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Economia Prati / Piazza Cavour

Cinema chiusi, per i sindacati sciopero a oltranza

Gli undici cinema romani del circuito Mediaport chiusi ormai da giorni, i dipendenti chiedono il reintegro di collega licenziato. Una storia che è iniziata ad aprile e che non vede il suo epilogo

I cinema del circuito Mediaport sono chiusi e lo rimarranno, a quanto dicono i lavoratori, a lungo. Per i romani significa rimanere orfani di 11 imprtanti sale cinematografiche, 11 punti di riferimento per cinefili e appassionati. Sono l'Admiral, Ambassade, Atlantic, Broadway, Empire, Gregory, Reale, Roma, Royal, Sala Troisi: 10 cinema chiusi per il licenziamento di un dipendente.

ADRIANO - Per l'Adriano invece, il più importante del circuito, la situazione è diversa: l'azienda è riuscita a tenere aperte due sale sulle 31 del cinema, "in modo molto discutibile secondo noi  - afferma Mario Carucci, del CUB informazione - impiegando persone addette ad altro, arrivate da fuori". Mediaport è l'azienda che dopo il crack finaziario una società di Cecchi Gori ha rilevato nel 2009 gli 11 cinema, il cui acquisto però deve ancora essere perfezionato. Lo sarà, secondo gli accordi, entro dicembre 2011. Il Cub denuncia "la negativa gestione Ferrero che in questi due anni di gestione provvisoria ha inasprito i rapporti con tutto il personale".

IL LICENZIAMENTO - La storia che ha portato agli scioperi di questi giorni comincia nell'aprile scorso quando, dopo una settimana di sciopero che si concluse con il raggiungimento di un accordo, ad un dipendente arrivò una lettera di sospensione. La causa fu un comportamento ritenuto scorretto o aggressivo da parte sua  durante le "agitazioni". I colleghi, i lavoratori in sciopero, il sindacato lo negano, Mario Carucci del CUB lo ha sottolineato: "il presunto comportamento inurbano fu nei confronti di una collega, che quel giorno non avrebbe neanche dovuto lavorare, aveva il giorno libero"; il responsabile del sindacato parla di atteggiamenti "krumireschi" a cui - comunque - non reagì nessuno: "fummo pacifici, forse anche troppo educati". Il pugno contro il vetro (praticamente il gesto incriminato ndr) comunque, "non c'è mai stato": su questo sono tutti d'accordo i colleghi che si sono stretti intorno al licenziato.

IL LICENZIATO - Comunque sia, come pure sottolineato dall'azienda in un comunicato, tecnicamente non è stato quell'episodio la causa vera del licenziamento: il provvedimento di sospensione fu impugnato dall'interessato che quindi, durante i tre giorni di sospensione, si recò regolarmente a lavoro. L'azienda parla di "violazione dell'obbligo di astensione" e lo ha licenziato. Lui racconta un'altra storia: "Ho impugnato legittimamente il provvedimento e sono arrivato a lavoro, ho firmato, come tutti i giorni. Loro dicono che ho disatteso gli ordini dei superiori ma io ho il diritto di contestare quel provvedimento, vatti a leggere l'articolo 300/7 dello Statuto dei Lavoratori. Se io lo impugno, il provvedimento si sospende per 20 giorni e deve essere sottoposto all'Arbitrato, io sono stato licenziato prima". E' convinto di avere ragione, di avere la legge dalla sua parte, eppure ha dipinta in volto la paura, il terrore di non farcela, il terrore di non riuscire a portare avanti una causa di lavoro e contemporaneamente di portare avanti una famiglia, con una moglie casalinga in attesa di un figlio. "Perchè a vincerla la causa la vinco, ma tu lo sai quanto dura una causa di lavoro?" 

Il FUTURO - Il sindacato da parte sua si dice pronto ad continuare sulla strada dello sciopero a oltranza: "Il sindacato non può accettare che un lavoratore sia licenziato per motivi sindacali, - ha concluso Mario Carucci - questo sciopero è stata iniziativa spontanea dei lavoratori e delle lavoratrici, noi non possiamo fare altro che continuare fino al ritiro del provvedimento".

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