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Cinema

"Sexocracy": Mora, la politica e il corpo delle donne

Anteprima all'UCI di Parco Leonardo del docufilm che che indaga i legami tra politica, show business e donne. Lele Mora è uno dei protagonisti

Lele Mora sta per tornare, almeno al cinema.

Detenuto nel carcere di Opera, l'ex agente più potente d'Italia è il protagonista principale di "Sexocracy", il docufilm prodotto Luca Redavid e diretto da Ruben Maria Soriquez ("Un regista dichiaratamente di sinistra", spiega Redavid) che sarà presentato in anteprima sabato 11 maggio a Roma (cinema Uci Roma Fiumicino - Parco Leonardo) e Milano (cinema Uci Milano Bicocca).

Mentre l'eco degli scandali del bunga bunga non si è ancora estinto e sui giornali continuano ad uscire intercettazioni e racconti delle serate di Arcore, Redavid ha scritto e prodotto un docufilm  per svelare i restroscena dei legami tra politica, spettacolo e donne.

"In 'Sexocracy', Lele Mora, intervistato prima di essere arrestato, si racconta come non mai. Non sarà solo uno dei personaggi ma fungerà da vero punto di racconto per le vicende raccontate. Però non sarà un film pro o contro Lele Mora", ci dice Redavid, che paragona l'agente a Luciano Moggi.

L'ispirazione nasce da due documentari (anzi tre) usciti entrambi nel 2009: "Videocracy" di Erik Gandini e "Il Corpo delle Donne" di Lorella Zanardo. A questi si aggiunge il "contro-documentario" firmato Striscia la Notizia con cui Antonio Ricci risponde alle accuse della Zanardo puntando il dito sulla mercificazione della donna nelle testate del gruppo l'Espresso.

"Se avessi potuto, mi sarebbe piaciuto chiamare il film 'Videocracy 2' o 'Il corpo delle donne 3' - dice Redavid - perché si tratta di una sorta di completamento". Rispetto alla pellicola di Gandini, "Sexocracy" alza lo sguardo dalle vicende italiane e va a raccontare anche eventi simili accaduti in altri paesi, che hanno coinvolto capi di stato esteri.

 Motivo per cui il film è stato richiesto in molti festival stranieri: ad agosto sarà presentato a Times Square per il New York Film Festival.

"A differenza di altri film, ad esempio i documentari di Michael Moore contro Bush, il nostro porta a riflessioni e dibattiti. Abbiamo fatto esperimenti, facendolo vedere a un pubblico di destra e di sinistra, che è rimasto coinvolto nel film e nelle tematiche -  conclude Redavid - Il nostro è un prodotto di cultura per un pubblico trasversale".

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