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Economia

Superbonus, stop alla cessione del credito: nel Lazio a rischio 30.000 posti di lavoro

Da Cna Lazio la richiesta al governo di fare un passo indietro sul decreto legge che elimina la possibilità di applicare lo sconto in fattura o cedere i crediti

Lo stop alla cessione del credito stabilito dal governo suscita timori anche nelle aziende romane e del Lazio. Che lanciano un grido d'allarme in merito al decreto legge del 16 febbraio 2023, che elimina la possibilità di applicare lo sconto in fattura o cedere i crediti per gli interventi edilizi e quelli connessi all’efficientamento energetico, e blocca la possibilità di acquistare i crediti bloccati da parte degli enti locali.

Nel Lazio, denuncia la Cna, le imprese interessate da questo provvedimento sono circa 8.000, con oltre 30.000 lavoratori che rischiano il posto di lavoro e con una contrazione stimata dell’1% sul Pil regionale: "Si tratta di imprese dei settori costruzioni, impianti e serramenti che rischiano di essere spazzate via dal mercato da un provvedimento inopportuno e privo di ogni logica - denuncia il presidente di Cna Lazio, Erino Colombi - Uno scenario che si annuncia catastrofico per migliaia di imprese che saranno costretti a bloccare i lavori con il rischio di licenziare i lavoratori".

A Roma nel 2022 14mila cantieri avviati con il solo superbonus

Come analizzato anche da Dossier, a Roma nel 2022 erano quasi 14mila i cantieri avviati con il solo superbonus 110%, lavori progettati che hanno generato detrazioni per oltre 2,5 miliardi di euro. Nel Lazio, il 64,3% delle asseverazioni approvate per il superbonus ha portato alla realizzazione effettiva dei lavori, una percentuale di completamento tra le più basse d’Italia (seconda solo alla Campania con il 62,5%). Nel complesso gli interventi finanziati valgono il 10% di quelli autorizzati a livello nazionale. 

La decisione del governo di eliminare la cessione del credito aggrava ulteriormente una situazione già compicata proprio dai continui aggiustamenti delle normative in materia di cessione dei crediti maturati dalle imprese in fase di stipulazione dei contratti. Un provvedimento che per Colombi "è arrivato senza consultare le parti sociali e che non prevede neanche un periodo transitorio per ridurre gli impatti negativi sull’intera filiera delle costruzioni e su quella dell’indotto. Una filiera che negli ultimi tre anni ha fatto da traino alla ripresa dell’economia del nostro Paese piegata dall’emergenza Covid e che, se messa in crisi, non riuscirebbe a garantire le opportunità per evitare gli scenari foschi che molti economisti intravedono".

Stop alla cessione del credito: cosa ha stabilito il governo

Il decreto legge proposto dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro dell’economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti interviene per modificare la disciplina riguardante la cessione dei crediti d’imposta relativi a spese per gli interventi in materia di recupero patrimonio edilizio, efficienza energetica e “superbonus 110%”, misure antisismiche, facciate, impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica e barriere architettoniche.

L’oggetto dell’intervento non è il bonus in sé, che resta, bensì la cessione del relativo credito, che "ha potenzialità negative sull’incremento del debito pubblico", come scrivono dal consiglio dei ministri. Dall’entrata in vigore del decreto, con l’eccezione di specifiche deroghe per le operazioni già in corso, non sarà più possibile per i soggetti che effettuano queste spese optare per il cosiddetto “sconto in fattura” né per la cessione del credito d’imposta. Inoltre, non sarà più consentita la prima cessione dei crediti d’imposta relativi a specifiche categorie di spese. Resta invece inalterata la possibilità della detrazione degli importi corrispondenti.

"Auspichiamo in un passo indietro del governo - conclude Cna Lazio - siamo pronti a contrastare in qualunque sede legislativa il provvedimento adottato, nel segno dell’azione di rappresentanza che con orgoglio portiamo avanti a sostegno delle imprese".

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