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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Terremoto, pecore in piazza Montecitorio per la protesta di allevatori e agricoltori

Centinaia tra agricoltori e allevatori della aree colpite dal sisma sono scesi in piazza. Coldiretti: "A rischio c'è un patrimonio di specialità conservate da generazioni nelle campagne diventate simbolo del Made in Italy in tutto il mondo"

Pascolano le pecore 'sopravvissute' in piazza Montecitorio per la protesta degli allevatori delle aree terremotate di Marche, Abruzzo, Umbria e Lazio. Una protesta che ha portato nella Capitale centinaia di agricoltori e allevatori della Coldiretti. Presenti anche i Sindaci dei Comuni colpiti riconoscibili dalle insegne delle diverse delegazioni mentre i cartelli degli agricoltori denunciano 'Ho perso gli animali non la dignità, 'Senza agricoltura Arquata muore' o 'Meno chiacchiere più stalle', 'A.A.A. Cercasi normalita''. ù

Un grande tavolo è stato apparecchiato con i prodotti locali salvati dalle macerie, dalle lenticchie di Castelluccio al ciauscolo, dal pecorino Amatriciano a quello di Farindola e molto altro, che rischiano ora di sparire per le difficoltà del mercato locale provocate dalla crisi del turismo e dallo spopolamento dovuto all'esodo forzato ma anche ai ritardi nella costruzione degli alloggi temporanei. E' tutto pronto anche per la proiezione del filmato-denuncia #stalletradite sui gravi ritardi della ricostruzione nelle aree rurali dove si sommano inefficienze, incompetenze e furberie. C'è anche il presidente nazionale della Coldiretti Roberto Moncalvo per incontrare il presidente del Senato Piero Grasso mentre la Presidente della camera Laura Boldrini ha dovuto annullare l'incontro dopo essere stata operata d'urgenza.

Coldiretti ha denunciato una "situazione insostenibile". Per l'associazione "rischia di saltare anche l'ultimo presidio del territorio ferito dal terremoto caratterizzato da una prevalente economia agricola con una significativa presenza di coltivazioni di pregio e allevamenti che è possibile salvare solo se la ricostruzione andrà di pari passo con la ripresa del lavoro, che in queste zone significa soprattutto cibo e turismo". 
Secondo dati diffusi nel dossier di Coldiretti #stalletradite, nelle aree rurali terremotate si contano danni diretti ed indiretti per 2,3 miliardi tra strade e infrastrutture, case rurali, stalle, fienili, magazzini ma anche stabilimenti di trasformazione, rivendite, macchine agricole, macchinari di lavorazione e animali morti e feriti ai quali vanno aggiunte le perdite per il crollo della produzione di latte e delle coltivazioni e per gli effetti negativi sul commercio per la fuga dei turisti e dei residenti. 

Sono 25mila le aziende agricole e le stalle nei 131 comuni terremotati di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo con 292mila ettari di terreni agricoli coltivati soprattutto a seminativi e prati e pascoli da imprese per la quasi totalità a gestione familiare (96,5%), secondo le elaborazioni Coldiretti sull'ultimo censimento Istat. Significativa la presenza di allevamenti con quasi 65 mila bovini, 40mila pecore e oltre 11mila maiali dalle quali si evidenzia anche un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialita' di pregio famose in tutto il mondo. 

Il crollo di stalle, fienili, caseifici e la strage di animali hanno limitato l'attività produttiva nelle campagne mentre lo spopolamento - sottolinea la Coldiretti - ha ridotte le opportunità di mercato. "Il terremoto ha colpito un territorio a prevalente economia agricola che occorre ora sostenere concretamente per non rassegnarsi all'abbandono e allo spopolamento" ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare l'esigenza che "la ricostruzione vada di pari passo con la ripresa dell'economia che in queste zone significa soprattutto cibo e turismo". 

"A rischio- sottolinea la Coldiretti- c'è un patrimonio di specialità conservate da generazioni nelle campagne diventate simbolo del Made in Italy in tutto il mondo, dal pecorino di Farindola al pecorino Amatriciano, dalla lenticchia di Castelluccio al pecorino dei Sibillini, dal Vitellone Bianco Igp alla patata rossa di Colfiorito Igp, dallo zafferano al tartufo, dal ciauscolo Igp al prosciutto di Norcia Igp, dalla mortadella di Campotosto al caciofiore aquilano fino alla ventricina teramana. I prodotti locali salvati dalle macerie rischiano ora di sparire per il crollo del 90% del mercato locale provocato dalla crisi del turismo e dallo spopolamento dovuto all'esodo forzato ma anche ai ritardi nella costruzione degli alloggi temporanei. L'abbandono forzato delle popolazioni, trasferite sulla costa, e la fuga dei turisti hanno fatto venir meno la clientela, mettendo in grave difficoltà le aziende che, oltre a non vendere, devono comunque mungere tutti i giorni con la necessità di trasformare il latte o cederlo a qualche caseificio".

Non solo i prodotti agricoli. Ad oggi quasi 9 animali "sfollati" su 10 (l'85%) non possono essere ospitati nelle stalle provvisorie annunciate e gli allevatori, sottolinea la Coldiretti, non sanno ancora dove ricoverare mucche, maiali e pecore sopravvissuti, costretti al freddo, con il rischio di ammalarsi e morire, o nelle strutture pericolanti, mentre si è ridotta del 30% la produzione di latte per lo stress provocato dal freddo e dalla paura delle scosse. 

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