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Almaviva chiude Roma e Napoli, 2511 licenziamenti: 1666 nella Capitale

L'accordo del 31 maggio scorso non ha scongiurato la "riduzione del personale". Ieri l'azienda ha scritto a sindacati e ministero del Lavoro: "Ecco il nuovo piano di riorganizzazione"

L'accordo del 31 maggio scorso, raggiunto al termine di una lunga trattativa notturna con sindacati e Mise per scongiurare circa tremila licenziamenti (quasi mille solo a Roma), non è bastato. La Società Almaviva Contact ha comunicato ieri ai rappresentanti dei lavoratori e al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali "l'apertura di una procedura di riduzione del personale, all'interno di un nuovo piano di riorganizzazione aziendale". Una decisione, spiega l'azienda, dovuta al "drastico aggravamento del conto economico e dei risultati operativi".

Il nuovo piano di riorganizzazione, "orientato a contenimento dei costi, ottimizzazione del processo produttivo, efficientamento logistico e valorizzazione delle tecnologie proprietarie" spiega Almaviva in una nota, prevede la chiusura dei siti produttivi di Roma e di Napoli ed una riduzione di personale pari a 2511 persone riferite alle sedi di Roma (1666 persone) e Napoli (845 persone). Così come previsto per legge, nei prossimi settantacinque giorni, "la Società si confronterà con le Organizzazioni Sindacali per esaminare l'impatto sociale ed occupazionale della procedura". 

Almaviva ha individuato diverse cause. La prima punta il dito contro i sindacati: "L'intesa raggiunta con i Sindacati e le Istituzioni competenti (quella del 31 maggio, ndr), oltre alla stipula di un contratto di solidarietà di sei mesi, aveva definito azioni stringenti per consentire ad Almaviva Contact recupero di capacità competitiva e condizioni di necessario equilibrio industriale, accompagnate da annunciate misure di riforma strutturale del settore dei call center, nella comune convinzione che solo un effettivo cambio di quadro e di regole di mercato avrebbe permesso un percorso alternativo alla ristrutturazione". Almaviva denuncia però che i sindacati si sono rifiutati di "sottoscrivere lo specifico accordo sulla gestione di qualità e produttività individuale, impegno centrale e condiviso come vincolante in sede d'Intesa". 

Il secondo motivo guarda alla crisi del settore. "Viene confermato uno scenario di mercato in costante deterioramento" con un "incontrollato aumento delle attività delocalizzate in Paesi extra UE". Continua l'azienda: "Inoltre, si è certificato il perdurante andamento di gare ad evidenza pubblica bandite o aggiudicate a tariffe del tutto incompatibili con il costo del lavoro, dai casi più volte denunciati del servizio infoline del Comune di Milano e dello 060606 del Comune di Roma, fino alla recente gara per il servizio Recup della Regione Lazio con base d'asta sottostante i minimi contrattuali di qualsiasi contratto nazionale di lavoro". 

"In tali condizioni" continua Almaviva "i conti economici registrano un ulteriore peggioramento che impone l'obbligo di intervenire al fine di garantire l'equilibrio aziendale e di salvaguardare, nella misura possibile, la continuità occupazionale. Negli ultimi quattro anni con una forza lavoro praticamente invariata, l'Azienda ha infatti visto diminuire del 50% i propri ricavi, spesso a vantaggio di attività delocalizzate in aree extra UE, con un'aggiuntiva e rilevante accelerazione negli ultimi mesi". Almaviva parla di perdite medie mensili relative ai siti di Roma e Napoli da giugno a settembre "nonostante l'utilizzo di ammortizzatori sociali, sono pari a 1,2 milioni di euro su ricavi mensili pari a 2,3 milioni di euro. Il piano coinvolge il 5% del personale attualmente in forza al Gruppo a livello globale. 

Così il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti: "Esprimo forte preoccupazione e considero gravissima la decisione di Almaviva che ha annunciato la chiusura dei call center di Roma e ha aperto una procedura di licenziamento per 1.666 lavoratori. Insieme al Governo abbiamo manifestato la nostra disponibilità a trovare strade alternative che potessero salvaguardare i livelli occupazionali dell'azienda e abbiamo messo in campo misure che sono ancora oggetto di discussione ad un tavolo ministeriale. Reputo grave l'atteggiamento dell''azienda volto a utilizzare in modo strumentale i licenziamenti per ottenere vantaggi competitivi sul mercato dei call center". 

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