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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cultura

Discoteche romane unite a difesa della movida organizzata: "Non confondiamo con assembramenti di piazza"

33 club di Roma e provincia riuniti per denunciare le differenze tra movida e assembramento e ripartire in sicurezza

Si sono incontrati a Roma i principali referenti dei club del mondo della notte. Trentatre locali tra i più frequentati della capitale e dintorni, tutti associati al SILB (Associazione Italiana Imprese di Intrattenimento da Ballo e Spettacolo) con lo scopo di unirsi in un'unica voce a difesa della "movida"organizzata, che nulla ha da spartire con gli assembramenti di piazza presi di mira con la partenza della Fase 2.

Oltre duemila persone lavorano in queste strutture che fanno capo a imprenditori legati al mondo dell'intrattenimento, gestori di sale da ballo e discoteche, che da sempre svolgono le loro attività al chiuso come all'aperto. Un incontro che era nell'aria, visto anche l'avvicinarsi della bella stagione che quest'anno, potrebbe essere sprovvista dei consuetipoli notturni e delle strutture ludiche, che ogni anno ospitano migliaia di cittadini e turisti a caccia di divertimento. L'uso della parola "movida",associata all'incontrollato riunirsi di persone nelle piazze o per le strade,ha mobilitato gli specialisti del settore che tengono a precisarnele differenze.

Ad incontrarsi per cercare soluzioni utili, ci sono Art Cafè, Barrio Latino, Teatro Centrale, Circolo degli Illuminati, Eden Roma, Exe, Corallo di Ostia, Goa, Heaven, Jolie Club, La Bibliotechina, Largo Venue, Le Terrazze, Neo Club, Nice, Openbar, Orion, Peach, Piper Club, Rashomon Club, Room 26, Sanctuary, Voodoo Bar, San Salvador, Satyrus, Shari Vari, Sublime - Lavilla, Spazio 900, Toy Room, Vinile, 24milabaci di Latina, Zanussie Felix, luoghi che negli anni hanno accolto grandi nomi del panorama musicale di genere.Questi luoghi,chiusi ormai da oltre tre mesi, danno lavoro a migliaia di persone e producono un indotto economicoda non sottovalutare, eppure continuano a non destare l'attenzione delle autorità governative.

Nonostante queste strutture forniscano un grande reddito e settimanalmente, accolgano circa 30.000 persone che spendono rifocillando le casse del settore turistico a cui sono connesse, ma anche quelledel settore della moda(quanti di noi acquistano abiti per andare a ballare?),questi luoghi non hanno ricevuto alcun aiuto economico né dallo Stato, né dalla Regione o dall'Amministrazione Comunale. La situazione attuale è che, a parte qualche rara eccezione, i locali non sono stati mai mezionati o interpellati per quello che concerne un'ipotetica tempistica, con relative linee guida per possibili riaperture.

Per questo motivo questi locali si sono riuniti per denunciare l'approccio confusionario alla materia "movida", veicolata dai media - seppur a giusta causa - ma che sta alimentando un allarmismo che allontana il settore da un'ipotesi di ripartenza in sicurezza. Per ripartire i clubsono stati assistiti dall'Architetto Michele Frese, tra i massimi esperti di progettazione di genere che, nelll'arco della riunione, ha illustrato ciò che è possibile fare e non fare in questo momento. Tutto questo al fine di non incorrere in errore, ben distinguendo i locali di ristorazione da quelli dediti all'intrattenimento. «Vorremmo che il nostro lavoro fosse osservato da chi ci governa, a cui abbiamo sempre riconosciuto tutto e con cui abbiamo sempre fatto il nostro dovere»,dichiarano in conclusione gli organizzatori.

Le proposte: termoscanner e prenotazioni

Il modello adottato è quello dei centri commerciali e dei parchi divertimento. E, quindi, misurazione obbligatoria della febbre all’ingresso delle discoteche, prenotazione raccomandata e un registro, da tenere per 15 giorni, dei clienti. Si dovrà anche definire quel coefficiente che determinerà il numero massimo di persone che potranno entrare in un locale. «Saremmo lieti di riaprire – dice Antonio Flamini, presidente del Silb Roma – ma ricordiamo alla Regione che la nostra categoria è stata la prima a chiudere e l’ultima a ripartire: servono, ancora, i finanziamenti a fondo perduto»
 

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