#RadioRomane - Bootleg, il programma che accende i riflettori sulla musica emergente e sul mondo dei locali
La rubrica di RomaToday sulle radio romane svela segreti e curiosità sul programma radiofonico di Radio Cusano. L'intervista al conduttore Luca Rossi
C'è un programma radiofonico a Roma che tutte le settimane accende i riflettori su quella musica di cui ancora oggi si parla troppo poco. Uno spazio radiofonico incentrato sull'indie romano, sulla musica emergente, sulla musica che anima il mondo dei locali della Capitale (purtroppo momentaneamente chiusi per il Covid).
E' Bootleg, trasmissione di Radio Cusano (radio romana e nazionale di proprietà di Unicusano Campus), condotta da Luca Rossi e Leslie Fadlon, nata con l'intenzione di dare voce - nel vero senso della parola - a chi è musicista a tutti gli effetti ma non ha le luci della ribalta.
A parlarne meglio a RomaToday è stato lo speaker Luca Rossi: "Mettiamo al centro quella che una volta era la musica underground, accendiamo le luci su quel variegato mondo che, spesso, purtroppo, resta nel buio".
Luca, quando nasce Bootleg?
La trasmissione esiste da 5 anni e va in onda su Radio Cusano nel weekend, sia il sabato che la domenica. Gli appuntamenti fissi sono il sabato alle 13 e la domenica alle 20, ma ci sono anche alcune puntate random, in onda la sera del sabato e la mattina della domenica.
In cosa consiste la trasmissione? Quali sono i punti di forza di Bootleg?
E' un live in radio. Noi invitiamo il cantante in radio e con lui si fa una vera e propria chiacchierata. Non c'è una scaletta fissa, un'intervista già scritta o legata unicamente alla promozione del nuovo singolo o del nuovo album. Le nostre sono delle piccole monografie di un'ora con l'ospite in cui ci facciamo raccontare tutto. Ci mettiamo seduti, iniziamo a chiacchierare e così nasce la puntata. L'improvvisazione è alla base di Bootleg e questo fa la differenza.
Quali sono le band e i cantanti emergenti sulla scena musicale romana che vi è capitato di intervistare a Bootleg?
Il primo che mi viene in mente è Simone Avincola, un cantante giovane romano ora arrivato anche al mainstream con la partecipazione a Sanremo 2021. I Panta di Giulio Pantalei, Leonardo Angelucci, un cantautore romano con base in Sabina bravissimo, Alberto Lombardi musicista fantastico, Galeffi, Giancane, The Niro (Davide Combusti) che ci ha regalato una piacevolissima intervista, Gabriele Lopez con la sua doppia vita da cantautore e doppiatore. Tutti sono passati da noi e questo ci rende molto felici.
Da sinistra: Luca Rossi, Giancane e Leslie Fadlon
Negli ultimi anni che idea ti sei fatto del panorama musicale romano? Come sta crescendo secondo te?
E' vivo. E' un nuovo rinascimento. Da qualche anno a questa parte c'è una grande voglia di raccontarsi nonostante il mainstream ci presenta una foto che secondo me non è veritiera.
In che senso?
Siamo solitamente abituati ad avere il singolo che arriva subito in testa alle classifiche ma che dopo qualche mese viene dimenticato. Invece se andiamo a vedere il cantautorato, che fortunatamente sta tornando, c'è tanta voglia di esprimersi. Cantautori giovani e giovanissimi hanno voglia di dire qualcosa, di farsi sentire. Ogni volta rimango piacevolmente sorpreso.
Ci puoi fare un esempio lampante di questa voglia di raccontarsi e raccontare attraverso la musica?
Mi viene in mente Arianna Silveri, in arte Olivia, cantautrice di Civita Castellana, che ha un background stratosferico ed ora è arrivata a fare un album con Fiorella Mannoia. Lei è l'esempio lampante di come questa voglia di dire, di farsi sentire, prima o poi trova la sua strada ed esce fuori.
Dalla tua esperienza di speaker, dunque, cosa hai imparato dal cantautorato romano dell'ultimo periodo?
Sentire i cantanti, le band emergenti, romane e non solo, raccontarsi a Bootleg è sempre un'esperienza che arricchisce. E' bello sentirli parlare, raccontarsi. Grazie a loro riesco a ricevere una fotografia veritiera della generazione di oggi. Io ho 35 anni, mi capita spesso di intervistare ventenni, venticinquenni e vedi quello scatto generazionale, ti rendi conto che è distante il modo di approcciare, loro sono ad esempio figli dei social, ma al di là del mezzo, alla base c'è la stessa esigenza di comunicare. Ti ritorna una bella fotografia.
Con i concerti e gli eventi live fermi, qual è stato il ruolo di Bootleg?
La trasmissione in questo anno è cambiata moltissimo. Specialmente nella prima fase, quando pur continuando a fare la radio, non potevamo ospitare nessuno, siamo tornati a fare le telefoniche. La trasmissione è diventata molto più concentrata, anzichè avere un ospite solo ne avevamo tre. E' venuta senza dubbio meno la parte raccontata, ma comunque siamo riusciti ad arrivare, cercando la divulgazione in tutti i modi. I mezzi di comunicazione sono diventati il pane quotidiano di tutti.
Sono aumentate in quel periodo le richieste di interviste?
Assolutamente. Sono cresciute le richieste di interviste, di recensioni. E sfruttando il podcast o la condivisione del live è girato anche di più il nome delle band, dei cantanti che abbiamo raccontato attraverso a Bootleg. E' stato comunque un momento che ci ha arricchito.
Da quello che hai potuto carpire dagli interventi degli artisti, la pandemia è stata un bene o un male per il cantautorato romano?
Devo dire che in tanti hanno preso questo tempo come un'occasione per lavorare su loro stessi, recuperare tempo per lavorare su vecchi pezzi, riaprire le nuove tracce. La maggior parte dei ragazzi che ho intervistato mi hanno detto che hanno preso questo tempo come un laboratorio. La musica non si è fermata.
E che ruolo ha avuto, secondo te, la musica dall'avvento del Covid?
Credo che tutti abbiamo preso consapevolezza di quanto la musica ci serva, di quanto faccia parte della nostra vita in maniera preponderante. E' stata un grande aiuto. La radio ha fatto un'opera sociale. Si è ritrovato il vero spirito della radio e cioè fare compagnia alle persone. La radio è stata terapeutica.
Ora però siete tornati in studio, con interviste in presenza. Come avete riorganizzato la trasmissione?
Come struttura ci siamo attrezzati per fare i tamponi internamente e diamo l'opportunità di fare il sierologico agli ospiti che ci vengono a trovare. Hanno un percorso pulito per arrivare nello studio e in questo modo si riesce a fare la puntata live in sicurezza. Averli in presenza è sicuramente tutta un'altra cosa, resta il piacere della chiacchierata e questo ci permette di portare avanti casa la filosofia di Bootleg.
Chi sono gli ascoltatori di Bootleg?
Ci ascoltano i ragazzi giovanissimi, ma anche tante persone dai 35 ai 45. Noi cerchiamo di portare l'ambiente del locale in radio, l'inclusione propria della musica e questo piace anche ad una fetta di pubblico più adulta. La gente che andava a L'Asino che vola, all'Angelo Mai, ad esempio, ritrova a Bootleg quell'atmosfera lì e per questo gli piace.
Roma quando conta per Bootleg, c'è un legame con la Capitale?
C'è un legame fortissimo con il territorio, nella mia trasmissione in particolare. Lo testavo in primis quando avevo la possibilità di andare nei locali. E' cresciuto nel tempo l'interesse da parte degli addetti ai lavori, dei gestori dei locali romani. Roma è fondamentale, è nel cuore della trasmissione.