimasto più legato alle idee iniziali del M5s. Come sindaco di Roma lo avrei visto bene se si fosse portato dietro quegli ideali che ha sempre avuto e che continua ad avere. Credo che stia pagando anche questo suo essere così “puro”. Dall’altra parte però sappiamo che purtroppo tutto questo non basta, quindi da amico sull’idea di candidarsi a sindaco “je direi...Alessà, accanna!”


 

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