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Economia Ciampino

Ciampino, Ryanair insiste: "Se chiude, noi via e con noi 3500 posti di lavoro"

Il presidente della compagnia irlandese attacca Enac e Regione Lazio: “Venga reso pubblico il rapporto ufficiale Adr”. Secondo Ryanair il rapporto “assolverebbe” i velivoli da problematiche di rumore e di inquinamento

Nuova puntata della polemica sulla possibile chiusura dell'aeroporto di Ciampino. A portare l'affondo stavolta è la compagnia irlandese Ryanair, il principale operatore dello scalo romano, nonché il principale oppositore del progetto della Regione Lazio di spostare su Viterbo i voli attualmente presenti su Ciampino.

Un attacco a 360 gradi quello dell'amministratore delegato di Ryanair Michael O'Leary che afferma con tono che sa quasi di minaccia: “se insistono a voler chiudere l'aeroporto di Ciampino, Ryanair abbandonerà Roma e il Lazio e questo costerà 3.500 posti di lavoro in meno”.

Sull'attuale limite a 100 voli giornaleri, Ryanair si è appellata al Tar del Lazio. Sull'ipotesi di spostamento a Viterbo O'Leary attacca la Regione Lazio e l'Enac chiedendo che "venga reso pubblico il rapporto ufficiale Adr", svolto nel 2008 che assolverebbe i velivoli da problematiche di rumore e di inquinamento, secondo Ryanair.

"Il livello di rumore nella fascia B è pari al normale traffico cittadino, coinvolge 100 abitazioni e Adr ha pronti i fondi per bonificare la zona", dice il numero uno della low cost irlandese. Invece, il rapporto intrapreso da Adr, "è stato bloccato dalla Regione Lazio perché offre risultati non graditi. E' il traffico stradale a causare rumore, non l'aeroporto di Ciampino".

O'Leary rincara la dose con la Regione Lazio, sostenendo che le recenti richieste di ridurre ulteriormente la capacità dell' aeroporto di Ciampino sono "illegali, non necessarie. Si tratta di una campagna politica studiata esclusivamente per rimuovere la concorrenza", contro la quale Ryanair è nuovamente ricorsa.

Sull'aeroporto a Viterbo O'Leary chiude ironico: “Tanto non lo costruiranno mai, si sa come vanno le cose in Italia, annunciano le opere ma poi non le fanno".
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