È un palazzo alto tre piani, ogni finestra ha le serrande abbassate e le saracinesche del piano terra sono chiuse, anche con pannelli di legno. Dovrebbe essere un albergo di lusso, di proprietà di un magnate malesiano, invece è uno scheletro di cemento, l’ennesimo simbolo dell’abbandono di una città che non sa leggere – o non vuole farlo – le potenzialità che annovera.
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