Roma è sede della maggiore comunità ebraica d'Italia con circa quindicimila persone. Ma l'antico ghetto non c'è più, anche se i romani continuano a chiamare ghetto la zona in cui esso si estendeva. Le mura che lo cingevano furono abbattute nel 1848, anche se questo purtroppo non volle dire vera libertà per la comunità ebraica romana. Gli ebrei sono presenti nell'Urbe dal II secolo a.C.
A Roma, come altrove, gli ebrei avevano vissuto sempre in una comunità riunita in ambito ristretto: nell'antichità risiedevano a Trastevere e, successivamente, nel XIII e XIV secolo si erano raccolti al Rione Sant'Angelo, presso l'Isola Tiberina, ricca allora di attività mercantili.
Il 12 luglio del 1555 il papa Paolo IV Carafa, con la bolla Cum nimis absurdum, revocò tutti i diritti concessi agli ebrei romani ed ordinò l'istituzione del ghetto, chiamato anche "serraglio degli ebrei": identificò a questo scopo una regione sempre nel rione Sant'Angelo, accanto al Teatro Marcello. Nella bolla papale oltre a specificare che gli ebrei dovevano risiedere nel ghetto e che nel ghetto non ci potesse essere più di una sinagoga, veniva anche deciso che essi dovessero portare un distintivo di "colore glauco" che li rendesse facilmente riconoscibili.
Per gli uomini questo segno di riconoscimento fu un cappello giallo, per le donne una pezza di stoffa da portare sopra gli abiti.
Molte delle restrizioni fissate dalla bolla di Paolo IV saranno poi riprese dalle leggi razziali emanate in Italia durante il Governo Fascista nel 1938.
Altre furono le limitazioni imposte agli ebrei con questa bolla, quali ad esempio il fatto che non potessero esercitare alcun tipo di commercio ad eccezione di quello degli stracci e dei vestiti usati, fatto che ancora oggi sopravvive nella consuetudine che uno dei lavori più frequenti degli ebrei è quello di vendere abbigliamento e complementi.
Veniva inoltre stabilito che gli ebrei non potessero possedere beni immobili (ovvero essere proprietari di abitazioni). Essi potevano poi scambiare denaro e maneggiare l'oro.
Proprio per l'impossibilità di possedere beni immobili gradualmente il ghetto assunse sempre più un aspetto degradato.
Inoltre l'obbligo a risiedere dentro il quartiere che fino al 1848 possedeva delle vere e proprie mura con porte che venivano aperte al mattino e richiuse la sera, fece si che gli edifici nel tempo divenissero sempre più alti, collegati tra loro da ponti che facilitavano la fuga in occasione delle "incursioni" dei gentili, come ad esempio quelle che avvenivano durante il Carnevale romano.
Il ghetto aveva quindi per lati maggiori il Tevere e il Portico d'Ottavia, mentre uno dei lati minori attraversava la piazza Giudea e l'altro raggiungeva dal fiume la Chiesa di Sant'Angelo in Pescheria.
Vista la vicinanza con il Tevere e la collocazione in un'ansa del fiume spesso soggetta ad esondazione, soprattutto gli edifici che guardavano verso l'alveo, in un momento in cui i Muraglioni non erano stati ancora costruiti, portavano i segni delle inondazioni che nel tempo si erano succedute.
Dall'emissione della bolla papale l'atteggiamento dei papi fu altalenante; alcuni papi cercarono di alleviare le condizioni di vita degli ebrei romani, altri papi inasprirono l'atteggiamento nei confronti della comunità.
Sito V, Felice Peretti, fu ad esempio un papa che cercò di alleviare la pressione sulla comunità ebraica permettendo anche un ampliamento del ghetto, che arrivò ad occupare una superficie di tre ettari.
Un simile atteggiamento di maggiore disponibilità fu assunto anche da Paolo V Borghese (prima metà del 1600), il quale per sancire in qualche maniera il rispetto che la chiesa di Roma avrebbe portato alla comunità ebraica fece collocare nella piazza delle Scole una fontana nella quale il motivo araldico del drago alato dei Borghese si univa al candelabro con i sette bracci.
Gregorio XIII papa alla fine del cinquecento ebbe un atteggiamento ambivalente: se da un lato cercò di alleviare la pressione sulla comunità ebraica dall'altro la vessò istituendo le "prediche coatte". Queste si svolgevano al sabato ed avevano l'obiettivo di essere un mezzo di conversione degli ebrei di Roma. Le prediche coatte si tennero su di un arco molto lungo, erano tenute in luoghi diversi tra i quali la chiesa di Sant'Angelo in Pescheria, la chiesa di San Gregorio al Ponte Quattro Capi e nel Tempietto del Carmelo.