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Pubblica Amministrazione

Smartworking, la rivoluzione non si compie: i dipendenti del Comune inchiodati in ufficio

Nonostante l’aumento dei contagi l’indirizzo del Governo è quello di far prevalere le prestazioni in presenza: tramontano la delibera Cinque Stelle sul lavoro agile sempre al 30% e la promessa di Gualtieri

Alla fine quella rivoluzione digitale della Pubblica Amministrazione che sembrava poter avere una spinta decisiva dalle condizioni emergenziali dovute alla pandemia non si è compiuta, così come l’approdo ad un modello di lavoro diverso e più moderno. Sullo smartworking negli uffici pubblici si torna indietro. 

Smartworking: nel pubblico si torna indietro

Già nel maggio scorso il decreto proroghe aveva riscritto le regole del lavoro agile nel pubblico cancellando la soglia minima del 50% in smart working indicata in piena emergenza: così dipendenti capitolini, delle partecipate e pure della Regione sono tornati in ufficio. Il lavoro in presenza è stato ripristinato come modalità ordinaria. Subito dietro gli sportelli il personale addetto ai servizi di diretto contatto con l’utenza, poi è toccato anche a chi svolge prestazioni compatibili con il lavoro agile. Solo i lavoratori fragili possono godere di prestazioni da remoto in misura superiore rispetto ai colleghi. 

I dipendenti del Comune in ufficio: stop allo smartworking

Gli uffici del Comune sono così tornati a riempirsi di dipendenti, anche di coloro che lavorano nelle retrovie. Un giorno da casa, massimo due per alcuni dei lavoratori di Roma Capitale; due giorni da remoto, almeno tre tassativi in presenza per parte di quelli della Regione Lazio. Già perchè le linee guida del Governo, pur prevedendo che lo svolgimento del lavoro agile è rimesso all’accordo individuale con il lavoratore, in cui vengono definiti durata, modalità e obiettivi della prestazione, prescrivono comunque ulteriori condizioni per lo smartworking  tra cui “l’adeguata rotazione del personale autorizzato alla prestazione di lavoro agile, assicurando comunque la prevalenza per ciascun lavoratore del lavoro in presenza”. Tutti in ufficio, nonostante l’aumento vertiginoso dei contagi da Covid-19 dovuto alla variante Omicron. 

Nalla Pubblica Amministrazione deve prevalere lavoro in presenza 

Dopo ampio dibattito l’indirizzo è stato confermato anche nell’ultima circolare sul tema firmata dai ministri per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, e del Lavoro, Andrea Orlando: “la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle amministrazioni pubbliche è quella svolta in presenza”, si legge nel documento.  E poi ancora “resta l’obbligo di assicurare il rispetto delle misure sanitarie di contenimento del rischio di contagio da Covid19”. 

Non sempre possibile in uffici affollati, stanze spesso piccole dove convivono più postazioni di lavoro: dipendenti pubblici gomito a gomito a rischio contagio. Lo sanno bene i sindacati che sull’applicazione dello smartworking parlano di chance sprecata. “Avevamo chiesto prudenza prima di tornare alla normalità prepandemia e purtroppo i fatti ci stanno dando ragione, la situazione contagi è critica ed è dunque importante implementare in maniera massiccia il lavoro agile. Purtoppo però - rileva Giancarlo Cenciarelli, segretario generale della Fp Cgil di Roma e Lazio - alcune amministrazioni hanno fatto davvero poco per adeguarsi ai tempi, per la digitalizzazione dei processi”. Il riferimento è soprattutto al Comune di Roma. Non sempre i dipendenti sono stati messi in condizione di lavorare anche da remoto, pesano digital divide e la scarsità di supporti tecnologici. “Serve una rivoluzione culturale e un approccio diverso, le dirigenze devono capire che lo smartworking non è riposo ma lavoro a tutti gli effetti. Sarà dunque necessario rivedere le percentuali sul lavoro agile, anche perchè è un modello che soprattutto in questo periodo non comprime i servizi ma li salva da stop e blocchi improvvisi, quelli ai quali assistiamo per casi di positività al virus e conseguenti quarantene”. Un tema sul quale il dibattito ferve. Gli aspetti connessi al lavoro agile - quali il diritto alla disconnessione, le fasce di contattabilità, il diritto alla formazione specifica, il diritto alla protezione dei dati personali, il regime dei permessi e delle assenze e ogni altro istituto del rapporto di lavoro e previsione contrattuale - sono stati anticipati per tutta la Pubblica amministrazione nelle “Linee guida in materia di lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche”. 

I sindacati: “Smartworking nel pubblico strutturale, non emergenziale”

“Lo smartworking deve diventare strutturale, non solo emergenziale” - sottolinea Cenciarelli. “Purtroppo da vent’anni a questa parte si è cercato di ridurre il ruolo del PA diminuendo investimento su personale e formazione, ora ci troviamo impreparati a gestire la situazione che era prevedibile”. “Da tempo chiedevamo una stretta maggiore sui vaccini e adesso in una situazione così complicata bisogna organizzarsi anche aumentando lo smart working dove possibile. In questi mesi - ha sottolineato anche il segretario della Cgil di Roma e del Lazio, Natale Di Cola, a Radio Cusano Campus - si è perso tempo prezioso per organizzarsi e dunque ancora non si è pronti per fare in modo che lo smart working possa essere realizzato nel modo migliore possibile. Le cose sono andate bene dove c’è un’amministrazione che ha fatto un processo di innovazione tecnologica e sono andate male dove questi sistemi sono obsoleti. Nel futuro il tema dello smart working andrà affrontato come un’opportunità che, se ben organizzata, oltre ad essere efficace per l’azienda può dare una mano anche al Paese”.

Il sindaco Gualtieri in campagna elettorale: “Smartworking al 20-30%”

“Lo Smart working è una modalità importante per migliorare la qualità della vita delle persone, quella del lavoro e la produttività. Va regolato. Non può prendere il posto del lavoro in presenza, soprattutto in alcuni settori. Ma crediamo che si debba assestare intorno ad una percentuale intorno al 20-30%” - aveva detto Roberto Gualtieri ai tempi della campagna elettorale presentando la “Roma in 15 minuti”, una delle parti più importanti del suo programma.

Così dai banchi dell’opposizione c’è chi chiede al Sindaco che fine abbia fatto questa prospettiva. “​​Con l’avvento della variante Omicron l’argomento è tornato in auge, ma non in Campidoglio. Qui, in quella che al momento sembra essere l’era del pensiero unico, quattro o cinque dipendenti possono tranquillamente rimanere insieme in una stanza, magari una stanza da due, senza che se ne parli e che nessuno lo rilevi” - ha scritto l’ex assessore al Personale di Roma Capitale, Antonio De Santis. Sua la delibera che fissava come obiettivo finale post emergenza il consolidamento dello smartworking per sempre e in pianta stabile per almeno il 30% dei dipendenti capitolini. Provvedimento che oggi giace nei cassetti di Palazzo Senatorio. 

La delibera del M5s sullo smartworking al Comune “per sempre al 30%”

“Si badi bene, siamo ben consapevoli delle limitazioni dovute alle disposizioni nazionali del Ministro Brunetta, ma vi sono comunque i margini per dotarsi di un’organizzazione del lavoro più flessibile in tutti i settori che si sono dimostrati compatibili con l’espletamento delle attività e l’erogazione dei servizi. Lo Smart Working è infatti semplicemente una modalità organizzativa di lavoro, non un cavallo di battaglia politico per chi ne sia a favore o contro. Basta avere le capacità amministrative per gestirlo nei modi e nelle misure dovute rendendolo - ha sottolineato De Santis - utile tanto ai lavoratori quanto alla collettività”. 
 

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