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Martedì, 16 Aprile 2024
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La Befana a Roma tra leggende e tradizioni

Tutto su questa tradizione ancora oggi molto radicata nella Capitale

"La Befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte, col vestito alla romana, viva viva la Befana", recita così la filastrocca che tutti, grandi e bambini, conoscono e che amano recitare in attesa della vecchietta che ogni 6 gennaio riempie le calze di dolci e carbone. 

Una tradizione le cui origini risalgono a tempi immemorabili. Tante le storie, le leggende che ruotano attorno alla figura della befana, diverse in tutta Italia. Una cosa è certa: nella Capitale la Befana ha una tradizione molto radicata.

L'Epifania a Roma

L’Epifania è infatti una festività particolarmente sentita a Roma che attraverso i secoli ha sempre avuto una forte risonanza come importante momento di condivisione popolare. Storicamente il periodo della sua grande diffusione è da stimare intorno al 1800. In questo secolo, come ci testimoniano gli scrittori dell’epoca, grandi e piccoli romani si recavano a Piazza Sant’Eustachio, dove festeggiavano la Befana in maniera molto chiassosa, tra botteghe aperte piene di doni, giochi, dolci e pupazzi di befane grottesche.

Dopo l’Unità d’Italia i festeggiamenti si spostarono a Piazza Navona, storica sede di un celebre mercato rionale. Qui venne realizzata una grande illuminazione che coinvolgeva tutta la fontana del Bernini, la quale diventò il cuore scenografico della grande festa attorniata da bancarelle ricche di piccoli doni, presepi, oggetti natalizi e gustose preparazioni alimentari.

Nonostante i secoli trascorsi, tutt’oggi la Befana a Roma ha ancora una grande importanza, paragonabile quasi al Natale. Proprio a Piazza Navona, ogni anno, si raccolgono ancora migliaia di cittadini e turisti desiderosi di assaporare l’atmosfera gioiosa dell’Epifania Romana e incontrare la vecchia strega, quella tanto amata ‘Befana che vien di notte, con le scarpe tutte rotte’.

E così, nella meravigliosa cornice della piazza in cui il Bernini e il Borromini si sfidarono a colpi di opere d’arte, si torna per un attimo ai tempi antichi, alle tradizioni paesane, a quella dimensione popolare che abbraccia musiche, giostre, luci colorate e bancarelle preparate per l’occasione, che strabordano di dolciumi, balocchi, addobbi natalizi, befane, figurine da presepio, zucchero filato, ciambelle calde e scopine scacciaguai.

‘Er Pupo’ dell’Ara Coeli

Una leggenda lega la festa dell’Epifania romana alla basilica e al Bambinello del presepe dell’Ara Coeli, sul colle del Campidoglio, una delle chiese più antiche di Roma. Si racconta infatti che il bambinello in legno di questo presepe, di circa 60 cm di grandezza, fosse stato scolpito da un francescano con il legno di un ulivo dell'Orto del Getsemani, in Terrasanta, alla fine del Quattrocento.

Era venerato per guarigioni miracolose di malati gravi ed era tenuto avvolto in un tessuto dorato, stretto come le 'fasce' che avvolgevano i neonati, ricoperto di ex voto e doni preziosi per le grazie concesse. Si dice che le sue labbra divenivano rosse al sopraggiungere di una grazia e pallide quando non c'era più speranza. Nel 1994 fu rubato e mai più ritrovato, per questo da allora è esposta una sua copia.

Il Santo Bambino gode comunque ancora di un particolare culto da parte dei romani e la familiarità con questa immagine è tale che per secoli il popolo ha continuato a chiamarla semplicemente "Er Pupo".

A lui sono legate molte tradizioni che, per la maggior parte, si svolgevano il giorno dell' Epifania e coincidevano dunque con la festa che aveva come protagonista indscussa la Befana: nell' Ottocento, il 6 gennaio, la statuetta era portata in processione per tutta la città e "benediceva" simbolicamente Roma fino a giungere all' Ara Coeli. 

Chi è la Befana nella tradizione romana?

Ma chi è la Befana e come mai la sua festa è così radicata nelle tradizioni del popolo romano? Personaggio mitico e personificazione della festività dell’Epifania, questa creatura ha origini molto lontane, che affondano le loro radici nel paganesimo della Roma Antica e fanno di questa figura un’incredibile sintesi di tradizioni culturali e religiose differenti.

Volendo ripercorre le sue tracce attraverso il tempo, è senz’altro interessante ricordare prima di tutto l’origine del suo nome: il termine ‘Befana’ è legato ad una volgarizzazione che si è prodotta attraverso i secoli del termine greco ‘Epifania’, che letteralmente significa ‘Manifestazione’, poi divenuta nel tempo ‘Bifanìa’ e ‘Befanìa’.

Le origini di questa festività vanno probabilmente ricercate in riti propiziatori della fertilità antecedenti all’età cristiana, in quel mondo pagano in cui quelle che sono per noi le feste natalizie, erano feste connesse al solstizio d’inverno, momento sacro legato al rinnovamento, ad un nuovo inizio. Dopo quella data infatti le giornate tornavano ad allungarsi, la luce trionfava sulle tenebre e il Sole risorgeva, portando germogli di nuova vita alla futura primavera.

Nella Roma Antica era la dea Diana che si 'manifestava': divinità non solo della caccia, ma anche dei cicli lunari e delle coltivazioni, il suo culto era molto popolare. La tradizione voleva che dodici notti dopo la celebrazione del Sol Invictus (25 dicembre) la dea Diana volasse insieme alle sue ninfe sopra i campi, benedicendo il raccolto.

L’avvento del cristianesimo non riuscì a soffocare queste celebrazioni, molto radicate soprattutto nelle realtà di campagna. Così la Chiesa cristiana, pur condannando a partire dal IV secolo tutti i riti e le credenze pagane come frutto di influenze demoniache, dovette progressivamente assimilarle.

L’immagine della divinità venne però trasmutata in quella di una strega, benché benevola.
Da questo derivano le fattezze grottesche della vecchia e il suo abbigliamento, mentre la scopa è probabilmente un simbolo apotropaico, che scaccia il male, o comunque da ricondurre al concetto di purificazione, nella fattispecie, della pulizia spirituale.

La figura dell’anziana e inquietante signora, oltre a portare con sé il retaggio della condanna cristiana ai culti pagani, è legata anche al concetto di rinnovamento: con l’anno entrante si getta dietro di sé il vecchio, si accolgono i nuovi frutti della terra e si abbraccia quanto di nuovo è in arrivo.

La figura della ‘vecchia’ diventa dunque una specie di capro espiatorio per esorcizzare tutto il male e per propiziarsi l’abbondanza e la fertilità dei campi.

Di fatti ancora oggi, in molte tradizioni regionali italiane, si usa realizzare dei grandi fantocci raffiguranti la Befana per poi bruciarli in piazza: una catarsi collettiva purificatrice dal forte sapore pagano, che scaccia i guai e le cose malvagie.

Ciò che resta dell’incendio sono carbone e cenere, simboli rituale dei falò ed emblemi del rinnovamento stagionale, i quali venivano donati assieme ai tradizionali dolci.
A questo simbolo il Cristianesimo in seguito assegnò una connotazione negativa: il carbone diventò l’amara ricompensa dei bambini che avevano avuto una cattiva condotta.

La Befana e la Leggenda Cristiana

Su questo sostrato pagano, si inserisce successivamente la leggenda cristiana che spiega le origini della Befana legandole alla tradizione dell’Epifania di Gesù. La Chiesa cristiana infatti celebra il 6 gennaio la ‘Manifestazione’ di Gesù Cristo al mondo, attraverso il simbolico episodio della visita dei Re Magi.

La leggenda racconta come, nel seguire la Stella Cometa verso la grotta di Betlemme, i Re Magi si fermarono a chiedere indicazioni presso un’anziana signora. La vecchietta indicò loro la strada e i tre ricchi signori le chiesero di unirsi a loro per andare a rendere omaggio a Gesù bambino. La signora declinò l’invito perché troppo indaffarata nelle sue faccende, ma ben presto si pentì: uscì in strada portando con sé un carico di dolci, regalandoli a tutti i bambini nella speranza che uno di essi fosse proprio Gesù.

Ancora oggi la vecchia signora si dice che vaghi per la terra, offrendo leccornie ai più piccoli: loro in cambio, la notte della sua venuta, appendono vecchie calze e scarpe come segno di ringraziamento. La Befana potrebbe averne bisogno nel caso in cui, nel corso della lunga peregrinazione, le sue calzature si dovessero consumare o rompere.

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