Case d’artista a Roma: Museo Pietro Canonica
Dopo quelle di Goethe e dello scultore Hendrik Christian Andersen, è la volta della visita alla casa-museo Pietro Canonica a Villa Borghese, detta anche La Fortezzuola. Chi è stato Pietro Canonica? Senza dubbio uno dei maggiori rappresentanti dell’estetica post unitaria. Figlio di un Piemonte che aveva mosso verso Roma per contribuire a trasformare (per molti, “a sfigurare”) il volto dell’Urbe.
La casa-atelier di Canonica è un singolare edificio che deve il nome de La Fortezzuola alla sua particolare foggia, Cittadella di ispirazione medievale, risultato della trasformazione architettonica operata sul finire del secolo diciottesimo, attribuita a Antonio Asprucci. Antico Gallinaro seicentesco, già citato nella guida di Jacopo Manilli (1650), la Fortezzuola è adibita nell’Ottocento a sede di uffici amministrativi e, dopo l’acquisizione della Villa da parte del Comune e la sua conseguente apertura al pubblico all’inizio del Novecento, ospita ancora uffici, e rimesse. Fino al 1919, quando viene abbandonata a seguito dei danneggiamenti subiti a causa di un incendio.
Nel 1927 l’edificio è concesso in uso allo scultore Pietro Canonica (Moncalieri 1869 - Roma 1959), il quale, sistemandolo e decorandolo a proprie spese, si impegna a donare alla città le sue opere, primo nucleo dell’attuale museo. Aiutante a soli dieci anni di Luca Gerosa, a undici iscritto all’Accademia Albertina di Torino, allievo di Enrico Gamba e di Odoardo Tabacchi, lo scultore intraprende precocemente un’attività artistica che sarà lunga e prestigiosa; presente a importanti esposizioni nazionali e internazionali, a Torino, Milano, Parigi, Venezia, Londra, Berlino, Monaco, Dresda, Roma, Bruxelles, Pietroburgo, riceve riconoscimenti ufficiali e si afferma negli ambienti dell’alta aristocrazia italiana e straniera. Abile modellatore della materia, lavora con passione a monumentali opere celebrative, come a ritratti di piccole dimensioni; sensibile musicista, compone Miranda, La Sposa di Corinto, Enrico di Mirval, Medea, Impressioni, Sacra Terra.
Il Museo Canonica conserva studi, bozzetti, modelli, originali e repliche; il percorso espositivo, organizzato in sette sale al piano terreno, offre una completa immagine dell’evoluzione creativa dell’artista e una esaustiva informazione sulle tecniche della scultura.
Al piano terreno è anche lo studio, con il Bozzetto del Monumento a Giovanni Paisiello, utilizzato per l’ultima opera, realizzata a Taranto poco prima della sua morte. Al primo piano è visitabile l’appartamento, aperto al pubblico dal 1988, dopo la morte della moglie Maria Assunta Riggio; arredi di pregio, oggetti d’arte, un’interessante raccolta di dipinti, soprattutto dell’ottocento piemontese, in particolare Enrico Gamba, Giovan Battista Quadrone, Antonio Fontanesi, Vittorio Cavalleri, avvicinano al mondo privato di Pietro Canonica.
Un artista estremamente sensibile alla crudeltà della guerra, lo scultore piemontese. Non solo: l’episodio che sancì agli occhi di Canonica l’irrimediabile rovina provocata dalla Grande Guerra fu la distruzione, da parte dei rivoluzionari bolscevichi, della sua statua di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie.
È della fine del 2017 “Realismo e Poesia. Lo sguardo di Pietro Canonica sulla Prima Guerra Mondiale”, la mostra che sottolineasse la capacità dell’artista di provare dolore e partecipazione emotiva con chi quella «inutile strage» l’aveva combattuta. Circa 30 opere esposte, tra bozzetti e modelli in gesso di varie dimensioni, testimonianza dei monumenti all’Artiglieria di Torino, ai caduti di Benevagienna, all’Alpino di Courmayeur, all’Arco della Vittoria di Bolzano, solo per citarne alcuni. Mentre nel piazzale antistante il museo erano stati collocati i monumenti all’Alpino e all’Umile Eroe. Due ritratti in bronzo, un tondo a bassorilievo di Canonica e un altro piccolo bassorilievo di Enrico Malvani, generale di Cavalleria nella prima guerra mondiale, scultore e stretto collaboratore di Pietro Canonica, esperto nella modellazione dei cavalli, di cui era un profondo conoscitore. Si espose anche il ricco materiale fotografico d’archivio relativo alle opere e ai modelli conservati nel museo, ma anche foto inviate da molti comuni a testimonianza dei monumenti presenti in tutta Italia. Una sezione della mostra era infine, era dedicata ai muli, “umili eroi” dei conflitti mondiali, costituita da un’esposizione fotografica dal titolo “Muli e conducenti! Tutti presenti! 1872-1991: il legame tra muli e alpini attraverso 120 anni di storia”. L’intento era stato quello di arricchire il percorso espositivo con materiale che documentasse oltre al sacrificio degli uomini anche quello degli animali, silenziose vittime innocenti della Grande Guerra. La cruda realtà della guerra, con il suo carico di sangue e di dolore, la fatica delle marce nei ripidi sentieri alpini innevati, sono rappresentati da Canonica con uno sguardo più poetico che retorico, nonostante la forte valenza celebrativa che i monumenti ai caduti dovevano comunque avere. Accanto al Cavaliere che avanza impavido con sguardo terribile e consapevole, un misto di coraggio e di orrore, marciano gli ‘umili eroi’, gli alpini con i loro fedeli muli, carichi di armi e provviste, protagonisti in prima linea al fronte. Ai soldati caduti, rappresentati nello scomposto abbandono della morte, Canonica proietta come sfondo il faro di Trieste, città simbolo dell’irredentismo anti austriaco, con il sole nascente, promessa di un nuovo domani.
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