Concerto Vespro della Beata Vergine Maria di Claudio Monteverdi
Sabato 24 e domenica 25 novembre si terranno i concerti di chiusura della VI edizione del Early Music Festival 2018.
Il Maestro Paolo Capirci dirigerà l’Ensemble vocale e strumentale dei Conservatori di Latina, Roma, Frosinone, L’Aquila e Pescara nel “Vespro della Beata Vergine Maria” di Claudio Monteverdi (1610), nella Chiesa di San Giorgio al Velabro di Roma (Via del Velabro 19), alle ore 20:30.
L’Early Music Festival 2018 è organizzato dal Dipartimento di Musica Antica del Conservatorio “Ottorino Respighi” di Latina, e si è articolato in sette concerti ad ingresso libero, tenuti dal 28 settembre al 25 novembre. Sedi degli eventi sono state Sermoneta (del quale beneficia del patrocinio dal 2014), Latina e Roma. La dislocazione degli eventi nelle tre sedi ha avuto come obiettivo primario quello di valorizzare il legame tra il progetto culturale del conservatorio «O. Respighi» e il territorio con le sue sedi storiche, e promuovere il patrimonio artistico e paesaggistico.
Biografia dell’Ensemble vocale e strumentale
Per eseguire il “Vespro della Beata Vergine Maria” si sono riuniti gli allievi di cinque Conservatori del centro Italia: Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, Conservatorio “Ottorino Respighi” di Latina, Conservatorio di Musica “Licinio Refice” di Frosinone, Conservatorio del L’Aquila “Alfredo Casella” e Conservatorio “Luisa D’Annunzio” di Pescara. Gli allievi, affiancati da docenti e musicisti di fama internazionale, saranno diretti dal Maestro Paolo Capirci.
Note all’esecuzione di Paolo Capirci
Ho costruito l’interpretazione di questa opera su alcuni punti fondamentali, tra cui la ricerca dell’alternanza tra sezioni solistiche e corali, alternanza non sempre esplicitata nella partitura originale. Il dualismo soli/tutti rappresenta il concetto architettonico del pieno e vuoto come una delle fonti di “contrasto” di cui è piena l’arte barocca. Il contrasto rappresentato dalle luci e ombre nella pittura del Caravaggio, si esplicita in musica tra piano e forte (sul piano della dinamica), consonanza e dissonanza (sul piano armonico), e - appunto - soli e tutti (sul piano delle volumetrie sonore).
Altro tratto significativo è la cura dei dettagli dell’uso strumentale. Anche se Monteverdi ha indicato questo Vespro come assolutamente “da concerto”, solo alcuni brani del Vespro hanno una compagine strumentale molto ampia e ricca. L’intervento sul piano della concertazione è stato curato dunque con particolare attenzione. Il salmo Lauda Jerusalem verrà eseguito in tono, per evidenziare il suo carattere di estrema tensione musicale, mentre il Magnificat verrà eseguito una quarta sotto, per privilegiare la solennità di alcuni tratti e le sezioni più marcatamente dolci e intense. Questa scelta è coerente alla prassi delle trasposizioni dei toni salmodici scelti dall’autore. L’impianto interpretativo dato dal M° concertatore e direttore dell’Ensemble non ha come obbiettivo primario l’aderenza acritica ai dati di natura più spiccatamente musicologica (elementi che in ogni caso rimangono attuati all’interno di confini ragionevolmente accettabili), quanto piuttosto la celebrazione della Musica, come sublime arte del commuovere, che questa esecuzione vuole rappresentare.
Dalle note musicologiche di Michele Chiaramida
Un’opera complessa come il Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi costituisce un terreno estremamente favorevole per tentarne una lettura che sia autenticamente ‘storica’, dove i significati del testo si realizzano e si attuano in relazione a un contesto che deve evidentemente essere ricostruito con i metodi della ricerca. È stata fatta una scelta di metodo come se si dovesse realmente celebrare un Vespro per una solennità mariana utilizzando il repertorio contenuto nella stampa del 1610. Operazione che potrebbe non discostarsi di molto dall’uso originario di questo materiale. Gli scenari auditivi che si spalancano sono inusitati per le nostre abitudini di ascolto, ma probabilmente si avvicinano a quella fitta rete di significati e rimandi contestuali che dovevano instaurarsi nella mente musicale di un uditore tipico dell’epoca. Un comune codice comunicativo che coinvolgeva esecutori, chierici e uditori i quali, tutt’altro che estranei alla celebrazione, partecipavano all’azione liturgica tramite un ascolto ‘attivo’ perché in grado di ricostruire interiormente i significati veicolati dalla rete dei codici — codici visivi, olfattivi e acustici. Un tipo di atteggiamento compositivo che rivela la persistenza secolare di alcuni “termini sonori” nella mente musicale del tempo, una sorta di meccanismo inconscio basato sul principio attesa/risposta, che conferisce un senso condiviso agli oggetti musicali prodotti. Sulla base di questi principi metodologici si è voluto dare particolare rilievo alla centralità del canto fermo quale elemento unificante e risolutivo degli enigmi dell’opera, codice supremo madre, presente e persistente lungo l’asse della celebrazione liturgica, altrimenti evocato tramite tecniche compositive.
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