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Radiohead a Capannelle: concerto per smartphone

Il concerto della band di Oxford di sabato sera è stato il tripudio della condivisione e dello User Generated Content. Anche della musica?

All'ingresso dell'Ippodromo delle Capannelle, un viavai enorme di gente: spettatori, qualche fortunato in cerca di un biglietto (all'ultimo minuto l'organizzazione ne ha messi a disposizione altri) e bagarini disperati perché non sono riusciti a vendere quelli che hanno, tanto che sono stati costretti ad abbassare il prezzo per non andare in perdita. Tutt'attorno, un fiorire di file per i bagni chimici e piccoli cassonetti pieni di bottiglie: i Radiohead sono testimonial di Greenpeace e questa immagine è sembrata abbastanza paradossale.

Poco dopo le 21:30, finito il concerto dei bravi Caribou (una performance di dance psichedelica godibilissima), sono arrivati i Radiohead: il palco è stato una specie di happening di luci e schermi ad altissima risoluzione - alcuni di essi pendevano sulle teste della band da alcuni cavi e si muovevano, comandati a distanza, cambiando posizione, creando un classico esempio di "evento nell'evento". La band di Oxford si è presentata con la line up classica degli ultimi tempi: cinque più un percussionista.

Oltre alle immagini dal palco, anche le immagini fatte dal pubblico: ogni volta che la band partiva con un pezzo - soprattutto quelli storici - sembrava di essere ad una manifestazione di User Generated Content (la pratica sdoganata da internet di far circolare sulla Rete contenuti creati dagli utenti: un esempio ne sono i video su youtube). Migliaia di macchine fotografiche e smartphone alzati da braccia che impedivano a chi stava dietro di godere della visuale del palco. Questo concerto dei Radiohead a Roma potrebbe essere ricordato come un trionfo della tecnologia. Da un lato, il palco; dall'altro, una massa oceanica di luci puntiformi di iPhone e simili. Ma è il giorno dopo questo concerto che si è avuto il riscontro più grande: i social network pullulavano già di video di tutte le canzoni. In meno di ventiquattro ore.

In mezzo al pubblico, sembrava che il semplice esserci a un concerto fosse stato sostituito da una celebrazione collettiva dell'esserci e te lo dimostro con un video, come se la condivisione di questo momento non potesse più avvenire dal vivo, ma dove il termine "condivisione" è principe: i social network. E il video serviva a dimostrarlo, a dare una prova dell'io c'ero.  

Per i Radiohead è sembrata una duplice vittoria: la band che più di tutte ha usato la tecnologia digitale nella promozione musicale ha avuto di fronte a sé un pubblico che sembrava altrettanto alfabetizzato digitalmente, quasi grintoso nel volerlo dimostrare; e in più, quella tecnologia sembrava disgregare un momento collettivo come un concerto per trasformarlo in una specie di "meeting di cuori solitari", proprio quel genere di categoria per cui la musica della band sembra essere la colonna sonora.

La scaletta del concerto, poi, è sembrata proprio costruita come una invocazione dei tempi moderni: gli ultimi due dischi sono stati saccheggiati quasi per intero, mentre non c'erano brani da "Pablo honey", i dischi da "The Bends" ad "Hail to The Thief" sono stati omaggiati con dieci pezzi in tutto, per la maggior parte dei casi, non quelli più richiesti. Sono stati suonati per lo più gli ultimi due dischi, con perizia, grinta e voglia di divertirsi. E di stare, sempre e comunque, al passo coi tempi. E con la tecnologia.

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